Sempre più spesso, ci sono persone che sviluppano una sorta di dipendenza da lavoro, detta workaholism, letteralmente “ubriacatura da lavoro”. Complice la perenne connessione in rete e la flessibilità di molte professioni che, ormai, si possono svolgere anche da remoto.
Il workaholism è ormai un fenomeno sociale che fa riferimento a un disturbo ossessivo compulsivo. Porta a sentirsi in colpa se ci si concede un periodo di vacanza. Colpisce i liberi professionisti e spesso nasce dalla passione per il proprio lavoro, e dalla volontà di ottenere alte prestazioni. Progressivamente le ore dedicate al lavoro si moltiplicano fino ad occupare anche le serate, i weekend, i giorni di festa. Spesso il tempo libero viene impiegato per approfondimenti legati alla professione, e se non si può lavorare, si accusano segnali di malessere come nei casi di astinenza di una qualsiasi dipendenza.
Riconoscere i primi segnali
I sintomi di un attaccamento eccessivo al lavoro possono comparire gradualmente e all’inizio essere sottovalutati. Includono una dedizione particolarmente intensa, volontà di spendere le proprie energie solo nelle prestazioni professionali, un’ossessione nella ricerca della perfezione e tempi lavorativi estremamente dilatati, con una penalizzazione della vita sociale.
Perché si sviluppa una dipendenza da lavoro?
La causa superficiale sembra essere l’incertezza economica del periodo attuale, che porta alla necessità di impegnarsi sempre di più per far fronte alle spese, ma il workaholism nasconde anche altro, come un senso di inadeguatezza e fragilità che la persona cerca di mascherare rifugiandosi nel lavoro, associato ad un concetto di positività e approvazione sociale.
Inoltre, il dispendio di energie intellettuali fa aumentare la produzione degli ormoni responsabili dell’euforia, la noradrenalina e la dopamina, e questo innesca un circolo vizioso che richiama un nuovo bisogno di dedicarsi compulsivamente al lavoro, in una vera e propria condizione di dipendenza.
Dipendenza da lavoro e da tecnologia: quale correlazione?
Essere perennemente connessi può fare riferimento a un altro disturbo ossessivo compulsivo, non necessariamente legato al lavoro, ma nel caso di workaholism gli strumenti tecnologici sono abusati, anche senza specifiche necessità, per comunicare nell’ambito del lavoro, e quindi vanno a rafforzare la dipendenza.
Le conseguenze
Se eccessivo o trascurato, il workaholism può portare affaticamento, ansia, mal di testa e irritabilità, depressione e problemi di digestione. Il “malato di lavoro” spesso non si alimenta correttamente, spesso abusa di caffeina o nicotina e non ha un sonno regolare.
La scoperta del workaholism come disturbo
Il termine viene coniato nel 1971 negli Usa a seguito dell’uscita del libro Confessions of workaholics: the facts about work addiction del medico Wayne Oates. Per la prima volta associa la dipendenza da lavoro all’alcolismo. Non a caso, proprio in America, è nata la più nota organizzazione per la terapia anti-workaholic, la Workaholics anonymous, promossa da un operatore finanziario e da un insegnante che hanno vissuto la dipendenza in prima persona.
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