Walter Vallesi. Consulente di marketing e comunicazione aziendale in pensione e Skipper vela d’altura per diversamente abili. Ideatore di progetti per la conoscenza e il rispetto del mare. Scrittore di racconti brevi, romanzi e sceneggiature teatrali. Al Concorso 50&Più nel 2017 vince la Farfalla d’oro per la poesia e nel 2018 la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Porto San Giorgio (Fm).
Gigantesche nuvole nere minacciavano di pioggia e Francesca, dalla panchina dov’era seduta, alzò lo sguardo. Le sembrò che sopra ci fosse un grosso uccello nero con le ali spiegate pronto a ghermirla. “Oppure sono io che sto invecchiando e soffro le insidie del tempo”. Pensò. “Da bambina avevo spesso queste fantasie. Ora sento solo freddo”.
Poco distante Gianni si stava avvicinando a passo lento senza risentire del freddo, nonostante avessero poca differenza d’età. Anche quest’anno ha voluto che si vedessero in quel posto, esattamente come cinquant’anni prima per il loro primo incontro. Come una ragazzina lei finse di non vederlo volgendo lo sguardo da un’altra parte. Lui con una mano tenne stretto il cappello e con l’altra le porse i fiori che Francesca prese fingendo di stupirsi.
Ogni anno si ripeteva la stessa storia. Quell’uomo che avanzava ogni volta di più con andatura incerta e che, per certi versi, non era mai invecchiato con i suoi modi di fare e la sua dolcezza. E lei, che era tutta la sua vita, lì ad attenderlo come una ragazzina. Al contatto del calore trasmesso dalla loro pelle attraverso carezze e forti abbracci, Francesca sentì un senso di pace entrare in lei, felice di esser tornata ancora una volta all’appuntamento presso la solita panchina. “Lo scorso anno Gianni le ha detto che il giorno che non ci sarà più lei dovrà continuare ad esserci perché di sicuro sentirà la sua presenza”.
Gianni sedette e si tolse il cappello, mettendo in mostra i suoi capelli ancora folti e bianchi che sembravano neve. I suoi occhi si erano fatti più piccoli, ma lei riuscì ancora a cogliere l’essenza dell’azzurro. Ricordò quando si incontrarono su quella panchina per la prima volta, di nascosto, rimanendo con i loro corpi uniti per lunghissime ore a divorarsi le labbra, ripetendo ti amo. Nei suoi sogni di ragazza era il desiderio proibito. In breve, diventarono schiavi l’uno dell’altra. Ogni cosa che vivevano insieme aveva un sapore diverso. Sapeva di giovinezza come i loro vent’anni. La prima volta che lo vide rimase abbagliata e la cosa che la colpì fu la sua voce. Dovette passare un mese prima che lui le rivolgesse la parola e lei si innamorò del suono calmo e autorevole. Incominciarono a frequentarsi raccontandosi le loro vite, i loro sogni e le loro speranze. Prima diventarono amici poi amanti e nulla riuscì a dividerli. Nel giro di pochi mesi si sposarono.
La prima crisi arrivò dopo dieci anni e gli ultimi mesi trascorsero tra infiniti silenzi, dopo innumerevoli discussioni sul fatto di non avere figli. Soprattutto per Gianni era un disastro. Lei era ancora giovanissima e lui si sentiva a disagio con i suoi quarant’anni: aveva timore che lo lasciasse; quindi, cominciò a reagire mettendo in crisi il matrimonio. Dopo qualche tempo, costrinse Francesca, oramai esasperata, ad accettare la separazione cedendo alla sua prepotenza. In fondo si amavano ancora ma Gianni non sapeva accettare né l’adozione né sentirsi in colpa a causa della mancanza di figli.
Lei gli mancava troppo e doveva assolutamente trovare una soluzione. Ammesso che lei fosse ancora disponibile. In realtà Francesca, tornata a casa dei genitori, era immersa nella sua vita di insegnante, ma era ancora molto legata a lui e non volle mai rassegnarsi ad una separazione definitiva. Per un periodo si persero di vista pur telefonandosi spesso, fino a quando fu Gianni a chiederle un appuntamento a cena. Le propose di incontrarlo presso il solito ristorante, per ritrovare la speranza di ritornare insieme.
Erano gli stessi giorni di quando si erano conosciuti e Gianni pensò bene di attraversare il parco dove c’era la loro panchina. Parcheggiò l’auto, scese, le aprì la portiera e le prese la mano. Senza lasciarla le sussurrò: “Ti va fare due passi?”. Lei timidamente gli sorrise e lo prese sottobraccio. Quando furono al centro del parco accanto al laghetto, si presentò dinanzi la loro panchina e Francesca si strinse ancora più forte al braccio di Gianni. Attratti da quel momento meraviglioso si fermarono. Lui cercò di baciarla in tutta la sua bellezza. Lei sorrise e gli mostrò la guancia. Gianni ci mise un po’ a riprendersi, ma comprese e si incamminarono in silenzio verso il ristorante.
Francesca parlò poco mentre lui le chiese perdono per il tempo sprecato fino allora. Alla fine, Francesca lo stupì: “Andiamo a casa per bere qualcosa e parlare”. Gianni accese per prima cosa il camino poi versò del buon whisky nei due bicchieri. Francesca sedette sul tappeto dinanzi al caldo del fuoco acceso e disse poche parole: “Io ti amo ancora e voglio vivere con te, figli o non figli, fino alla fine. A meno che tu non impazzisci di nuovo”. Posò il bicchiere, si avvicinò a lui e lo baciò. Gianni era pietrificato poi si sentì sciogliere dal veloce battito del cuore e l’abbracciò fino a farle male. Il desiderio di lei si fece sentire e lei lo capì. Quando si vide respinto, Gianni ci restò male: “Non preoccuparti Gianni, anch’io ti desidero, ma stasera parliamo di noi. E seriamente del nostro futuro insieme”. Gianni la guardò negli occhi e le sorrise senza dire nulla. Era d’accordo con lei.
Dopo due settimane, tornarono insieme e gli anni trascorsero senza più problemi, amandosi. Tennero gelosamente segreta una loro tradizione: quella di festeggiare una volta l’anno l’incontro sulla panchina dove si erano conosciuti e dove era nato il loro amore. Poi lasciati e ritrovati. La stessa panchina sotto quelle nuvole cariche di pioggia, dove erano seduti cinquant’anni dopo. Due anziani abbracciati ai quali nessuno avrebbe fatto più caso. Ogni anno erano lì per ricordare come erano, per tornare indietro e poi ripartire, insieme. Sempre insieme. La pioggia iniziò a scendere piano piano e Gianni aiutò Francesca ad alzarsi a fatica, sorreggendosi l’un l’altro. Malfermi sulle gambe, ma solidi nel loro cuore. Improvvisamente Gianni si fermò e tornò sui suoi passi. Dalla tasca tirò fuori qualcosa. Tornò sulla panchina su cui era seduto e cominciò a scrivere nonostante avesse sempre detto che queste cose non si fanno. Francesca si avvicinò e quando fu al suo fianco vide che aveva disegnato un cuore trafitto da una freccia, come farebbe un ragazzino! Dentro il cuore, i loro nomi. Accanto due parole conosciute, ma scritte con una mano tremolante: Ti Amo.