Sono circa 7 milioni gli italiani che si “spendono” gratuitamente per il prossimo. Tra di loro tantissimi giovani e anziani, che in questo modo riescono a condividere quella situazione di benessere e di soddisfazione per la propria vita, alimentata dalla fiducia che nutrono per gli altri
«Il volontariato è una straordinaria energia civile che aiuta le comunità ad affrontare le sfide del tempo e le sue difficoltà. Abbiamo avuto ulteriore prova dell’importanza e del coraggio dei volontari e delle loro associazioni nell’emergenza provocata dalla pandemia. I volontari sono stati in prima fila, accanto a medici e infermieri, nel prestare cura ai malati, nel sostenere chi è rimasto solo, nel costruire connessioni laddove tanti rischiavano di venire esclusi». Sono le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il mese scorso in occasione della Giornata Mondiale del Volontariato. Parole che raccontano il tempo speso da circa 7 milioni di italiani. Di questa fetta, circa 4 milioni di persone fanno volontariato attraverso una o più organizzazioni, mentre gli altri 3 milioni di persone lo praticano direttamente, individualmente e senza nessuna intermediazione organizzativa.
Secondo una ricerca condotta dal dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, le persone più attive sarebbero quelle nella fascia tra i 40 e i 60 anni, mentre giovani e anziani registrano tassi di volontariato più bassi. Ad impegnarsi di più nel volontariato sono quindi proprio coloro che sono ancora in età lavorativa. Può sembrare un paradosso, eppure il volontariato è soprattutto relazione e cresce grazie agli incontri che si creano negli ambienti di tutti i giorni. È interessante, però, soffermarsi sulle attività di volontariato svolte da pensionati e studenti. Poli apparentemente opposti della società che sempre più spesso si trovano a condividere più di quanto si immagini. Secondo la ricerca, i primi sarebbero motivati alle attività di volontariato da un’aspettativa di socialità, i secondi, invece, da una motivazione di natura “individualistica” che vive nell’idea che fare qualcosa per gli altri possa anche avere un impatto positivo ai fini della propria occupabilità e alimentare dei contatti che possono essere un valore aggiunto nel mercato del lavoro.
Le diverse spinte e i diversi impegni della popolazione, però, portano inequivocabilmente allo stesso risultato: il volontariato è un bene prezioso per chi ne riceve gli effetti così come lo è per chi lo pratica e per la società intera. Sono molti gli studi che raccontano di come i volontari godano di una situazione di benessere e di soddisfazione per la propria vita grazie alla fiducia che nutrono negli altri e nella comunità di cui fanno parte. Durante questi ultimi due anni, abbiamo visto nascere tantissime iniziative di persone che si sono messe a disposizione per affrontare l’emergenza sanitaria. In queste occasioni, alla generosità di fondo che contraddistingue chi si spende gratuitamente per l’altro, si è aggiunto un elemento che non possiamo trascurare.
Oggi uscire dai confini della propria quotidianità per andare incontro ai bisogni dell’altro comporta l’assunzione di un rischio, un rischio che in molti, anche appartenendo alle fasce più fragili, si sono assunti per dare il proprio contributo. Chi fa volontariato infatti è spesso portato ad anteporre alle proprie esigenze il bene comune. Un aspetto che, durante gli ultimi venti mesi, giorno dopo giorno, ha contribuito a mantenere vivo l’enorme tessuto di risorse di cui il nostro Paese ha avuto e avrà un estremo bisogno.
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