Donare il proprio tempo per aiutare gli altri: nel nostro Paese i volontari sono più di sei milioni e mezzo e quotidianamente si mettono al servizio del prossimo. Le loro attività, che facciano capo a grandi organizzazioni o che si spendano solo a livello personale, non si fermano neanche in tempi di emergenza Covid-19.
In Italia oltre sei milioni e mezzo di persone fanno volontariato, in forme individuali o associative, e mettono una parte del loro tempo a servizio degli altri, in modo gratuito e spontaneo. Secondo i dati Istat aggiornati al 2017, le istituzioni non profit attive sul territorio nazionale sono 350.500, e il settore è in espansione; come pure la fiducia che gli italiani ripongono nei confronti del volontariato, che tocca quota 70% degli intervistati, secondo l’ultimo Rapporto Eurispes 2019, contro il 64,2% rilevato in quello precedente. Il volontariato è regolato dalla Legge 266 dell’11 agosto 1991 che, con i centri di servizio, istituisce delle strutture per lo sviluppo su base regionale, per il supporto alle organizzazioni non profit, e servizi nel campo della promozione, consulenza e formazione. Le caratteristiche delle associazioni di volontariato individuate dalla Legge sono l’assenza di finalità di lucro, la democraticità della struttura, la gratuità delle prestazioni e il divieto assoluto di retribuzione degli operatori soci.
In questo periodo di emergenza Covid stiamo assistendo a vere e proprie gare di solidarietà, che non di rado stanno contribuendo a sopperire le mancanze di un Paese impreparato a fronteggiare una crisi sanitaria come questa, dalla carenza dei dispositivi di protezione individuale all’impatto economico per le tante famiglie in difficoltà.
La Croce Rossa Italiana ha intensificato le attività di supporto per le persone senza fissa dimora e ha predisposto anche un volantino informativo a chi vive per strada. Inoltre, dalla fine di marzo ha attivato il servizio “Pronto Farmaco” presso l’Unità di crisi Cri della Regione Lombardia, con la consegna dei medicinali effettuata dai suoi volontari. In questo momento di grande bisogno ha anche aperto alla candidatura dei volontari temporanei, che si tratti di personale sanitario o cittadini, che abbiano voglia di dare una mano per la consegna dei pacchi alimentari e dei farmaci alle persone vulnerabili, per il controllo passeggeri negli aeroporti e per attività di informazione e assistenza presso le centrali operative e le strutture di emergenza.
Nella Protezione Civile il volontariato è considerato una struttura operativa, nell’ambito di attività di prevenzione e di soccorso nei confronti della popolazione. In questo momento gli operatori sono attivi anche per la consegna della spesa a domicilio grazie ad un protocollo siglato con Coop ed Anci, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, e il supporto domiciliare ai soggetti sottoposti a quarantena presso il proprio domicilio, non positivi Covid, e ai soggetti positivi isolati anch’essi presso il proprio domicilio.
La Caritas ha fatto sapere che 65 diocesi hanno messo a disposizione strutture d’accoglienza per più di mille persone senza fissa dimora e che in condizioni di indigenza non possono rispettare le misure di contenimento, non avendo una casa. Tutte le 218 sedi hanno effettuato interventi di prima emergenza, fornendo mascherine, guanti e prodotti igienizzanti, oltre a generi alimentari, ed hanno riscontrato un aumento significativo nelle richieste di aiuto dal 20% al 50% per pasti d’asporto e buoni spesa. «I primi finanziamenti arrivati dalla Conferenza Episcopale Italiana li abbiamo utilizzati per tamponare le emergenze – ha dichiarato don Andrea La Regina, responsabile macroprogetti Caritas Italiana -, i successivi saranno concentrati nelle quattro regioni più colpite dall’epidemia ossia Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, a partire dalle esigenze del territorio. Noi ci muoviamo a sostegno di chi rimane fuori dall’aiuto statale».
La rete solidale di Sant’Egidio si è attivata soprattutto per aiutare gli anziani e i senza fissa dimora: il servizio mense è stato potenziato, è stata lanciata una colletta per la raccolta di beni di prima necessità, e i volontari fanno la spesa di cibo e farmaci per gli over 80, su richiesta telefonica, e provvedono a consegnarla a domicilio. Solo a Roma sono state più di seimila le chiamate dei senior che hanno richiesto un aiuto, non potendo uscire di casa.
Sempre nella Capitale, l’associazione Baobab Experience, che dal 2016 si occupa dell’assistenza ai migranti in transito e ai richiedenti asilo, ha tagliato tutte le attività non strettamente necessarie, ma non ha smesso di fornire i servizi essenziali per la cura della persona, garantendo pasti caldi, coperte per la notte, visite mediche, guanti e mascherine a chi ancora vive per strada, in condizioni di alto rischio di contagio.
Il Banco Alimentare ha registrato una crescita delle richieste del 20%, con picchi del 40% in regioni del Sud, come la Campania. Come ha dichiarato il presidente Giovanni Bruno, si assiste all’impoverimento di nuove classi di lavoratori, come quelli del mondo artigiano, dal parrucchiere al meccanico. «Se uno si è indebitato e adesso non lavora – dice Bruno -, si ritrova con l’affitto, le spese di sempre, quelle del mutuo. In due parole, è senza soldi».
All’inizio dell’emergenza molte associazioni si sono trovate a dover riorganizzare il lavoro non solo per le norme igieniche stringenti e per la necessità di evitare assembramenti, ma anche perché la loro attività si basa sul volontariato di tanti pensionati, che ora non possono uscire. E quindi anche la distribuzione dei beni si è dovuta riassestare.
A Napoli, l’associazione Tabita Onlus ha organizzato la consegna a domicilio della spesa attraverso una rete di giovani che, in motorino, percorrono i vicoli dei Quartieri Spagnoli e raggiungono le famiglie e gli anziani in difficoltà, portando cibo e farmaci. Al rione Sanità sono stati donati e distribuiti diecimila litri di disinfettante, ed è in corso l’iniziativa “Carrello Solidale”, per raccogliere prodotti alimentari da distribuire alle famiglie bisognose della zona attraverso la chiesa di Santa Maria della Sanità.
L’associazione Laboriusa ha lanciato una campagna di raccolta fondi attraverso una piattaforma di crowdfunding a km 0 per il progetto “100 carrelli per Catania”, per la distribuzione della spesa con il supporto dei produttori locali.
In Puglia, invece, un gruppo di licei e liberi professionisti che dispongono di una stampante 3D, riuniti intorno all’associazione Attanasi Onlus, hanno lanciato un altro crowdfunding per la produzione e donazione di visiere protettive per il personale sanitario, e hanno già donato i dispositivi all’Ospedale Sacco di Milano e ad altre strutture. Anche numerose aziende tessili hanno deciso di tentare una riconversione temporanea e si sono messe a produrre mascherine, che stanno donando alle Forze di Polizia e agli operatori della Protezione Civile, esposti in prima persona. «Noi abbiamo cominciato quasi per scherzo – racconta Antonio Ritarossi, direttore tecnico di Salento Industriale, azienda del gruppo comasco Canepa -, su iniziativa di alcuni dipendenti che si erano resi conto della carenza dei dispositivi sul territorio. E oggi abbiamo attivato questa piccola produzione nel nostro laboratorio di cravatte». Come le altre fabbriche e sartorie, non riescono ad impiegare tutto il personale, ma è comunque un modo per non chiudere e per offrire allo stesso tempo un aiuto concreto.
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