Siamo ufficialmente entrati nella “fase 2” con qualche allentamento delle regole che hanno caratterizzato il lockdown degli ultimi mesi. Questo, però, non ci permette di abbassare la guardia. Sono ancora tante, infatti, le preoccupazioni destate dall’emergenza coronavirus. Prima tra tutte, la tutela della popolazione più a rischio. Gli over 65, infatti, sono stati protagonisti di molte discussioni in merito alla “riapertura” del Paese. In particolare, nei giorni scorsi, si è discusso del loro impiego in associazioni di volontariato. Ne abbiamo parlato con Gabriele Russo, Presidente del Centro Servizi Regionale dell’Emilia-Romagna per il Volontariato di Protezione Civile.
Come avete affrontato il tema del volontariato over 65 in questa situazione?
Fin dall’inizio sapevamo che gli over 65 erano più esposti ai rischi di questa emergenza ed era giusto che prendessimo dei provvedimenti. Inizialmente avevamo ricevuto solo alcune indicazioni che invitavano alla prudenza nell’operato dei volontari più maturi. Poi sono arrivate le linee guida diramate dal Vicepresidente della regione Emilia-Romagna che invitavano tutte le associazioni a non impiegare volontari over 65. Fortunatamente è una situazione che è stata chiarita sia a livello nazionale che regionale.
Per voi sarebbe stato problematico il non impiego dei senior volontari?
Avrebbe senz’altro complicato le cose. Nonostante la realtà della nostra Regione conti più di 15 mila volontari di tutte le fasce d’età, infatti, è indubbio che gli over 50 sono la parte più numerosa. In particolare, molti dei pensionati diventati volontari di Protezione Civile si occupano di mansioni essenziali, ma che non richiedono necessariamente il contatto con terzi. Ad esempio, alcuni sono impiegati in aree di logistica e segreteria, altri si occupano della preparazione dei mezzi utilizzati durante le emergenze. Mansioni che non mettono in pericolo la loro salute. Inoltre, la maggior parte dei nostri volontari over 65 vogliono spendersi per la comunità anche in questa emergenza. Alcuni sono preoccupati, giustamente, sia per loro stessi che per gli altri, ma vogliono comunque dare una mano.
Quali precauzioni prendete per i vostri volontari?
Prima di affrontare un’emergenza li informiamo sulla situazione che andranno a fronteggiare. Li formiamo sul corretto uso delle attrezzature, dei comportamenti da tenere e degli eventuali rischi. Inoltre, vengono distribuiti i DPI (dispositivi di protezione individuale) e viene spiegato loro come utilizzarli correttamente. Come Protezione Civile siamo particolarmente attenti alla sicurezza dei nostri volontari e della popolazione. Per quanto riguarda l’emergenza legata al COVID-19 invitiamo tutti i volontari a rispettare le linee guida sulla sicurezza e le norme diramate dal governo. Questo può significare, ad esempio, che una squadra di quattro persone non può viaggiare sullo stesso mezzo, che i mezzi devono essere sanificati ad ogni utilizzo e al loro interno devono essere presenti dispenser di soluzione alcolica per la disinfezione delle mani. L’uso della mascherina diventa indispensabile, invece, quando il distanziamento sociale non può essere garantito. In questi giorni siamo stati chiamati a montare delle tende per il pre-triage ospedaliero. Un lavoro da svolgere in gruppo, in cui era difficile mantenere il metro di distanza tra i volontari. Per questo abbiamo lavorato indossando tutti i DPI necessari alla tutela della nostra salute.
Di quali attività vi siete occupati in questi mesi?
Nella “fase 1” molte delle nostre associazioni hanno fatto attività di distribuzione farmaci, della spesa o anche delle mascherine messe a disposizione dalla Regione. Sempre nel rispetto delle norme di sicurezza. Come anticipavo, ci siamo occupati del montaggio di tende per il pre-triage ospedaliero e delle postazioni drive-through per fare i tamponi senza far uscire le persone dall’automobile. In alcuni comuni ci sono associazioni ben organizzate, che, su segnalazione dei servizi sociali, si occupano di raccolta di generi alimentari e di altri beni a favore delle famiglie indigenti. Una delle attività più particolari a cui abbiamo partecipato è stata avviata a Forlì. Per tutelare la salute dei senzatetto della città è stata adibita una struttura per loro, in cui ogni notte presenziavano due dei nostri volontari. È stata un’esperienza diversa rispetto a quelle a cui siamo abituati, ma molto costruttiva. Ci siamo sentiti molto gratificati quando gli ospiti ci hanno ringraziato perché si sono sentiti protetti e hanno vissuto in un clima di assoluta umanità.
Come crede che cambieranno le vostre attività nella “fase 2”?
Per il futuro e per le fasi che ci aspettano, penso che il nostro volontariato, così com’è organizzato e strutturato, possa rendersi utile specialmente a sostegno della popolazione e dei temi sociali. Ad esempio, molti dei nostri volontari sono formati e muniti di certificazioni per prestare servizio in cucina. Un aspetto indispensabile in emergenze che prevedono lunghe permanenze. Non escludo che queste nostre risorse possano essere impiegate a sostegno della popolazione più in difficoltà.
Secondo lei, qual è il valore aggiunto degli over 65 nel mondo del volontariato?
Il valore aggiunto sta nell’esperienza che i volontari over 65 hanno accumulato nel corso della vita. Si tratta di volontari che hanno avuto una carriera lavorativa intensa e hanno sviluppato una certa professionalità. Questo aspetto è ancora più evidente nelle situazioni di emergenza in cui, nonostante la formazione, non si è mai pronti a tutti gli imprevisti. Ci sono momenti in cui si devono adottare soluzioni in fretta e si fa affidamento sulle proprie conoscenze. I volontari più maturi mettono in gioco una personalità e una conoscenza che in quelle circostanze non sono solo importanti, ma sono anche indispensabili. Inoltre, la nostra attività si basa anche sulla possibilità che ognuno dei nostri volontari possa mettere in campo le proprie abilità, condividendole con altri.
E questo avviene?
Certamente. Lo riscontriamo soprattutto in situazioni emergenziali. Durante il giorno si opera per la gestione dei pericoli e dei rischi, condividendo frustrazione, paura e anche stress. Poi la sera ci si trova a cena tutti insieme o nelle tende, ci si rilassa, e non c’è differenza tra fasce d’età. Si parla, ci si conosce. Capita che i più grandi debbano mandare foto o messaggi a casa e allora i più giovani li aiutino con WhatsApp. Allo stesso tempo, i giovani imparano a gestire alcuni problemi grazie all’aiuto dei più anziani e di chi ha più esperienza. L’incontro tra generazioni è una bella sfaccettatura del volontariato di Protezione Civile.
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