La voglia di dolci ci fa impazzire: uno studio sui topi svela il meccanismo cerebrale che ci spinge a desiderare altri zuccheri anche dopo un pasto abbondante.
Quell’irresistibile voglia di dolci, anche dopo un pasto abbondante, ha una spiegazione scientifica. Lo hanno scoperto i ricercatori tedeschi del Max Planck Institute per la biologia dell’invecchiamento di Colonia indagando sul cervello dei topi. I responsabili sarebbero i neuroni POMC che si attivano appena il topo mangia lo zucchero: gli stessi che favoriscono l’appetito. E generando così un meccanismo perverso di ricompensa, per cui più zucchero assumevano, più ne desideravano.
Perché il corpo richiede zuccheri
In sostanza, quando i topi, seppure sazi, assumevano altro zucchero i neuroni attivavano nel cervello un oppiaceo prodotto naturalmente dall’organismo, la beta-endorfina. Che tra le sue funzioni controlla il senso di sazietà e il dolore. Il meccanismo di ricompensa che si innesca fa sì che il corpo continui ad avere voglia di dolci pur essendo ormai sazio. I ricercatori sono partiti da qui per trovare la causa del meccanismo nel corpo umano.
La spiegazione ‘evolutiva’ della voglia di dolci
Gli studiosi hanno così eseguito scansioni cerebrali su dei volontari che hanno ricevuto una soluzione di zucchero. Hanno così scoperto che la stessa regione del cervello dei topi si attivava negli uomini, attivando gli stessi neuroni ‘oppiacei’. “Da una prospettiva evolutiva, questo ha senso: lo zucchero è raro in natura, ma fornisce energia rapida. Il cervello è programmato per controllare l’assunzione di zucchero ogni volta che è disponibile”, spiega Henning Fenselau, responsabile dello studio.
Rilevanza dello studio per il trattamento dell’obesità
I risultati del gruppo di ricerca potrebbero essere importanti per il trattamento dell’obesità, che, solo in Italia, interessa il 46,2% della popolazione adulta (dati Istat). “Esistono già farmaci che bloccano i recettori degli oppiacei nel cervello, ma la perdita di peso è inferiore rispetto alle iniezioni di soppressori dell’appetito. Riteniamo che una combinazione con loro o con altre terapie potrebbe essere molto utile. Tuttavia, dobbiamo indagare ulteriormente”, afferma Fenselau.
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