Oltre alle scuole e alle case private che hanno aperto le porte agli sfollati delle città più colpite dalla guerra, a Leopoli anche i teatri sono diventati luoghi di solidarietà. Non solo si organizzano raccolte di beni di prima necessità, ma si offre anche ospitalità ai connazionali.
Una rete che ha visto il mondo della cultura mobilitarsi e riconvertire attività e spazi per creare posti letto e offrire un pasto caldo alle persone in transito. Quelle stesse persone che spesso trascorrono qui una o al massimo due notti prima di proseguire il viaggio verso l’Europa. La rete dei volontari, in questi casi, è formata soprattutto da attori, direttori artistici e lavoratori dello spettacolo. Coloro che hanno sospeso gli eventi in cartellone con l’inizio del conflitto e hanno trasformato camerini, palchi e sale allestendoli come stanze da letto o da pranzo.
La riconversione dei teatri di Leopoli: il Teatro nazionale d’arte drammatica Mariya Zankovetska
“Il nostro teatro dei ragazzi ha messo a disposizione sessanta posti letto, che non vengono mai occupati a lungo dalle stesse persone”. A raccontarlo è la vice direttrice Iryna Artymyak che oggi ha preso il posto del suo direttore che si è arruolato ed è fronte. “Abbiamo riallestito gli spogliatoi e quando necessario apriamo anche il salone principale. Non offriamo solo un luogo per riposare, ma all’occorrenza anche vestiti, e ovviamente da mangiare”.
La riconversione dei teatri e il Palazzo dell’Arte di Leopoli
Anche il teatro Les Kurbash sta lavorando nello stesso modo. A poca distanza da lì, infatti, ha sfruttato ogni angolo per ampliare le possibilità di ospitare mamme, bambini e anziani in fuga. Il Palazzo dell’Arte e il Teatro d’arte drammatica sono spazi di raccolta per i generi di prima necessità. Si tratta soprattutto cibo che – come spiega Yuri Popovych, volontario di professione filosofo – sono destinati ai profughi che si recano personalmente a chiederli. Oppure a quei volontari che li portano nei vari dormitori, teatri compresi o, ancora, ai militari al fronte e alle persone che si trovano sotto assedio nell’est.
“Speriamo che questa riconversione duri il meno possibile – dice Alexander Norchuk, attore – perché vorrebbe dire che la guerra è finita e possiamo tornare alle nostre vite, e gli sfollati alle loro case.”
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