«Per sviluppare nuove abitudini positive è utile puntare ad obiettivi precisi e raggiungibili concentrandosi sui piccoli progressi e non sul risultato».
Gennaio è il mese dei buoni propositi, una miniera d’oro per i guru dell’auto-aiuto e il periodo in cui i libri sulle diete vanno a ruba. Febbraio è il mese in cui i buoni propositi inesorabilmente si incagliano.
Anche tra coloro a cui piace dedicarsi agli obiettivi per il nuovo anno, l’entusiasmo e la motivazione tendono a ridursi già dopo poche settimane. Passa poco tempo prima di archiviare i tentativi di miglioramento e tornare alle routine consuete, persi nelle incombenze della vita quotidiana. Forse è perché vogliamo raggiungere traguardi irrealistici, desideriamo cambiamenti drastici impossibili da mettere in pratica, o semplicemente perché modificare le nostre abitudini è difficile. Il fenomeno è così comune che il secondo venerdì di gennaio è chiamato, nei Paesi anglosassoni, “quitters day”, il giorno di chi molla: è il momento in cui in media finisce lo slancio e si tende ad abbandonare i propri piani.
Temendo di fallire, molti decidono fin da subito di astenersi. Non vogliono essere delusi da se stessi, incapaci di dare seguito al desiderio di migliorarsi, e in generale non amano torturarsi con piani elaborati. Eppure non dovremmo privarci dell’opportunità di immaginare nuovi inizi, una nuova versione di noi stessi e delle nostre vite, anche se non dovessero mai diventare realtà. È l’attimo che più si avvicina all’esperienza, quando si è ancora piccoli, di avere davanti a sé tutte le possibilità del mondo. Un’esperienza che agli adulti è perlopiù preclusa. La sensazione che ogni strada sia aperta e ancora da esplorare, che ci sia una vita tutta da costruire. È un’occasione per provare ancora una volta, anche se per poco, una gioia piena, quasi infantile.
Il consiglio di molti esperti per sviluppare, ben oltre gennaio, nuove abitudini positive è quello di puntare ad obiettivi precisi e raggiungibili, dedicarsi a piccoli cambiamenti giorno dopo giorno, scegliere di concentrarsi sul progresso e non sul risultato. Sono consigli utili e perfettamente ragionevoli. Ma la verità è che forse dovremmo vedere i buoni propositi, in qualunque momento dell’anno, non come duri e temibili obblighi verso noi stessi, ma come esercizi di immaginazione e di allegria. Come modi per coltivare un rinnovato senso di possibilità, senza flagellarci se non riusciamo nei nostri intenti, se non siamo perfetti.
La capacità di vedere tutto con occhi curiosi e senza preconcetti, come farebbe un bambino, è chiamata nel buddismo zen “shoshin”, mente del principiante. Un concetto che è stato introdotto in Occidente da Shunryu Suzuki, un maestro zen che ha reso popolare negli Stati Uniti la pratica della meditazione, nel mezzo del fermento culturale degli anni Sessanta. “Nella mente del principiante ci sono molte possibilità: in quella dell’esperto ce ne sono poche”. Il principiante, colui che non ha ancora certezze e impalcature intellettuali, ha una mente che indaga, aperta a qualunque cosa accada, curiosa. Una mente che cerca, ma non con avidità. Semplicemente osserva cosa succede.
All’inizio dell’anno speriamo che le nostre vite saranno migliori, che faremo più cose che ci piacciono, che metteremo da parte abitudini insalubri, che dimagriremo, e che raggiungendo questi obiettivi saremo finalmente felici. Il risultato è spesso una profonda frustrazione con noi stessi.
Nel quotidiano, ci sentiamo spesso oppressi dagli obblighi, dalle responsabilità, dalle scadenze e in generale da una soffocante assenza di fantasia. Se ci liberiamo del peso di aspettative rigide e inflessibili, la pratica dei buoni propositi può diventare un modo per creare un varco nell’ordinarietà, per provare la sensazione che le cose non sono mai definitive, ma sempre aperte. Sviluppare una mente da principiante significa liberarsi da ogni aspettativa predeterminata su ciò che deve accadere e, così facendo, guardare tutto come se fosse nuovo, mai scontato.
Per cui, se non lo avete fatto ad inizio anno, siete ancora in tempo. Prendete un foglio di carta (in questa famiglia privilegiamo quaderni nuovi di zecca che presto finiranno abbandonati) e scrivete i vostri buoni propositi. Pensate a degli obiettivi possibili e allegri. Aggiungetene due o tre in più rispetto a quanti pensate di riuscire a portare avanti. Divertitevi. Non fatevi guidare dalla frustrazione con voi stessi, dal senso di colpa o dal desiderio di punirvi per non essere all’altezza delle vostre aspettative. Sentite la gioia delle occasioni che vi fioriscono davanti agli occhi, la leggerezza di pensare che non siete obbligati ad essere sempre uguali. E poi provate davvero a fare ciò che vi siete prefissati o che desiderate, con curiosità e pronti a scoprire cosa accade. Senza punirvi se non riuscite. In fondo c’è sempre l’anno prossimo.
Gianrico Carofiglio (Bari, 1961) ha scritto racconti, romanzi e saggi. I suoi libri, sempre in vetta alle classifiche dei best seller, sono tradotti in tutto il mondo. Il suo romanzo più recente è La disciplina di Penelope.
Giorgia Carofiglio (Monopoli, 1995) si è laureata in Teoria Politica presso la University College London. Ha lavorato in un’agenzia letteraria e collabora con case editrici.
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