Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. È soprattutto oggi che si cerca di sensibilizzare su quella che viene chiamata violenza “di genere”. Una definizione dovuta alle discriminazioni verso il “genere femminile”, frutto della diseguaglianza tra uomini e donne.
Almeno in ambito europeo, tutti gli atti di discriminazione sono oggi definiti nell’art. 3 della Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne. E sebbene l’Italia sia stata uno dei primi Paesi a ratificare la convenzione, il retaggio di una società di stampo patriarcale – ricordiamoci che il delitto d’onore è stato abrogato solo nel 1981 -, si fa ancora sentire. E contribuisce tuttora a rallentare la fine di molti comportamenti errati.
Gli effetti della pandemia sulla violenza di genere e il Codice Rosso
Sono state 91 le donne vittime di omicidio nei primi dieci mesi del 2020: una ogni tre giorni. Sono gli ultimi dati del Rapporto Eures sul femminicidio in Italia. Rispetto allo stesso periodo nel 2019 si è registrata una leggera flessione, quando sono state 99.
Tuttavia, c’è da dire che la pandemia ha incrementato i casi di violenza. A dimostrarlo un aumento dell’11% dei procedimenti iscritti per maltrattamenti familiari catalogabili come violenza di genere tra il 1°gennaio e il 31 maggio 2020 rispetto allo medesimo periodo del 2019. Sono infatti passati passato da 36.539 a 40.726. Un trend che può essere legato alle misure del lockdown le quali hanno indirettamente portato a situazioni di convivenza forzata.
È uno dei dati che emerge dal primo report del Ministero della Giustizia sul “Codice Rosso”, la legge del 19 luglio 2019 a tutela delle donne che subiscono violenze per atti persecutori e maltrattamenti. Il dossier è stato presentato in streaming dal Guardasigilli Alfonso Bonafede che ha così commentato: «La legge sul Codice Rosso è una legge di civiltà, indispensabile per assicurare una tutela immediata alle vittime di violenza domestica e di genere».
Il preconcetto dell’età, persino nella violenza
La violenza colpisce tutte le donne, indistintamente. Non si limita a quelle più giovani, alle ventenni, alle sole quarantenni. E sebbene sia difficile avere dati che riguardino le ultrasettantenni – visto che la fascia di età considerata dall’Istat tocca al massimo i 70 anni -, anche loro sono vittime.
Doppiamente vittime, perché in questo modo – di fatto – la donna over 70 viene esclusa dalla lista di coloro che subiscono violenza di genere. Come se dopo una certa età questo fattore non sia più importante. Per le statistiche di età superiore bisogna infatti rifarsi agli studi riguardanti un più generico “abuso degli anziani”.
L’allarme dei geriatri
Non possedendo dati a livello nazionale, per l’Italia si ricorre alle ricerche delle associazioni. Dai dati forniti dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) risulta che sono oltre 2 milioni e mezzo le anziane vittime di abusi e maltrattamenti.
In dieci anni gli episodi di questo tipo sono aumentati del 150%. Secondo la Società di geriatria, si parla di 600.000 anziane oggetto di truffe, di 25.000 vittime di abusi in strutture sanitarie e di 2.800 vittime di violenze sessuali. Dati, ribadiscono i geriatri, da considerare persino per difetto, poiché molti reati, per paura o vergogna, non vengono denunciati.
I motivi del silenzio: quando la violenza viene ritenuta “normale”
Le violenze, infatti, avvengono quasi sempre in silenzio per evitare “scandali”. Altre volte, invece, le anziane tacciono «perché ritengono i maltrattamenti una modalità di relazione “normale”», osserva Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione di Psicogeriatria. In due terzi dei casi l’aguzzino è un membro della famiglia, ma non mancano badanti, vicini di casa e operatori sanitari. «La metà dei caregiver, a causa di un eccessivo carico di lavoro – dice Trabucchi -, ammette di aver operato un qualche abuso. Bisogna poi considerare i casi di sfruttamento economico dell’anziana, che viene pressata psicologicamente e talvolta imbrogliata».
Il tabù della violenza sessuale
Sono diverse le cause degli abusi. Paradossalmente tra queste c’è soprattutto la longevità. Ovvero il fatto che molte donne giungano alla terza età in condizioni di fragilità e vulnerabilità economica. Le anziane, infatti, vivono con redditi spesso modesti, restano spesso vedove e hanno difficoltà nel difendersi perché sono meno consapevoli dei loro diritti. Non è un caso che le donne in età avanzata accedono alle cure più difficilmente rispetto ai loro coetanei uomini.
Resiste poi l’errata convinzione che le donne, superata una certa età, non siano più oggetto di violenze e abusi sessuali. Purtroppo la cronaca insegna che questi atti avvengono anche in luoghi pubblici, oltre che nell’ambito domestico.
C’è bisogno di politiche di valorizzazione per una fascia vulnerabile
La popolazione anziana in Italia è caratterizzata da una prevalenza di soggetti femminili, disabili e con scarso reddito e supporto sociale. Essere donna aumenta enormemente la vulnerabilità e gli episodi di violenza. Non a caso il 65% degli anziani vittime di abusi è una donna, spesso con più di 75 anni. Le donne anziane in Italia sono dunque doppiamente fragili, per età e per genere. Gli abusi nei loro confronti sono in preoccupante crescita, pur restando un fenomeno poco conosciuto.
Per promuovere un cambio di passo efficace è necessario mettere in atto diverse strategie. Le donne devono essere informate dei loro diritti e messe in condizione di farli valere. Fondamentale è il ruolo degli operatori socio sanitari e dei familiari, che devono agire con il supporto di una efficiente rete sociale per abbattere l’isolamento.
È necessario attuare politiche mirate a valorizzare il ruolo delle donne nella terza e quarta età. Che siano sole, nonne impegnate, fragili o attive. Un risultato che non si può ottenere senza un più generale cambiamento che coinvolga tutta la struttura sociale. Per vedere l’anziano per ciò che è: una risorsa preziosa e non un peso.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la Rai prevede una ricca programmazione Tv, Radio e Web per sensibilizzare sul problema. L’evento si intitola Insieme contro la violenza sulle donne. Simbolo, una panchina rossa: a sottolineare la partecipazione dell’azienda di Viale Mazzini. Inoltre, viene lanciata anche la campagna “No women no panel – Senza donne non se ne parla”, impegno per un’equa rappresentanza di genere in tutte le trasmissioni.
E in questi giorni di emergenza sanitaria che impediscono assembramenti e manifestazioni, contro la violenza sulle donne e la violenza di genere il movimento Non una di meno organizzerà iniziative in tutta Italia. Ci saranno flashmob, presìdi, campagne social e assemblee virtuali al grido di “Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo”.
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