Come ci può aiutare, la teologia, a capire quello che sta succedendo attorno a noi? Lo abbiamo chiesto a Vito Mancuso, teologo e filosofo, considerato tra i maggiori pensatori contemporanei. Il suo ultimo libro, La forza di essere migliori, edito pochi mesi fa da Garzanti, è un invito a ritrovare la serenità individuale dando un senso etico alla propria esistenza, un senso che vada oltre la perenne competizione generata dalla nostra vita frenetica
Professor Mancuso, stiamo vivendo un momento storico a causa della pandemia da Coronavirus. Come si legge dal punto di vista dell’etica?
L’etica rimanda a un punto di vista di azione da parte dei singoli, quindi questo periodo si può leggere come una chiamata all’azione. Azioni diverse da quelle a cui noi siamo abituati, che sono azioni attive di uscita, di lavoro, di contatti, di giri. Spesso noi agiamo sulla base dei nostri istinti, dei nostri interessi, prescindendo dagli interessi collettivi, dal bene comune. Ecco, il grande appello etico che emerge da questi giorni è quello di considerare le proprie azioni in relazione al bene comune, mettendo in secondo piano il proprio interesse privato. Se questa lezione venisse introiettata, ponderata, in maniera stabile beh… avremo a disposizione un grandissimo carburante per gli anni a venire.
Nel corso degli ultimi anni sono state ridotte le prestazioni sanitarie e tagliati tanti posti letto. Questo ha inciso sulle cure prestate. Sono stati etici, professore, questo tipo di interventi?
Ovviamente no. Ci sono delle cose che dovrebbero essere sempre privilegiate, e sono la sanità e l’istruzione. Ogni taglio che va ad intaccare la qualità delle cure sanitarie e la qualità dell’istruzione è un taglio doloroso, che mina la qualità della nostra vita. Sanità ed istruzione sono i pilastri della nostra società, e noi dovremmo realmente tornare a dar loro forza.
La forza di essere migliori è il titolo del suo ultimo libro. Cosa significava questa affermazione, qualche mese fa, quando il libro è andato alle stampe, e come può essere riletto oggi?
Iniziavo il libro sostenendo che l’etica non riguarda solo chi vuol essere buono, i buonisti in senso lato, non è qualcosa che nella vita reale è scomoda, pesante, inutile. Al contrario, scrivevo all’inizio di quel libro, l’etica deve entrare di diritto nel kit di sopravvivenza dell’umanità. Perché ormai, con i poteri tecnologici che abbiamo a disposizione, con il fatto che siamo così tanti, non abbiamo quasi più spazi dove poter esser da soli, siamo sempre costretti alla convivenza. Tutto questo genera la necessità che ogni persona assuma un comportamento etico consapevole. Adesso, quello che stiamo vivendo in questi giorni, attesta ancor di più quanto sia decisiva l’etica per la qualità della vita. Perché, oggi, noi possiamo essere potenzialmente guaritori o untori, dipende tutto da come ci rapportiamo con gli altri, dal rispetto che nutriamo verso chi ci circonda. La qualità del rapporto con il prossimo è la qualità della nostra etica, quindi l’etica ha un valore civile, politico, economico, veramente essenziale.
Il Coronavirus spaventa, fa paura, ci fa paura. Come si fa ad andare oltre la paura?
Dicendo buongiorno alla paura. La cosa peggiore è quella di non riconoscerla, di far finta che non ci sia, scacciandola via con pensieri falsi. In realtà i nemici vanno sempre riconosciuti e onorati, come si faceva un tempo, quando c’erano i duelli medievali, e non solo. Anche Achille ed Ettore ci insegnano, il nemico non va mai sottovalutato.
Va bene, una volta che riconosciamo di avere paura, come agiamo?
Ci sono tre possibilità. La prima è quando si viene sconfitti dalla paura, e si passa la vita nell’ansia, nell’angoscia, nel terrore. La seconda è quando si agisce ignorandone l’esistenza, come se la paura non esistesse. È quello che fa il temerario, sbagliando. In realtà la paura che cos’è? Un’emozione negativa che nasce dalle informazioni raccolte dalla mente. La mente raccoglie informazioni e genera, per mettersi in guardia, questo sentimento di paura. E quindi è un segnale che va letto, perché generato dalla nostra psiche. La temerarietà è il superamento sbagliato della paura. Il temerario ne ignora i segnali, incorre in tutti i pericoli, come quando si va in montagna e non si è prudenti.
Ed allora qual è la strada giusta?
La terza opzione, ovvero superare la paura attraverso il coraggio. Il coraggio suppone la paura, mentre la temerarietà no. Il coraggioso è una persona che sa di avere paura, e tuttavia la supera attraverso l’azione del cuore. Coraggio significa proprio cor habeo: avere cuore. Ed allora il coraggioso è colui che tira fuori le energie positive, pescando nei pozzi profondi della propria interiorità. Tutti noi abbiamo la possibilità di lanciare il secchio nel pozzo, per attingere l’acqua del coraggio. Tutti siamo chiamati a capire quanto siamo profondi.
Come si genera questa profondità?
In vari modi: qualcuno lo fa attraverso la spiritualità, o la lettura, la filosofia. C’è chi lo fa mediante il contatto con la natura, i legami di amore profondi, quelli per la propria famiglia, per i propri cari. Ognuno ha dei pozzi da cui attingere questa forza interiore, ed è proprio questa forza che genera il coraggio.
Il fatto che il coronavirus sia un nemico invisibile, è questo ciò che ci fa più paura?
Sì, anche perché il virus si propaga proprio tramite noi. Ognuno di noi è veicolo, potenzialmente, del contagio, e questo fa sì che veniamo minacciati proprio nella più intima qualità della nostra vita umana, ovvero le relazioni. Noi siamo le nostre relazioni. In una stretta di mano, in una carezza, in un abbraccio, noi ricerchiamo il calore umano. Adesso ci sentiamo minacciati, perché sappiamo che quello che stiamo cercando, quello di cui abbiamo bisogno, allo stesso tempo è quel qualcosa da cui ci dobbiamo difendere.
Come uscirne?
Se siamo capaci di leggere la lezione di etica alle spalle di tutta questa situazione, poi saremo in grado di curare meglio le nostre relazioni umane. Quante strette di mano superficiali si danno, ogni giorno? Quando tutto questo sarà finito, quando torneremo a stringere la mano ad una persona che incontriamo beh, lo faremo in modo diverso, la guarderemo negli occhi, ci sarà meno superficialità.
Le distanze, dunque, ci insegnano ad unirci?
Sì, la distanza può generare la consapevolezza della preziosità dello stare insieme. Ci farà capire che, quando passiamo del tempo con una persona dobbiamo concentrarci in quella relazione, in quella energia positiva, ed allora ci penseremo due volte a distrarci, magari tirando fuori il cellulare.
Cosa ci insegna questa pandemia?
Se la sappiamo ascoltare ci insegna a leggere la nostra fragilità, il nostro bisogno di relazioni. Perché quando ci vengono sottratte tante cose esteriori di cui le nostre giornate erano intessute, allora c’è bisogno di trovare dentro di se le motivazioni per dare colore e spessore alle proprie giornate. Riscoprire il raccoglimento, la lettura. Riscoprire le cose che contano, le cose vere, profonde, importanti: le cose autentiche. A combattere la superficialità e a coltivare la profondità: ecco cosa ci insegna questa pandemia.
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