A definirlo un periodo buio non si sbaglia. Lo è stato e lo è metaforicamente e non. Negli interminabili giorni della quarantena è mancata spesso la luce della speranza, ma anche più banalmente quella del sole. Le misure restrittive per il contenimento dell’epidemia hanno impedito le passeggiate all’aria aperta, limitando la possibilità di esporsi alla luce solare, fattore fondamentale per preservare la salute delle ossa, ma anche per rafforzare il sistema immunitario.
È quindi possibile che durante questa quarantena siano aumentati i casi di carenza da vitamina D, dato che il sole è la sua principale fonte di assunzione? Abbiamo chiesto a Silvia Migliaccio, specialista in endocrinologia e malattie metaboliche, docente presso il Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, dell’Università Foro Italico di Roma, se l’isolamento in casa può aver inciso sui livelli di vitamina D e se esistono dei rimedi.
La quarantena, a meno che non si abbia un terrazzo, limita la possibilità di esporsi ai raggi del sole. Può essere un problema?
La carenza di esposizione ai raggi solari può inficiare la produzione di vitamina D a livello cutaneo, che peraltro già diminuisce nelle decadi di vita più avanzate.
Come si può rimediare? Con alimenti specifici, per esempio?
La vitamina D è contenuta soprattutto in alimenti grassi quali salmone e altri pesci quali sgombro, tonno e olio di fegato di merluzzo, tuorlo d’uovo, burro e formaggi più grassi. Tuttavia la quantità contenuta in questi alimenti è relativamente bassa, e nei casi di deficienza l’alimentazione non riesce a sopperire alle necessità dell’organismo. In questi casi è utile fare ricorso ad un integratore che permetta di ripristinare i normali valori ematici. Le modalità d’integrazione possono essere mediante il colecalciferolo o mediante il calcifediolo, che possono essere assunti con diverse posologie in base alle indicazioni del medico.
Perché è importante la vitamina D?
La vitamina D svolge diverse importanti funzioni a livello del nostro organismo. Innanzitutto, aiuta a far assorbire il calcio che introduciamo con gli alimenti da parte dell’intestino. Aiuta a fissare il calcio nelle nostre ossa, cioè aiuta i processi di mineralizzazione a livello scheletrico, previene il rachitismo nell’infanzia e l’osteomalacia negli anziani. Dati recenti associano i bassi livelli di vitamina D a una serie di condizioni di salute, tra cui una minore risposta immunitaria, l’alterazione del metabolismo degli zuccheri, la ridotta funzionalità muscolare negli anziani e la predisposizione ad alcune tipologie tumorali.
Uomini e donne hanno diverse necessità?
No, in questo caso non vi sono differenze di genere.
È opportuno fare un controllo dei livelli di vitamina D per sapere se si hanno carenze?
Questo è un argomento un po’ dibattuto. Alcuni esperti, infatti, sostengono che siccome negli anziani la carenza è quasi sempre presente, si dovrebbe ricorrere ai supplementi direttamente senza nemmeno valutare i livelli. Personalmente ritengo possa essere utile fare una valutazione soprattutto in quelle persone maggiormente a rischio di carenza e soprattutto dopo un periodo come questo, ma nelle categorie più a rischio oppure in soggetti che già non facessero uso degli integratore.
Se nella Fase 2 sarà concesso un po’ più di movimento, cosa consiglia di fare per aumentare i livelli di vitamina D e recuperare gli eventuali danni della quarantena?
Consiglio una ripresa graduale dell’attività fisica all’aria aperta, in quanto la mancanza di movimento avrà portato, nei soggetti più avanti nelle decadi di vita, ad una diminuzione della massa muscolare e anche a una riduzione di allenamento da parte del cuore e delle articolazioni e dei muscoli stessi.
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