Dimenticate per un attimo (si fa per dire, ovviamente!) phishing, smishing e quant’altro, la nuova frontiera della truffa si chiama vishing. Acronimo di voice phishing, comincia ad essere una delle tecniche più impiegate.
Richiede una certa dose di ingegno. E forse proprio per questo riesce a trarre in inganno molte persone. Il vishing affianca infatti alla conoscenza di dati riservati l’invio di telefonate “mirate”. Motivo per cui la frode sembra sempre molto credibile.
La truffa del vishing passo passo
In genere, il primo step è l’invio sul cellulare o sull’indirizzo e-mail del malcapitato di un alert. Questo sembra apparentemente venire dalla propria banca e segnala “operazioni sospette”. C’è persino un indirizzo internet, ma si tratta di un sito-clone della banca. Se malauguratamente (o maldestramente) lo si apre, ecco che scatta una telefonata. Dall’altra parte del telefono i truffatori cercano di spacciarsi per i dipendenti della banca. Raccontano che stanno cercando di bloccare un furto, ma in realtà stanno tentando di farsi rivelare i codici che autorizzano bonifici o pagamenti. A volte chi telefona può arrivare a spacciarsi per un rappresentante o ispettore delle forze dell’ordine.
I dati personali valgono oro, state attenti!
Alla base delle truffe on line ci sono sempre loro: i dati della vittima. Per chi opera in questo settore criminale le informazioni personali sono oro. Mai aprire quindi gli allegati o andare su siti il cui link è giunto con una mail o un sms; non rivelare mai password, codici o credenziali di alcun tipo. Una banca – qualunque essa sia – non chiede mai tramite email o telefono le credenziali di accesso all’home-banking, gli estremi delle carte di credito o altri dati. Ed è bene fare attenzione anche quando arrivano altri tipi di strane richieste. Ad esempio, quando vengono chieste copie di documenti nel fare acquisti online.
Il mondo delle truffe on line è in continua crescita
Il mondo delle truffe online è in costante espansione. Ad essere frodati non sono esclusivamente i singoli individui, ma anche le imprese. I criminali informatici riescono infatti a intromettersi nei rapporti commerciali tra aziende o fra dirigenti della stessa azienda. In questo modo dirottano le cifre rubate su conti correnti controllati.
Si calcola che solo nei primi quattro mesi di quest’anno, la Polizia Postale abbia ricevuto 4.201 denunce per phishing, attacchi informatici e malware. Sono praticamente pari a quelle relative all’intero 2019, ovvero 4.282. Le cifre sottratte nel periodo che va da gennaio ad aprile 2020 – cioè 20,2 milioni di euro – sono appena inferiori a quelle rubate in tutto il 2019, ovvero circa 21,3 milioni. E si tratta di dati parziali visto che non sempre le vittime denunciano e gli importi sono difficili da calcolare.
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