Rosmina Viscusi. Dopo il diploma, ha lavorato nell’Amministrazione Postale prima in Veneto e poi a Salerno, città in cui vive. Negli anni ’70 è andata in pensione e ha svolto l’attività di Infermiera Volontaria e monitrice dei corsi della CRI; si è laureata in Scienze del Servizio Sociale ed è stata docente di Tirocinio Professionale presso l’Università Suor Orsola Beninacasa, sede di Salerno. Oggi continua ad essere attivamente impegnata nel mondo del volontariato sociale, sindacale, culturale e ambientale. Ama viaggiare, leggere e scrivere e frequenta un corso di teatro. Partecipa da molti anni a Concorsi Nazionali ed Internazionali di prosa e poesia ottenendo lusinghieri riconoscimenti. Al Concorso 50&Più nel 1998, 2001 e 2007 ha vinto la Menzione speciale della giuria per la poesia e nel 2009 la Menzione speciale della giuria per la prosa.
Leggendo il titolo “Doni di compleanno” sicuramente ognuno di voi penserà che voglia farvi un elenco dei regali più belli, o più strani, o più originali, o più preziosi che ho ricevuto in occasione dei festeggiamenti per il mio compleanno. Sono a quota ottantasei anni e quindi avrei parecchio di cui parlare e non è detto che un giorno non lo farò. Però, in questo momento, non voglio raccontare dei tanti piacevoli e graditi doni che ho ricevuto in tali felici occasioni, bensì dei particolari pensieri e pensierini che io ho preparato e distribuito agli ospiti presenti (stretti familiari, parenti ed amici carissimi) ad alcune speciali feste di compleanni miei o di mio marito. E inizierò proprio dalla grande festa che organizzai, ormai una quindicina di anni fa, per gli ottanta anni di mio marito, soprattutto perché lui è venuto improvvisamente a mancare solo qualche anno più tardi e quella è stata l’ultima volta che ha potuto contemporaneamente riabbracciare i due figli sposati e residenti entrambi in Regioni diversa dalla nostra e tanti altri cari parenti (cugini, zie paterne e materne) che, se pur abitanti nel nostro stesso ambito territoriale, avevamo ormai poche occasioni di incontrare. Ancor oggi, sono molto soddisfatta per la caparbietà e l’insistenza con cui convinsi tutte queste care persone a partecipare a quell’evento speciale, non perché avessi qualche triste presentimento ma perché eravamo così felici ed in buona salute che pensavo, in tal modo, di inaugurare una nuova modalità di incontro collettivo almeno una volta l’anno. E proprio per dimostrare tutta la mia riconoscenza alle persone che avevano accettato di condividere con noi quel lieto avvenimento, che decisi di preparare per tutti un personale, speciale omaggio.
Con un meticoloso lavoro durato mesi, ho raccolto tutte le foto di mio marito, dal momento della nascita a quel gioioso compleanno; ho scelto le più significative e rappresentative del suo percorso di vita; con l’ausilio di Pc, scanner e stampante (di cui, per lavoro, ero ormai un’esperta) le ho riprodotte in sequenza temporale, commentandole con versi umoristici. Ne è uscito un fascicolo di oltre venti pagine per il quale ho preparato una bella copertina colorata con immagini di mare e di barche (di cui lui era un appassionato) e ne ho stampato oltre cento copie. Infatti, non solo lo abbiamo distribuito agli invitati presenti al banchetto, organizzato in un elegante ed attrezzato agriturismo nei dintorni di Salerno, ma successivamente l’abbiamo spedito agli amici e parenti lontani che non avevano potuto partecipare alla festa.
Fra me e mio marito c’era una differenza di oltre dieci anni, quindi, quando ho compiuto settanta anni ero già vedova e sola. Sollecitata da carissime intime amiche, nonché colleghe di lavoro e di attività di volontariato, mi sono lasciata convincere a festeggiare questa data in grande stile, riunendo parenti ed amici. Con la stretta collaborazione di due di loro, abbiamo scelto il locale più idoneo allo scopo (un grande ristorante con sale riservate, alla periferia della città), il menù, gli addobbi, gli inviti, i segnaposti. Ma per conto mio, senza dir nulla a nessuno, decisi di preparare per tutti un pensierino speciale da distribuire a fine pranzo. Ovviamente non pensavo a qualcosa da acquistare per l’occasione, volevo un oggetto che in qualche modo facesse parte di me o mi rappresentasse. Pensa e ripensa, guardandomi attorno in casa, fra tutte le cose che mi circondavano, mi venne l’idea giusta: avrei distribuito la mia collezione di bamboline in costume, acquistate di volta in volta, in ogni località, grande o piccola, italiana o estera, in cui ero stata, per studio, o lavoro o diletto, e che al momento, erano sparse in tutti gli angoli di casa mia. Ovviamente, per me era un grosso sacrificio separarmene, ma proprio per questo sarebbero state apprezzate, non per il loro valore venale ma per la loro valenza sentimentale. Parlavano non solo della mia passione per i viaggi e del mio interesse per la storia e le tradizioni di ogni paese, ma indicavano soprattutto le scelte che mi avevano guidato preferendo quel luogo a qualsiasi altro. Poiché, per dimensioni e per valore, le bamboline erano molto diverse fra loro, e volendo evitare problemi con gli invitati (sia facendo scegliere a loro sia assegnandoli io) decisi di ricorrere ad un complicato ma imparziale sistema di sorteggio. Così l’intera operazione, si q trasformata in un momento molto piacevole e divertente di socialità e tutti, adulti e giovanissimi, alla fine, si sono dimostrati grati e felici per l’oggetto loro assegnato dalla sorte. Anche io sono stata grata e felice (e non ho più provato rammarico per la perdita delle bamboline) perché le mie amiche mi hanno fatto la bellissima sorpresa di un colorato libretto a stampa intitolato “Io e Rosmina” dove ognuna di loro ha raccontato qualche episodio della nostra lunga, affettuosa amicizia.
Visto il gradimento di questo tipo di iniziativa, negli anni successivi ho distribuito, con lo stesso sistema di sorteggio, anche le mie collezioni di scatoline e vasetti, di materiali e forme diverse, acquistate in giro per l’Italia ed il mondo o ricevute in dono da parenti ed amici.
Avendo avuto la fortuna di nascere nella prima decade del mese di gennaio, nel 2020 – tragico anno di lutti ed isolamento sociale a causa della pandemia mondiale per il Covid 19 – ho fatto in tempo a festeggiare, con uno bello stuolo di familiari e amiche, l’ottantacinquesimo compleanno. Questa volta ai partecipanti ho distribuito dei graziosi e particolari sacchetti di stoffa, con tipici ricami toscani, ripieni di vari tipi di dolciumi e biscottini di diverse località della Versilia, appositamente preparati e cucinati in casa dai miei cugini toscani, entrambi per diletto eccellenti cuochi, presso i quali avevo appena trascorso Capodanno e Befana.
I restanti mesi del 2020, per me come per quasi tutti noi, sono trascorsi in un contrastante stato di precarietà e confusione, di abulica attesa, di paralizzante pessimismo, di insensate speranze, di impossibili sogni. Quando sui calendari che campeggiano in ogni stanza della mia casa (avrete capito che anche di questi faccio collezione) ha cominciato a far capolino il mese di Dicembre, mi sono risvegliata dal mio persistente stato di sopore ed ho iniziato a pensare a se, come e dove poter trascorrere il periodo natalizio e festeggiare il nuovo compleanno.
Il figlio minore, che da qualche anno abita con la sua famiglia nel napoletano, mi ha assicurato che, malgrado il persistente divieto di spostamento fra una provincia e l’altra, sarebbe venuto come sempre a prendermi per farmi trascorrere con loro il Natale. Poiché, come sempre, subito dopo e fino alla Befana, si sarebbero trasferiti al paese della moglie, mi ero rassegnata a restare a casa da sola per il resto delle feste, quando una mia amica, che abita in un bel paesino sulle colline che circondano Salerno, si è offerta di ospitarmi per tutto quel periodo visto che anche lei sarebbe stata sola.
Per quanto riguarda il compleanno, non avevo di che preoccuparmi visto che la prossima festa comunitaria q prevista fra quattro anni, al compimento (se ci arrivo) dei novant’anni. Però, questo ultimo drammatico anno trascorso, ci ha reso tutti dolorosamente consapevoli di quanto fallace sia la nostra esistenza e con quanta rapidità si possa transitare dal benessere al malessere, dalla vita alla morte. Sentivo, quindi, la necessità di rendere consapevoli, parenti ed amici, del mio costante affetto e pensiero anche se non potevamo ancora incontrarci e trascorrere del tempo insieme. Ho quindi deciso di preparare qualcosa che testimoniasse le ultime tappe del cammino percorso insieme. Dopo aver pensato e scartato un’infinità di idee, ho optato per un Calendario Fotografico del 2021, dove, mese per mese, avrei inserito le foto degli eventi familiari e delle iniziative pubbliche realizzate con i vari gruppi associativi relative all’ultimo anno prima che la pandemia ci chiudesse tutti in casa. L’avrei intitolato “Cosa facevamo nel 2019 prima del Covid 19” e lo avrei personalizzato per ogni singolo destinatario con apposite didascalie aggiunte a penna.
A dirla così, sembra una cosa abbastanza semplice da realizzare ma si è rivelata, invece, una impresa che mi è costata tanta fatica, tanto tempo, tanto impegno e tante di quelle preoccupazioni ed accortezze che ho giurato a me stessa di non ripetere mai più una simile esperienza.
All’inizio, mi ero immaginata che la cosa più difficile e complicata fosse costituita dalla scelta delle foto visto la considerevole consistenza del mio archivio fotografico, ma dopo aver interpellato tutti gli studi fotografici presenti nel mio quartiere, mi ero subito resa conto che i format di calendari presenti sul mercato prevedevano la presenza al massimo di due foto per ogni mese ed invece a me ne occorrevano almeno dieci per inserirvi, senza offendere e trascurare nessuno, tutte le persone cui volevo consegnarlo e tutte le attività che avevamo insieme organizzato. Finalmente, mi sono imbattuta in una giovane ed empatica fotografa, che ha preso a cuore il mio problema ed è riuscita a trovare un format modificabile e così mi ha permesso di mettere fino a sei foto per ogni mese. Non solo, mi ha consentito di lavorare con lei nel suo studio e mi ha molto aiutato nella scelta delle immagini migliori non solo dal punto di vista della risoluzione fotografica ma anche più significative degli eventi che volevo rappresentare. Non so ancora come, ma siamo riuscite a stampare tutte le ottanta copie del Calendario entro l’Epifania, così ho avuto il tempo di scrivere le didascalie a quella decina di copie che dovevo consegnare per il giorno del mio compleanno. In verità a tavola, a casa mia, eravamo solo in quattro: io, il figlio di Napoli, un nipote salernitano figlio del mio defunto fratello, l’amica più cara e mia inseparabile compagna di viaggio; però ognuno di loro aveva il compito di consegnare un paio di Calendari a persone che frequentavano. Infatti, un’altra cosa su cui non avevo riflettuto, era proprio la difficoltà – visto le rigide norme restrittive imposte dal dilagante contagio del virus incriminato – di consegnare singolarmente i Calendari. Questa volta, i primi a riceverlo sono stati i parenti e gli amici lontani perché li ho spediti per Corriere. La consegna alle persone in loco, invece, mi ha richiesto più tempo, più fantasia, più impegno della stessa preparazione tanto che, al momento attuale, ci sono ancora due persone che devono ritirarlo, due amiche colpite dal Covid che tuttora non si sentono completamente bene ed al sicuro.