Viscusi Rosmina.
Dopo il diploma, ha lavorato nell’Amministrazione Postale prima in Veneto e poi a Salerno, città in cui vive. Negli anni ’70 è andata in pensione e ha svolto l’attività di Infermiera Volontaria e monitrice dei corsi della cri; si è laureata in Scienze del Servizio Sociale ed è stata docente di Tirocinio Professionale. Oggi continua ad essere attivamente impegnata nel mondo del volontariato sociale, sindacale, culturale e ambientale. Ama viaggiare, leggere e scrivere e frequenta un corso di teatro. Partecipa da molti anni a Concorsi Nazionali ed Internazionali di prosa e poesia ottenendo lusinghieri riconoscimenti. Al Concorso 50&Più nel 1998, 2001 e 2007 ha vinto la Menzione speciale della giuria per la poesia e nel 2009 la Menzione speciale della giuria per la prosa.
Per me, il 2019 è stato un anno particolarmente triste e difficile. Triste, perché nell’ambito parentale ed amicale. Sono morte molte persone che mi erano care, tutte più giovani e più sane di me, tutte a causa di tumori senza scampo o di improvvise e fulminanti malattie. Difficile, perché fin dai primi mesi dell’anno, sono cominciate vistose perdite di acqua sul terrazzo di copertura del palazzo dove abito, che progressivamente hanno gravemente danneggiato quasi tutti i soffitti di casa mia, situata al 6° piano proprio sotto a questo terrazzo, con pericolosi crolli di calcinacci ora in una stanza ora in un’ altra. Come capita nella maggior parte dei condomìni, finché tutti si son resi conto della gravità della situazione e della necessità di interventi risolutivi, sono trascorsi mesi preziosi e solo nel tardo autunno l’Amministratore ha finalmente dato incarico ad una ditta di provvedere ad eliminare le perdite sul terrazzo condominiale ed a riparare i danni dell’appartamento sottostante. Così ho trascorso l’estate a liberare tre delle cinque stanze di casa mia, più l’ingresso ed il corridoio, dai numerosi mobili (quasi tutti armadi e librerie alti fino al soffitto), quadri e suppellettili che le ingombravano; mobili a loro volta stipati all’inverosimile di oggetti, libri, carte, foto, filmini, e cianfrusaglie varie accumulate in sessanta anni e più di vita coniugale e professionale. Per lasciarmi lo spazio strettamente necessario per mangiare e dormire, mobili e scatoloni sono trasbordati su entrambi i balconi (e meno male che le condizioni atmosferiche mi sono state favorevoli!), sul pianerottolo di casa (grazie alla compiacenza dell’unica famiglia dirimpettaia!), sulle rampe di scale e sul ripiano antistante il famigerato terrazzo. In questa precaria situazione ho vissuto oltre sei mesi, tra i preparativi, il tempo effettivo dei lavori, il ripristino della normale situazione dei vari ambienti. In effetti per il rifacimento dei soffitti e la conseguente tinteggiatura delle pareti, era stato preventivato un periodo di due, tre settimane al massimo, che invece, per vicissitudini varie – tra cui il ritiro della ditta dopo appena due giorni che era finalmente entrata in casa mia e la conseguente ricerca di un’altra impresa durata più di un mese – gli operai hanno, in fretta e furia, completato il loro lavoro a ridosso delle festività Natalizie.
Considerato che solitamente trascorro quel particolare periodo dell’anno fuori città, ospite di figli e parenti vari, anche il successivo impegno di risistemazione dei locali si è svolto in maniera affrettata e incompleta per cui, a tutt’oggi, una stanza dell’appartamento è ancora affollata di scatoloni e di oggettistica varia in attesa di effettuare la necessaria opera di cernita e pulitura e di eliminazione del superfluo e dell’inutile.
Quando, con parenti ed amici, mi lamentavo ripetutamente per tutti questi inconvenienti e dichiaravo speranzosa: ”Non vedo l’ora che questo anno disgraziato volga al termine”, la maggior parte di loro mi rimbeccava spazientita: “Ma non sai che il prossimo anno è bisestile e quindi già sfortunato di suo; inoltre è notorio che questa doppia sequela di cifre uguali (20 e 20) è particolarmente foriera di lutti e disgrazie!!!”. Io, fiduciosa ed incredula, ridevo di queste fosche previsioni e sono entrata nel nuovo anno con immensa gioia e le più rosee aspettative.
Come mi sbagliavo! Gennaio era appena iniziato, era l’Epifania ed il mio ultimo giorno di vacanza in Toscana a casa dei miei cugini. All’uscita dalla Chiesa, per la calca, ho mancato l’ultimo gradino; per non cadere ho fatto un brusco movimento con la gamba e trac, ho preso una brutta storta alla caviglia e sono rimasta bloccata senza poter più appoggiare il piede per terra. Non so come, sono riuscita ad impedire a parenti e curiosi di chiamare l’autombulanza ed a farmi riportare in auto a casa dei miei parenti. Tra un impacco e l’altro di borse di ghiaccio e grazie alla loro, purtroppo personale, esperienza di trattamenti ed opportunità per chi ha deficit di deambulazione, sono potuta rientrare comodamente al mio domicilio, in treno e nel giorno previsto, usufruendo di un apposito servizio di trasporto agevolato fornito gratuitamente dalle Ferrovie dello Stato. Con le immediate ed efficaci cure del mio ortopedico di fiducia e con l’ausilio di un paio di stampelle (già in mio possesso per precedenti, simili infortuni) ho ripreso ben presto le mie abitudini di vita.
Ma questo stupido infortunio era niente rispetto ciò che mi attendeva pochi giorni dopo, al mio rientro al lavoro nel Sindacato Pensionati! A restarne colpito, questa volta, è stato il mio cuore e la mia psiche nell’apprendere che alla mia compagna quotidiana di lavoro (più un’amica che una collega!), già ricoverata in Ospedale da qualche giorno per lancinanti dolori all’addome, era stato diagnosticato un grave ed inoperabile tumore alle vie biliari, che le lasciava pochi mesi di vita. Con il cuore a pezzi, sono riuscita ad andare a trovarla solo un paio di volte prima che, alle incombenti avvisaglie del contagio da Coronavirus, venissero bloccati i contatti fra i pazienti e l’esterno. Anna si è spenta agli inizi di Marzo (fortunatamente non da sola in quanto i familiari erano riusciti a riportarla a casa!) però i suoi tanti parenti e amici non hanno potuto né rivederla, né salutarla, né accompagnarla alla sua estrema dimora.
Immensamente turbata ed addolorata per questa inaspettata e grave perdita di una persona così vitale, energica, operativa, molto più giovane di me, con la quale avevo condiviso oltre venti anni di impegno sindacale, di princìpi e obiettivi solidaristici, ho cominciato ad accogliere con insolita noncuranza ed indifferenza le limitazioni, via via sempre più numerose e restrittive, imposte dalle Autorità locali e nazionali. E così, quasi senza accorgermene, mi sono ritrovata reclusa in casa, agli arresti domiciliari sine die, senza aver commesso alcun reato e senza possibilità di ricorrere in appello per questa ingiusta condanna.
So benissimo che, data la gravità della situazione, il Governo ed i Sindaci non potevano che agire in questo modo ma resta il fatto incontrovertibile che io, e tanti altri anziani soli come me – ma anche molti giovani e adulti oggi sono single – abbiamo visto trasformata la nostra già forzata solitudine in un duro ed inumano isolamento, in una sorta di abbandono anzi di rifiuto sociale. Quello che più mi preoccupa, e mi spaventa, è la convinzione che tutto questo non finirà fra qualche mese ma si protrarrà, con modalità progressivamente sempre meno rigorose, almeno fino alla fine di quest’anno, che più infausto di così, almeno per me, non poteva dimostrarsi.
Difatti io, da quando dieci anni fa sono rimasta vedova, non avendo in città figli, nipoti, né altri parenti stretti, avevo adottato uno stile di vita, che mi faceva trascorrere le giornate più all’esterno che all’interno delle mura domestiche (per cui sono rimasta tagliata fuori anche dai semplici rapporti amicali di buon vicinato); una vita ricca, sì, di molteplici e svariati rapporti relazionali sia lavorativi che sociali e culturali ma povera, però, di reali e consolidate amicizie di persone coetanee e in condizioni fisiche e logistiche simile alla mia. Già da prima, in verità, restavo sola e senza occupazioni ogni sabato e domenica, nei ponti festivi infrasettimanali, nei lunghi periodi delle vacanze natalizie e pasquali, nei desolati mesi delle ferie estive. Però riuscivo ad affrontarli e superarli brillantemente, organizzandomi sapientemente per tempo stipulando, per esempio, abbonamenti nei turni di fine settimana a spettacoli cinematografici o teatrali di prosa, musica sinfonica, opere liriche, danza, ecc. soddisfacendo così anche i miei interessi per tutte le arti oppure prenotando viaggi e soggiorni, in Italia ed all’estero, per i periodi festivi più lunghi dando così sfogo anche alla mia passione e curiosità di conoscere altri luoghi, altre usanze, altre culture.
Quello che adesso mi angoscia di più, non è tanto il pensiero di appurare se e come riusciremo a ricuperare il costo degli spettacoli già fissati fino alla fine dell’anno, ma la certezza che, come sono saltate le rappresentazioni di questi due mesi di isolamento e dei prossimi due già preannunziati, così salteranno – anche solo per motivi organizzativi – pure gli eventi previsti per il periodo successivo. Lo stesso succederà, se mai potremo farlo! Per gli spostamenti estivi che di solito, si prenotavano a partire dal mese di Marzo. Quindi il ritorno alla normalità sarà piuttosto relativo e per riavere la vita di prima ci vorrà molto, ma molto tempo ancora. Era così bello vivere nel presente ma con la mente proiettata nel futuro!
Naturalmente, queste sono “quisquilie” (come diceva Totò); i veri problemi, oggi e domani, sono e saranno, quelli relativi alla sanità, individuale e collettiva, ed all’economia, delle singole famiglie e dell’intero Paese. Voglio essere ottimista e credere a coloro che affermano che da questa triste vicenda, funestata da migliaia di lutti, da indicibili sofferenze, da immensi sacrifici, ne usciremo tutti migliorati, più coscienti e responsabili, più altruisti e solidali, più saggi ed efficienti.
Certamente molti anziani, in questo triste frangente, stanno imparando ad apprezzare ed a usare, i tanti strumenti tecnologici (PC, cellulari, tablet, ecc.) da noi tanto temuti e rifiutati e quelli che ne conoscevano solo le funzioni essenziali, ora si stanno sforzando di apprenderne le infinite ed utilissime applicazioni. Io adesso faccio videochiamate, messaggi vocali, seguo le lezioni di yoga per facebook, mi vedo film e opere per you tube.
Però, ancor oggi, il divario fra quanto, in teoria, viene predisposto dall’alto e proclamato dai media e la cruda realtà quotidiana è, a dir poco abissale. Ho telefonato alla parrocchia, alla Croce Rossa, ai Servizi Sociali Comunali, al Supermarket sotto casa ma la tanto strombazzata spesa a domicilio, almeno per me, è rimasta un miraggio come pure la trasmissione telematica delle ricette direttamente a domicilio o in farmacia perché il mio medico curante non possiede l’attrezzatura necessaria e si è inventato un metodo tutto suo particolare. Non tutti sanno che noi cronici, annosi diabetici, con complicanze di vario genere, dobbiamo in continuazione richiedere al medico di base ricette per i farmaci che dobbiamo assumere quotidianamente,, più volte nello stesso giorno, che ci vengono forniti però con il contagocce, una scatola alla volta, nell’assurdo timore che avendone a disposizione in quantità maggiore, invece di tre pillole e di quattro iniezioni al giorno, raddoppiamo le dosi. Lo stesso dicasi per le frequenti impegnative che il medico di base deve fornirci per effettuare i necessari e svariati controlli di base e specialistici richiesti dalla nostra malattia; le ricette hanno una durata così limitata per cui non possiamo richiedere contemporaneamente tutte quelle occorrenti dato che le varie visite sono state scaglionate nell’arco di molti mesi a venire..
Se prima trascorrevo, almeno una volta a settimana, ore sane nell’anticamera del medico, (che, tra l’altro, riceve solo a giorni alterni essendo impegnato in due diversi quartieri della città), adesso trascorro intere mattinate vicina al telefono per trovare la linea libera e comunicare alla segretaria ciò che mi occorre; poi, in giorni e orari ben stabiliti e molto ristretti, devo recarmi sotto al balcone dello studio medico, affollato di persone lì radunate per il medesimo motivo, ed aspettare che la segretaria pronunci il mio nome e mi lanci giù le ricette, opportunamente gravate nei giorni di vento da una molletta da bucato!