Contatori intelligenti, teleassistenza, sistemi di sorveglianza, veicoli a guida autonoma, l’Internet delle Cose (IoT) fa parte delle nostre vite e non possiamo farne a meno.
Si potrebbe dire che sono una grande famiglia, i cui membri restano sempre in contatto gli uni con gli altri. Lavorano insieme, talvolta vivono insieme e si raccordano in modo che tutto funzioni e che la vita degli uomini possa svolgersi nel migliore dei modi. Sono gli oggetti “intelligenti” che, connessi ad internet, raccolgono informazioni e le utilizzano per avere determinati risultati; costituiscono, cioè, quello che viene comunemente definito “Internet of Things” (IoT), in italiano “Internet delle Cose”.
Con questo termine coniato da Kevin Ashton, ricercatore presso il Massachussets Institute of Technology, si definisce, quindi, l’insieme delle tecnologie che permettono di collegare alla rete gli oggetti cosicché questi possano monitorare, acquisire dati, trasferirli in modo da attivare specifiche azioni. In un certo senso uniscono il reale ed il virtuale. Qualche esempio? Dal frigorifero che comunica quando i cibi stanno terminando al termostato che accende il riscaldamento se la temperatura si abbassa, dai sensori che segnalano un guasto alle centraline delle luci stradali alle serrature che si aprono tramite lo smartphone.
Secondo l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, la pandemia ha incrementato l’Internet delle Cose. Basti pensare alla teleassistenza che permette di monitorare i parametri vitali dei pazienti da remoto; i veicoli a guida autonoma per effettuare consegne a domicilio senza rischiare il contagio; i sistemi di sorveglianza che controllano uffici e magazzini chiusi, attivando centrali operative e pronto intervento in caso di infrazione.
Si calcola che, alla fine del 2021, in Italia saranno più di 85 milioni gli oggetti connessi (dati Cisco Visual Networking Index), con un volume di affari che nel 2020 era stimato intorno ai 7 miliardi di euro, ed è destinato a crescere.
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