I viaggiatori sanno reagire di fronte a un pericolo e a un’emergenza? Ne riconoscono i segnali? I dati raccolti e studiati su viaggi e sicurezza dal gruppo Preply
Viaggiare, e farlo in sicurezza. È questa la condizione migliore per garantirsi un periodo di vacanza e riposo. A indagare su questo binomio è uno studio pubblicato lo scorso luglio dal gruppo Preply, piattaforma per l’apprendimento delle lingue online, che ha effettuato un sondaggio coinvolgendo persone provenienti da 27 Paesi del mondo.
Reagire a una situazione di pericolo
Lo studio, che indaga su quanto gli intervistati sappiano reagire di fronte ad un pericolo mettendosi in sicurezza, ha rilevato alcuni dati utili. Tanti intervistati hanno segnalato episodi di pericolo: il 26% degli italiani ha dichiarato di aver già subito un’aggressione in un luogo pubblico, di cui il 18% in un bar, mentre il 12% ha riferito di aver avvertito il rischio di un rapimento.
A fronte di queste circostanze, in Italia il 63% degli intervistati verifica prima di partire se la propria destinazione è sicura, e predispone condizioni di viaggio più serene. Prima della partenza, infatti, il 28% degli italiani controlla i numeri di emergenza locale e verifica i segnali e le frasi da usare in caso di violenza. Un comportamento praticato dal 48% dei viaggiatori, che posiziona l’Italia al 18esimo posto nella classifica mondiale di questo studio, dopo Germania, Francia, Spagna.
Viaggi e sicurezza: i segnali di emergenza
Per garantire la sicurezza è fondamentale conoscere i segnali di emergenza. Gesti, sigle da pronunciare, capaci di lanciare una richiesta d’aiuto rapida e comprensibile in qualunque luogo del mondo.
Il segnale più conosciuto dagli italiani è chiamare un numero di emergenza e ordinare una pizza, utilizzato dal 38% degli intervistati come metodo per segnalare un pericolo senza destare sospetti. Un altro metodo, nato negli Stati Uniti, è ordinare un Angel shot in un bar. Ordinato “liscio” si chiede al barista di accompagnare la persona alla propria macchina, “con ghiaccio” di chiamare un taxi, “con lime” di chiamare la polizia. Oppure si può utilizzare l’acronimo STAN (“Send The Authorities Now” ovvero “Manda le autorità ora”), inviandolo con un messaggio o pronunciandolo in una conversazione. Uno dei segnali meno utilizzati dagli italiani, solo l’11% lo conosce e riconosce, è “Chiedere di parlare con Angela”. Si tratta di un codice, nato a Londra, da utilizzare nei bar in caso di bisogno di aiuto. All’ultimo posto dei segnali conosciuti in Italia c’è quello di disegnare un punto nero sul palmo della mano. Un simbolo, lanciato nel 2015 nel Regno Unito, che serve a comunicare in modo silenzioso casi di violenza domestica e inviare una richiesta d’aiuto.
Percentuali che mostrano, tra gli italiani intervistati, una conoscenza limitata rispetto a questi metodi. Un dato che “sottolinea l’importanza di educare e sensibilizzare maggiormente la popolazione su queste tecniche cruciali per la sicurezza personale”, spiegano gli autori dello studio.
Il trend in salita del viaggiare da soli
L’esperienza del viaggio, però, può diventare la motivazione migliore per imparare a spostarsi in sicurezza. Condizione che non sembra limitare la voglia di viaggiare, anche da soli.
In base allo studio di Preply, in Italia il 60% degli intervistati ha viaggiato da solo almeno una volta. E tra chi ancora non l’ha fatto, il 18% dice di valutare di farlo in futuro. Mentre, tra coloro che viaggiano in compagnia non manca chi si ritaglia del tempo per svolgere attività da soli. Percentuali che collocano anche stavolta l’Italia al 18esimo posto, nella classifica stilata da Preply. Un trend in salita in tema di viaggi e sicurezza.
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