Alessandro Russo vive l’emergenza ogni giorno. Lo fa come coordinatore infermieristico della Centrale Operativa del 118 dell’ASL Romagna. Con lui abbiamo commentato i dati emersi dalla nostra indagine
Quando si parla di Pronto Soccorso spesso si pensa subito alle lunghe attese o al sovraffollamento di pazienti, ma esistono anche le storie positive di chi ha effettuato un accesso e ne è uscito con una diagnosi e magari anche una cura. Lo rileva l’indagine di 50&Più e Format Research, condotta su un campione di 1.000 persone over 50 provenienti da tutta Italia, secondo cui l’84,2% dei rispondenti ha usufruito dei servizi del Pronto Soccorso (il 53% raramente, il 28,8% talvolta e il 2,4% spesso) e giudica la propria esperienza “poco o per nulla positiva” nel 58,2% dei casi. Un discorso diverso, invece, avviene quando si tratta del servizio del 118. In questo caso, infatti, il 56,5% del campione afferma di non averne mai usufruito, mentre il 42,7% di coloro che lo hanno fatto (il 31,8% raramente, il 9,8% talvolta e il 1,1% spesso) ha giudicato l’esperienza “abbastanza o molto positiva” (rispettivamente il 41,7% e il 36,6%). Abbiamo voluto commentare i risultati dell’indagine insieme a chi, ogni giorno, vive “dall’altra parte della barricata”. Ecco il racconto di Alessandro Russo, coordinatore infermieristico della Centrale Operativa del 118 dell’ASL Romagna.
«I dati emersi dalla ricerca possono essere spiegati esaminando la differenza tra i due servizi. L’accesso al 118 viene fatto tendenzialmente per un carattere d’urgenza e viene quindi evaso velocemente. Il Pronto Soccorso, invece, si scontra con numerose problematiche. Spesso, ad esempio, viene utilizzato in maniera errata anche a causa della difficoltà di trovare risposte adeguate sul territorio. Può accadere, infatti, che non si trovino risposte alle proprie problematiche tramite il medico di base o la guardia medica e per questo ci si rechi in Pronto Soccorso per avere risposte più veloci. Questo fa sì che in Pronto Soccorso si trattino codici “a bassa intensità” – detti “verdi” e “bianchi” – che fortunatamente non sono collegati a gravi problematiche di salute, ma rischiano di rallentare il servizio. Inoltre, sono quei codici che passano in secondo piano davanti a chi magari ha un arresto cardiaco, un trauma grave o un infarto e usufruisce di percorsi delineati per le cosiddette patologie “tempo dipendenti” che hanno accesso diretto e “saltano la fila”. In questo senso, durante la pandemia – momento in cui i servizi e i medici di base erano costretti ad essere più reperibili anche telefonicamente – è emerso come gli accessi di casi giudicati con codici verdi e bianchi siano diminuiti. Questa potrebbe essere la cartina tornasole che dimostra come spesso non ci sarebbe urgenza di recarsi al Pronto Soccorso, ma lo si fa in mancanza di altro. In questo quadro, bisogna anche pensare agli operatori del Pronto Soccorso e del 118 costantemente esposti al rischio di burnout a causa dei turni intensi, dell’affluenza dei pazienti e della componente emotiva non sempre facile da gestire. I medici e gli infermieri di Pronto Soccorso sono più esposti in questo senso rispetto a quelli del 118. Questi ultimi, infatti, nonostante possano ricevere molte chiamate, gestiscono un paziente alla volta: si recano a prestare servizio, magari anche per un paio d’ore, ma finché sono su quel paziente non ne prendono in carico altri. Il Pronto Soccorso, invece, è un servizio “infinito” e porta il personale a livelli di stress maggiori. Tanto che sono sempre più frequenti i licenziamenti del personale a favore di strutture private. Questo credo sia un altro effetto della pandemia. La sanità privata ha adeguato gli stipendi dei sanitari rendendosi competitiva e, siccome la richiesta di personale durante il Covid è aumentata, molti medici e infermieri si sono licenziati per poter praticare la libera professione. Dal punto di vista organizzativo si possono studiare soluzioni che tutelino il cittadino e il personale. Per questo ci sono tante sperimentazioni in atto. In Emilia-Romagna, ad esempio, si sperimenteranno i cosiddetti CAU (Centri di Accettazione Urgenze, ndr). Si tratta di ambulatori che dovrebbero deviare i casi classificati come codici bianchi e verdi in modo da alleviare il sovraccarico del Pronto Soccorso a cui rimarrebbero “solo” i casi con codice giallo o rosso. Questi Centri avranno un personale dedicato e saranno aperti 24 ore su 24, effettuando una prima valutazione del paziente e decidendo se deviare o meno questo caso al Pronto Soccorso. Un’altra soluzione è quella che vede l’ASL di riferimento impegnata a dare soluzioni alternative a coloro che hanno un’urgenza di carattere sanitario, garantendo una continuità assistenziale. Con questo, ad esempio, si potrebbe pensare a “un’educazione” del cittadino in merito ai servizi offerti e un riassetto del ruolo della guardia medica che spesso non fa visita ai pazienti, costringendoli a recarsi al Pronto Soccorso. In ultimo, l’ennesima soluzione è quella impostata dal PNRR con l’istituzione di centrali 116117 che viaggiano parallelamente al 118. Si tratta di un numero unico europeo per l’accesso alle cure mediche non urgenti e ad altri servizi sanitari territoriali che può trasferire chiamate per prestazioni e consigli medici non urgenti; individuare e trasferire le richieste di soccorso urgente al 118; dare informazioni sulle modalità di accesso agli studi dei medici o dei pediatri in caso di difficoltà di reperimento e molto altro. Ad esempio: in base alla gravità della sintomatologia riportata dal paziente, il personale del 116117 potrebbe inviare un avviso al medico curante in modo che lo richiami il prima possibile. In questo momento, il numero è disponibile in Lombardia, nelle provincie di Novara, Alessandria, Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola, Cuneo, Asti, Torino, nella Provincia Autonoma di Trento ed è in fase di attivazione in Sardegna, Lazio e Basilicata. Questo assetto impone che ci sia un lavoro sui medici di base, sull’assistenza domiciliare e molti altri servizi del territorio impegnati nel “fare rete” per garantire, in primis, il benessere di tutti i cittadini».
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