Sono grato alla nostra Rivista per avermi dato la responsabilità di scrivere ogni mese sugli “anni possibili”, cioè sulla concretezza di quanto è possibile fare, vivere, raggiungere anche dopo che si sono passati i 50 anni.
Incomincio col dire che la barriera dei 50 anni andava bene quando è stata fondata 50&Più; oggi, infatti, il 65enne ha le capacità che allora aveva il 50enne. Quindi gli “anni possibili” che ci interessano iniziano a questa età; per quelli precedenti, i lettori non hanno certo bisogno dei consigli di Trabucchi per vivere bene! Un suggerimento di vita vale però anche per loro, come per qualsiasi altra età. La vita deve avere valore nel momento in cui si realizza, non come attesa di un futuro che apparentemente sembrerebbe agognabile; così, infatti, si perde ogni capacità di gustare il presente e di renderlo tempo significativo. L’esistenza diventa un susseguirsi senza sosta e senza pace, tra attese e nuove attese, una volta raggiunto un obiettivo. Seguendo queste modalità di trascorrere il tempo, la persona rischia di sentirsi inserita in un frullatore, che toglie ogni momento di significato e ogni speranza al tempo.
Gli “anni possibili” mettono ogni donna e ogni uomo di fronte alla capacità (e responsabilità) di rendere pieno di senso il proprio momento vitale; ciascuno vive in un mondo complesso, che determina differenze, le quali, peraltro, tendono ad essere sempre più accentuate con l’avanzare degli anni. Sono anni con possibilità diverse, per ogni persona rispetto a quelle di ogni altro. Ciascuno, quindi, deve costruirsi la propria strada: gioie, dolori, conquiste, perdite sono individuali. Ma nessuna circostanza deve impedire di guardare alle scelte di ognuno come possibilità realizzabili. E nessuno, individuo o comunità, deve esercitare violenza più o meno palese verso chi cerca di realizzarsi; purtroppo, però, sappiamo bene che spesso è difficile farlo senza incontrare invidie, conflitti, mancanze di fiducia.
Gli “anni possibili” rappresentano una conquista; sono un dono “potenziale” della Provvidenza o del fato (ognuno è libero di interpretare la vita secondo le sue credenze), dono che, però, va coltivato e fatto crescere.
Coltivare vuol dire impegnarsi con pazienza, determinazione e serenità a compiere alcuni atti che potrebbero sembrare pesanti, ma che sono destinati ad aumentare concretamente il numero degli anni possibili. Così, un’attività apparentemente normale, come muoversi, diventa un fattore importante per costruire un domani in salute. Coltivare l’attività fisica vuol dire compierla con gioia e serenità; per qualcuno ciò richiama la palestra, per altri solo l’indipendenza dall’abbinata televisione-poltrona, per altri ancora la possibilità di girare nel verde, o ancora scendere ogni giorno nelle vie più o meno ospitali attorno alla casa, per compiere le piccole incombenze di ogni giorno, a passo svelto. Coltivare l’attività fisica si esprime nel praticarla come un momento importante della vita, che va realizzato con libertà (dalla pigrizia, ma anche da costrizioni eccessive, auto imposte!). Gli “anni possibili” non possono mai essere il traguardo dopo una strada costellata di frustrazioni, condizionamenti… devono essere il risultato di percorsi sereni, anche se determinati.
Far crescere vuol dire costruire le condizioni perché gli “anni possibili” diventino ogni giorno più utili sul piano della salute e della qualità della vita. È necessario pensare alle nostre scelte come alla coltivazione di una piantina delicata, che va accompagnata con pazienza e con amore. Non ha le spine, però ha bisogno di attenzioni particolari, perché facilmente si affloscia e perde la sua bellezza; così scomparirebbe anche la capacità di indicare che la vita vince, purché la si realizzi senza dimenticanze, con delicatezza.
L’altro versante di attenzione è l’atteggiamento da adottare perché “gli anni possibili” possano continuare. Come “non è mai troppo tardi” per incominciare, ad esempio, a muoversi, così bisogna considerare gli anni conquistati in continua evoluzione, per cui è necessario adattarsi al tempo che cambia. Le capacità di compiere una certa attività fisica variano: sono diverse nel 65enne e nell’85enne. Sarebbe un errore non considerare con attenzione il cambiamento delle potenzialità, ma altrettanto negativo sarebbe considerare il tempo come il susseguirsi di perdite che impongono restrizioni, chiusure, timori, precauzioni senza fondamento. In particolare, mi soffermo sulle precauzioni eccessive, che talvolta chiediamo a noi stessi, o che altri ci impongono. Le precauzioni difficilmente sono razionali, perché dettate da paure, dal sentito dire, dall’ascolto acritico dei messaggi social. Gli “anni possibili” rischiano facilmente di diventare “impossibili” se funestati da pressioni auto imposte o imposte da altri, che portano a limitare la voglia di vivere.
Con il lettore ci incontreremo, mese dopo mese, secondo una linea che potrebbe costituire il sottotitolo degli “anni possibili”: libertà, responsabilità, coraggio, voglia di vivere.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulle demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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