Walter Vallesi.
Consulente di marketing e comunicazione aziendale per Enti pubblici e privati ad indirizzo turistico/culturale. Ideatore di progetti per la conoscenza del mare con l’integrazione dei diversamente abili. Skipper d’altura, scrittore di racconti brevi, romanzi e opere teatrali. Al Concorso 50&Più nel 2017 vince la Farfalla d’oro per la poesia e nel 2018 la Farfalla d’oro per la prosa. Vive a Porto San Giorgio (Fm).
Alle sei la sveglia ruppe il silenzio e Roberta sussultò. Era seduta da mezz’ora sulla sponda del letto con la testa tra le mani, ansiosa per le decisioni da prendere prima di affrontare la giornata. Aveva dormito poco e male, quindi spense la suoneria e si alzò per aprire la finestra. Fuori era ancora buio e il vento da maestrale prometteva solo cattivo tempo. Era da tanto che la sua vita scorreva lentamente soffocando ogni aspettativa che aveva in serbo. Come al solito avrebbe messo in ordine il piccolo appartamento ascoltando della musica classica, fatto colazione, per poi sprofondarsi sul divano munita di un evidenziatore col quale cerchiare le offerte di lavoro sul Corriere della Sera. Dal computer avrebbe inviato mail, chiamato numeri e fissato colloqui. Non lavorava da due anni, da quando cioè un’imprevista pandemia aveva stravolto le uniche certezze della sua vita. Bevve in fretta il caffè più pensierosa di sempre, spense la sigaretta e si alzò di scatto come folgorata da un’idea geniale destinata a sconfiggere quel destino crudele che si stava prendendo gioco di lei. Dall’armadio prese il trolley, il tailleur di Valentino e le scarpe. Per scaramanzia, tutto dello stesso colore rosso. Si vestì curando ogni particolare, aprì la porta e si diresse a piedi verso la stazione. Non le importava la destinazione, l’avrebbe decisa il primo Frecciarossa disponibile. Dove fosse diretto non aveva importanza perché era certa che da qualche parte l’aspettava il destino. Durante il tragitto i suoi pensieri nascondevano la difficoltà di equilibrio che aveva sui tacchi dodici. Non immaginava nemmeno che la sua andatura mettesse in risalto un ritmo ondeggiante da far girare la testa agli avventori dei bar lungo la via, stimolando le loro fantasie. Nessuno poteva credere che in quell’elegante tailleur rosso corresse per paura di perdere l’ultima occasione della sua vita. Prima della pandemia aveva girato il mondo per diffondere la produzione e la filosofia delle maggiori firme italiane dell’alta moda. Si era pagata gli studi universitari sfilando come modella e aveva soddisfatto ogni sua ambizione, ma si era anche avvelenato l’anima con ogni vanità. Più tempo passava e più i suoi valori morali venivano assorbiti dalla tentazione di godersi la vita in piena libertà, lasciando dietro di sé storie sentimentali mai chiuse. All’ingresso della stazione si fermò di scatto per indossare la mascherina e alzò gli occhi al cielo sorridendo amaramente. Con quel viaggio in treno voleva anche fuggire dagli uomini della sua vita che avevano fatto seguire la parola “amore” con “sei solo mia”, concludendo: “e non dimenticarlo mai!”. Quella mattina avrebbe ridefinito il suo destino. Voleva essere libera senza confrontarsi con nessuno. La scala mobile si pose dinanzi ai suoi pensieri per invitarla ai binari dove avrebbe potuto assestare un bel calcio nel sedere ai suoi innati compromessi: “fuggire verso la libertà”, oppure “restare incatenata alla storia”. Guardandosi intorno vide pochissimi viaggiatori. Alzò gli occhi al tabellone e lesse: “Frecciarossa partenza ore 15,53. Arrivo Parigi Gare de Lyon ore 22,25. Binario 11”. Si girò e lo vide poco distante. Quindi era proprio su quel binario che l’aspettava il suo destino presentandole il primo treno in partenza. Non aveva tempo per fare il biglietto quindi si avvicinò al capotreno in attesa dei viaggiatori all’ingresso del vagone ristorante. “Mi scusi … non ho fatto in tempo per il biglietto …”. Roberta ottenne più di quanto potesse sperare con una poltrona in prima classe dove andò a sistemarsi il trucco e poi al vagone ristorante per uno spuntino. A Parigi aveva abbandonato Jean Paul, socio in affari e amante. Erano passati due anni in cui era accaduto di tutto. Dal diffondersi della pandemia al tentativo di stupro da parte di “Lui”, fino all’abbandono di sua madre. Sul cellulare controllò la solita telefonata ricevuta il giorno del suo ultimo compleanno e quindi lo chiamò: “Bonjour je suis Jean…”. Roberta sorrise alla segreteria. “Ciao Jean. Alle 22,25 scenderò alla Gare de Lyon. Vieni a prendermi. Ho bisogno di te. Non mancare ti prego”. Di fronte a lei una voce di un uomo molto familiare le fece saltare il telefono dalle mani. “Ciao Roberta”. Da quando era scomparso misteriosamente dal mondo dell’alta moda, il suo ricordo la tormentava riportandola all’abbandono di sua madre per correre dietro a un amore folle e diabolico. “Lui” si materializzava nei momenti più bui delle decisioni importanti. Negli ultimi vent’anni era stato lo stilista numero uno della moda giovanile e le aveva fatto fare le sue prime esperienze professionali, e non solo. Dopo i primi anni di notevoli profitti economici, ma anche di torture sentimentali, Roberta aveva deciso di trasferirsi a Parigi dove conobbe Jean Paul con il quale organizzò un’agenzia di consulenza nel settore della Fashion. Nell’entourage di quel mondo erano entrambi molto stimati e ben presto “Lui” si presentò con delle proposte economiche irrinunciabili. Poi il dramma del Covid e l’attesa di un figlio da parte della compagna di Jean Paul, fecero crollare tutte le aspettative di Roberta. “Lui” sedette al suo tavolo senza chiederle il permesso e le sorrise con il fascino impeccabile dell’uomo di potere. Roberta alzò lo sguardo e impallidì mentre “Lui” estrasse un bigliettino e glielo porse. “Comprendo la tua sorpresa, ma dobbiamo parlare. Anche se viviamo su due mondi diversi io ti amo e non voglio perderti di nuovo”. Roberta era senza parole. Lesse il biglietto dove a fianco dei dati aziendali c’era un numero di cellulare scritto a penna. Quel diabolico destino tornava a prendersi gioco di lei mettendole ancora dinanzi chi pretendeva di risolverle la vita. Era sconvolta dal credere che “Lui” potesse essere veramente l’ultimo tassello utile a completare il puzzle della sua esistenza. Jean Paul non richiamava e sicuramente non avrebbe richiamato. Troppe responsabilità. Aveva già un figlio e magari una famiglia felice dove scaldarsi l’anima. “Sai bene che non ti abbandonerò mai perché ti voglio tutta per me. Ho nuovi e meravigliosi progetti. Alle 19,30 ti aspetto all’uscita della cabina numero 60”. Nel pronunciare questo numero una convulsione lo interruppe. Strabuzzò gli occhi e frettolosamente scomparve nel nulla. Il cameriere dinanzi a lei, con il caffè ancora da servire, vedendola con lo sguardo smarrito nel vuoto, pose la tazzina sul tavolo e si allontanò velocemente. Alle 19,30 Roberta aveva già fatto la sua scelta con una forte dose di pragmatismo. Il treno si era fermato alla stazione di Lyon quindi si avviò rapidamente all’ultimo vagone per la ricerca della cabina. Dinanzi alla numero 60 bussò ripetutamente, ma nessuno le aprì. Osservò il corridoio a destra e a sinistra. Le luci intermittenti e le porte delle cabine vuote che sbattevano di continuo, davano un aspetto sinistro al corridoio deserto. Intorno non c’era sentore di presenza umana. L’annuncio di partenza del treno per Parigi le fece girare lo sguardo verso l’esterno dove vide tre uomini avviarsi all’uscita. “Lui” era in mezzo a loro nel suo eccentrico abbigliamento con il cappello a falde larghe color miele, sciarpa e trolley di pelle che facevano parte di una delle sue famose collezioni per la quali lei aveva studiato ogni strategia di comunicazione di marketing. Senza distogliere lo sguardo, prese il cellulare e fece partire il numero che le aveva scritto sul bigliettino da visita: “Inesistente”. Con le mani tremanti digitò frettolosamente i numeri aziendali solitamente attivi fino a tarda ora, ma la linea cadeva di continuo. Nello stesso istante “Lui” si fermò e girò lentamente il viso per guardarla. Il suo sguardo vitreo era incorniciato da un sorriso ammaliante e tentatore mentre con un cenno della mano sinistra la invitò a raggiungerlo. Roberta era come pietrificata. Non poteva essere lo stesso uomo che aveva conosciuto in passato. Non poteva essere l’uomo maturo, a volte affascinante e a volte ripugnante, che aveva tentato di sedurla fino a plagiarla per farla completamente sua prima di scomparire. L’uomo dei suoi ricordi non aveva mai avuto uno sguardo così diabolico. In quel drammatico fermo immagine, il cellulare che aveva tra le mani cominciò a squillare. Rispose istintivamente senza leggerne la provenienza. I suoi occhi erano ipnotizzati da “Lui” che aveva cambiato espressione. “Pronto”. Rispose con voce strozzata. “Ciao Roberta, dolce mio perduto amore … sono io. Non temere. Ti aspetterò alla stazione felice di riabbracciarti e non immagini quanto …”. L’italiano di Jean Paul, corroborato dalla “erre” francese, fece tornare Roberta alla realtà come fosse atterrata con un paracadute che durante la discesa non voleva aprirsi. Mentre continuava ad ascoltare quella voce suadente al telefono, “Lui” scomparve dalla sua vista. Scrutò affannosamente tra i pochi viaggiatori fermi sul marciapiede per paura che stesse tornando indietro da lei con i soliti proponimenti. Invece niente. Improvvisamente sentì la spossatezza dovuta alla tensione che si stava affievolendo e tornò alla realtà. “Oh Jean finalmente! Poi ti racconterò la brutta storia che mi è accaduta in treno. Ho creduto di rivedere “Lui” per sviarmi al solito con le sue suggestioni. Tu credi alle visioni diaboliche che svaniscono nel nulla grazie all’esorcismo dell’amore? Ecco cosa è accaduto quando mi hai detto “non temere dolce amore mio”. Jean rimase interdetto. “Stai tranquilla Roberta …”. Lei non volle sentire altro e scoppiò a piangere. Il treno stava ripartendo per Parigi quindi decise di raggiungere il vagone ristorante per bere qualcosa di forte. Attraversò il confine tra i due vagoni e notò per la prima volta che dei nastri gialli di demarcazione svolazzavano strappati. Appena si trovò sul nuovo corridoio le apparve il capotreno che prese a rimproverarla: “Signorina mi perdoni, ma lei non dovrebbe venire da quella parte. La carrozza è riservata alle autorità Civili ed Ecclesiastiche con le loro scorte. Prima della partenza dalla stazione di Milano è stata sigillata dopo averla fatta disinfestare perché un passeggero vi era salito sfuggendo ai controlli Covid. Lo abbiamo individuato nella cabina numero 60 riservata alla Città del Vaticano. L’abbiamo trovata completamente distrutta e quello strano individuo era riverso sul pavimento con la bava alla bocca in preda alle convulsioni. Nel delirio affermava ripetutamente di dover ultimare la sua ultima missione prima che il treno arrivasse a Parigi. Durante il suo trasporto al Sacco, l’autoambulanza ha avuto un grave incidente e, nell’impatto, quel tizio si è come volatilizzato. Ci penserà la polizia. In fondo non sarà difficile trovarlo dopo aver diffuso il suo identikit. Dall’aspetto sembrava un uomo di grande potere.