È ora di smentire categoricamente chi ritiene che il femminismo “odi gli uomini” oppure sia in atto una “crisi del maschio”. È un cambiamento storico e culturale necessario, per avvicinare i generi ad una parità, purtroppo, ancora lontana
Gli uomini, nell’arco degli ultimi decenni, hanno attraversato un cambiamento figlio di mutazioni sociali e culturali intercorse nella nostra società. «Se gli uomini di oggi sono diversi da quelli di cinquant’anni fa – ci ha detto il professor Luca Salmieri, che insegna Sociologia della Cultura all’Università La Sapienza di Roma -, è per effetto del femminismo sulle donne e non del femminismo sugli uomini i quali, quando una donna si definisce “femminista convinta”, nutrono il sospetto che questa odi gli uomini. Questo è dovuto al fatto che storicamente in Italia gli uomini non hanno mai veramente capito cosa sia stato il femminismo».
Com’è oggi l’uomo in rapporto alla famiglia?
In linea di massima, più è elevato il livello di istruzione maschile e più aumenta il coinvolgimento degli uomini, in quanto padri, nelle attività di cura ed educazione dei figli e nelle attività domestiche e familiari. Non è invece così per quanto riguarda il livello di reddito, poiché il reddito maschile aumenta al crescere del coinvolgimento nelle attività retribuite e professionali. Considerando il lavoro non retribuito e quello retribuito di donne e uomini, le prime lavorano in totale un’ora e mezza in più al giorno rispetto ai secondi se si trovano in una coppia con figli. Rispetto a trent’anni fa, si registra un leggero miglioramento per quanto riguarda il coinvolgimento maschile nelle attività di cura ed educazione dei figli. Non è così invece per quanto riguarda le attività domestiche e familiari, rispetto alle quali il coinvolgimento dei padri contemporanei non è molto diverso da quello di chi è stato padre negli anni Settanta, Ottanta e Novanta.
In casa, esistono ancora ruoli e suddivisioni di compiti?
Idealmente non esiste più una suddivisione dei compiti, nel senso che c’è maggiore sostituibilità e quindi un padre normalmente è in grado di cambiare i pannolini e una madre è in grado di svolgere ruoli una volta maschili, come ad esempio ridipingere casa. Tuttavia, nella realtà, gli uomini cambiano i pannolini in casi molto estremi, le donne dipingono casa molto più facilmente. Insomma, la suddivisione dei ruoli non è più rigida come una volta e vige oggi un principio di “sostituibilità”, ma nella vita quotidiana le prassi fanno sì che i lavori domestici più duri, ripetitivi, stancanti o ad esempio, l’assistenza ad un anziano parente non autosufficiente, continuino a essere svolti preminentemente dalle donne e, soprattutto negli anni dell’infanzia e della pubertà dei figli, le madri restano di gran lunga il punto di riferimento e il perno centrale delle relazioni familiari. Questa è una caratteristica molto marcata della società italiana che non ha eguali in Europa. La vera questione è che ancora nel 2022 una italiana su due non è occupata, nonostante ormai la quota di laureate abbia abbondantemente superato quella dei laureati. Negli ultimi anni, i cambiamenti nei tempi del lavoro familiare si sono concentrati nelle coppie con donna occupata e con figli (che però diminuiscono sempre più), ovvero nelle situazioni in cui l’onerosità del carico di lavoro complessivo che ricade sulle donne è più elevata. Anche in queste situazioni più gravose, tuttavia, i mutamenti dei comportamenti maschili restano ancora molto lenti. Emergono segnali importanti per i padri con figli piccoli e che posseggono elevato titolo di studio, e per gli uomini con minor carico di ore di lavoro extradomestico e donna con titolo di studio elevato. Sono, comunque, sempre più le donne a determinare l’ulteriore lenta diminuzione dell’asimmetria di genere, realizzata attraverso tagli al tempo dedicato al lavoro domestico: in altre parole, le donne occupate full-time in posizioni professionali medio-elevate e con elevata intensità di lavoro retribuito tagliano il tempo che dedicano al lavoro domestico ovvero lo delegano ad altre donne, acquistandolo sul mercato (spesso informale) e/o servendosi delle proprie madri e/o diminuendolo a priori (molto meglio il salotto impolverato che perdere un’importante riunione di lavoro).
In un suo libro di qualche anno fa, “Coppie flessibili – Progetti e vita quotidiana dei lavoratori atipici” (Il Mulino), si parla di come le trasformazioni economiche e sociali abbiano modificato i percorsi della realizzazione professionale, della vita di coppia, dell’esperienza di genitore. È gravoso assumere responsabilità quando l’ordine temporale di riferimento è limitato al breve periodo e le risorse economiche sono esigue. Come vivono gli uomini questa perdita di capacità di progettare la propria vita e di conseguenza di prospettiva?
Si tratta di un cambiamento generazionale. Pertanto, gli uomini che oggi hanno tra i 30 e i 40 anni e che mettono su famiglia in modo graduale e lento, avvertono la perdita di potere progettuale rispetto ai loro padri e ai loro nonni. La perdita di prospettiva è, appunto, un cambiamento generazionale: riguarda tanto gli uomini che le donne che, negli ultimi tre decenni, si sono trovati a diventare adulti nel mezzo di una trasformazione economica e sociale che ha reso tutto più precario e di breve termine. Per tale motivo, vivono in quella che è stata definita “presentificazione” del futuro.
Il movimento femminista ha inciso sul cambiamento dell’uomo?
Il movimento femminista ha inciso soprattutto sul cambiamento delle donne, rendendole libere, più consapevoli, autonome, indipendenti, motivate e facendo sì che oggi siano scontate per le ragazze tutta una serie di cose che cinquanta anni fa non lo erano affatto. Se gli uomini di oggi sono diversi da quelli di 50 anni fa, è per l’effetto del femminismo sulle donne e non del femminismo sugli uomini, i quali, quando una donna si definisce “femminista convinta”, nutrono il sospetto che questa odi gli uomini. Questo è dovuto al fatto che storicamente in Italia gli uomini non hanno mai veramente capito cosa sia stato il femminismo: lo hanno sempre concepito come qualcosa che riguardasse soltanto le donne, quando invece riguardava e riguarda i rapporti di genere. Se non si conosce a fondo un fenomeno – in parte si è giustificati perché non lo si è vissuto in prima persona -, questo fenomeno non potrà certo cambiarti. E infatti, rispetto a cinquanta anni fa, gli uomini sono diversi solo per alcuni aspetti: hanno un atteggiamento paritario nell’ambito lavorativo e nelle relazioni sentimentali, ma non nei ruoli familiari. Inoltre, non dimentichiamo che la violenza maschile nei confronti delle donne, sia simbolica che fisica, è ancora altissima, soprattutto nel nostro Paese e tantissimo in ambito familiare. Per molti uomini, le donne continuano a essere percepite, almeno a livello inconscio, come un oggetto di proprietà, anche quando pubblicamente e sinceramente si è disposti ad ammettere che uomini e donne hanno pari diritti e pari doveri.
Per taluni commentatori, l’uomo oggi sarebbe in crisi di identità. Per dirla in maniera sintetica: la forza e l’autonomia delle donne sarebbero all’origine di questa crisi. Cosa ne pensa?
L’identità non è qualcosa di definito una volta e per sempre. L’identità è la continua ridefinizione di se stessi nel rapporto con gli altri. Senza l’altro l’identità non può esistere. Inoltre, l’identità è sempre un superamento di una crisi, poiché è la risposta alla domanda “Io chi sono?”, che sorge appunto a fronte di una crisi, nel suo senso positivo e costruttivo. In un rapporto di coppia felice questa domanda viene continuamente posta all’altro, il quale/la quale a sua volta ce la pone. Non è una domanda diretta, ma è l’energia latente di ogni rapporto duraturo. Si ama l’altro perché è in grado di dirci chi siamo. Gli uomini che sanno riconoscere nella propria partner una soggettività piena e che sono sempre disponibili a discernere l’identità di una donna non avranno mai problemi di fronte all’emancipazione femminile, semplicemente perché non hanno paura di chiedersi “io chi sono?”. Detto questo, tutti coloro che parlano di crisi del maschio in realtà nascondono ipocritamente il desiderio personale di tornare ad avere il massimo potere sulle donne.
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