La formula della dieta della longevità è facile da imparare. In fondo c’è una sola regola da rispettare prima di riempirsi il piatto: “Meno, molto meno”. Che per qualcuno vuol dire anche dimezzare le dosi a cui era abituato. Nella maggior parte dei casi significa invece rinunciare al 25-30% dell’apporto calorico tradizionale.
Il termine usato dai nutrizionisti è “restrizione calorica”, un regime alimentare molto rigido che consiste in estrema sintesi nel nutrirsi senza saziarsi. Questo tipo di alimentazione riduce i livelli dell’infiammazione nel corpo, allontana lo sviluppo di malattie associate all’invecchiamento e allunga la vita.
Il sacrificio richiesto è quello di alzarsi da tavola quando ancora si ha un po’ di fame. Ma la ricompensa è allettante: anni di vita in più in buona salute.
Ora, però, verificare i vantaggi diretti della restrizione calorica sugli esseri umani non è un’impresa semplice. Perché bisognerebbe monitorare la salute dei partecipanti per molti anni.
La maggior parte delle ricerche si è infatti limitata a raccogliere indicazioni indirette dei benefici del regime alimentare ipocalorico, come la riduzione del colesterolo, della glicemia, della pressione arteriosa, dell’infiammazione. Tutti parametri indicativi di un miglioramento della salute e quindi di una maggiore longevità.
Potrebbe sembrare strano, ma altrettanto significativi sono gli studi sugli animali perché oramai gli scienziati hanno individuato alcune caratteristiche biologiche che i topi di laboratorio hanno in comune con gli esseri umani. Ed è proprio per questo che un recente studio pubblicato sulla rivista Cell, condotto sui topi, ha suscitato tanto interesse.
I ricercatori sono riusciti ad osservare per la prima volta i cambiamenti provocati dalla restrizione calorica a livello cellulare negli animali, dimostrando che mangiando poco le cellule si “ringiovaniscono”, o meglio rallentano l’invecchiamento.
I ricercatori hanno diviso i topi utilizzati per l’esperimento in due gruppi: i membri del primo gruppo sono stati nutriti con un regime alimentare ridotto del 30% rispetto alla abituale dieta, mentre gli altri sono stati alimentati con le tradizionali quantità.
Tutti gli animali hanno seguito i rispettivi regimi alimentari dai 18 mesi di età ai 27 mesi. Parlando di esseri umani è come se una persona seguisse un regime calorico restrittivo dai 50 ai 70 anni di età.
Gli scienziati hanno analizzato più di 168mila cellule di 40 tipi differenti in 56 topi. Si trattava di cellule del tessuto adiposo, del fegato, dei reni, dell’aorta, della pelle, del midollo osseo, del cervello e dei muscoli.
L’obiettivo dell’indagine era scoprire le differenze tra le cellule dei topi in regime di restrizione calorica e quelle degli altri. Ebbene, il 57% dei cambiamenti associati all’età riscontrati nelle cellule dei topi che avevano seguito la dieta normale non erano presenti nelle cellule degli animali messi a dieta restrittiva. E in molte cellule dei topi in regime ipocalorico non è stata osservata la risposta infiammatoria legata all’invecchiamento che era presente nelle cellule dell’altro gruppo di animali. È come se la restrizione calorica reprimesse il processo infiammatorio legato all’avanzare dell’età.
I ricercatori hanno anche misurato il livello di attività di alcuni geni specifici legati all’invecchiamento scoprendo che la restrizione calorica limitava l’attività di questi geni mantenendo i tessuti giovani più a lungo.
«La scoperta principale in questo studio è che l’aumento della risposta infiammatoria associata all’invecchiamento potrebbe essere sistematicamente repressa dalla restrizione calorica», affermano i ricercatori.
Insomma, forse è più facile a dirsi che a farsi, ma l’elisir di lunga vita sembra proprio essere un piatto semi-vuoto.
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