L’insegnamento universitario in Italia è over 50: i dati raccolti dal Ministero dell’Università e della Ricerca fotografano un settore occupazionale dove i giovani sono una netta minoranza.
Negli atenei statali, nonostante gli ultimi cinque anni di piani straordinari per le assunzioni, i professori associati hanno in media 52 anni, mentre gli ordinari 58. Ad abbassare la media complessiva del personale docente sono gli assegnisti di ricerca con 34 anni, ma questa figura professionale è destinata a scomparire per effetto del Dl 36/2022 entro il prossimo 31 luglio. Con il 56,4% dei docenti over 50, l’Italia rappresenta un caso unico nell’Unione Europea, dove la maggioranza dei docenti nelle università ha un’età inferiore ai 40 anni, con una buona percentuale di trentenni, e non superiore ai 50 con una quota di over 30 praticamente irrisoria.
Differenze tra una facoltà e l’altra
Nel 2022 l’età media fra il personale docente delle nostre università era di 53 anni per gli ordinari e di 48 per gli associati, con alcune differenze rispetto all’area scientifico-disciplinare di appartenenza. Nelle facoltà di Scienze biologiche, ad esempio, è stata rilevata un’età media dei professori superiore a quella nazionale (50 anni), come pure in Scienze mediche (51). Gli insegnanti più giovani si trovano nelle facoltà di Scienze matematiche e informatiche (46 anni), Ingegneria industriale e dell’informazione (47 anni) e Scienze economiche e statistiche (47 anni).
L’aumento del personale docente
Nell’anno accademico 2022/2023 l’intero personale universitario è cresciuto del 2,4%, contro l’1,4% del 2021/2022, e quello docente è aumentato del 5,5% rispetto all’anno precedente. In particolare, è cresciuta del 13% la presenza dei ricercatori a tempo determinato, che sono passati dal 59% al 72%. Negli ultimi due anni, invece, i professori ordinari sono aumentati del 5% e gli associati di quasi il 63%.
Il gender gap che persiste
Oltre alla preponderanza di over 50 nell’università, un altro elemento che caratterizza il settore è lo squilibrio di genere. Ad evidenziarlo è l’ultimo Rapporto dell’Anvur, Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema universitario e della ricerca. Fra il 2012 e il 2022 appare particolarmente evidente la prevalenza degli uomini rispetto alle donne tra i professori ordinari e associati. Nel corso del decennio, le donne passano dal 20,9% al 27% fra le docenti ordinarie, e dal 34,9% al 42,3% fra le docenti associate. Le ricercatrici a tempo determinato passano dal 43,1% al 44,1%.
Considerando le diverse aree di insegnamento, l’aumento della popolazione femminile risulta più consistente in Scienze chimiche (+15,4%), Scienze agrarie e veterinarie (+10,1%) fra i professori ordinari. Per la categoria degli associati, l’aumento maggiore si riscontra nell’area di Ingegneria civile e architettura (+14,3%), e Scienze mediche (+12,5%). Le donne risultano invece in calo nelle facoltà di Scienze matematiche e informatiche.
Dai numeri è facile desumere che la percentuale di donne rispetto agli uomini si abbassa al crescere dei livelli di carriera. Il fenomeno che anche il Rapporto Anvur descrive come “glass ceiling”, ossia “tetto di cristallo”, è evidente anche in ambiente accademico e si configura come un insieme di barriere socio-culturali che ancora oggi continuano a pregiudicare una piena parità professionale.
(Foto apertura: Paolo Bona/Shutterstock.com)
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