Tornare ad interessarsi di arte, letteratura, musica e tanto altro. Queste università sono luoghi ideali per mantenere attiva l’attenzione. A patto di abbattere pregiudizi e pigrizia
Recentemente ho tenuto una lezione in una università per anziani, una di quelle fondate da tanto tempo e tuttora di grande vivacità e utilità sociale. In questa occasione ho avuto modo di ritornare a pensare quanto il modello di lavoro di queste istituzioni sia importante per tante persone anziane, in grado di migliorare, attraverso la cultura, la qualità della propria vita.
Di seguito alcune precisazioni, perché le università per anziani possano davvero rappresentare modalità importanti per permettere a tutti di rendere sempre più “possibili” i propri anni, a qualsiasi età.
Le università per anziani sono aperte a tutti; nessuno deve considerarsi inadeguato. Basta avere interesse per un determinato argomento e quindi avere la voglia di impiegare il proprio tempo per imparare. Questo punto è particolarmente importante: nessuno deve considerarsi inadeguato per ricevere gli stimoli indotti da una migliore cultura. In questa logica uno degli scopi principali delle università per anziani è quello di mantenere attiva l’attenzione, la memoria e, in generale, l’interesse per gli eventi del mondo. Nessuno deve temere di avvicinarsi a questa realtà e tutti ne possono trarre grande vantaggio; in molti casi si arriva fino ad aumentare la durata della vita!
Un aspetto importante è la capacità delle università per anziani di “mediare”, cioè di elaborare, insieme con i partecipanti, gli eventi della comunità, evitando la solitudine culturale e pratica che il dominio dei social ha imposto a molte persone. I tradizionali veicoli della mediazione sono in crisi e le persone anziane sono disorientate; ne consegue un disagio più o meno conscio, che provoca ansia e che, troppo spesso, induce alla solitudine. Come interpretare i fenomeni del nostro tempo, quali la crisi demografica e della famiglia, la crisi delle ideologie e dell’ideale religioso, le tensioni sociali, il predominio della tecnologia, le guerre, la crisi dei sistemi di welfare? Le università per anziani in questa prospettiva hanno un grande ruolo: rendono comprensibili gli eventi e, insieme con i partecipanti, concorrono a creare un’opinione utile per “leggere” il nostro tempo, spesso oscuro o ritenuto così nemico da non meritare attenzione.
Le conoscenze trasmesse sono importanti anche sul piano concreto, perché aiutano ad affrontare i piccoli, grandi problemi di ogni giorno.
Le università per anziani hanno anche il compito di educare la persona alla bellezza, a capire che l’arte permette di migliorare la vita; così, nostri concittadini che probabilmente non hanno mai visitato un museo o partecipato ad uno spettacolo teatrale sono indotti ad apprezzare le varie forme di arte, ricevendone uno stimolo verso la serenità. Nessuno è mai così vecchio per non apprezzare una tela del Cinquecento, un pezzo di musica classica o moderna, un passaggio del teatro di Shakespeare. Ovviamente l’insegnamento comunica allo studente le linee interpretative, la collocazione storica, il significato attuale di quanto presentato; l’anziano studente deve però far crescere autonomamente la sua personale capacità critica e aumentare l’interesse, per ampliare la propria attenzione verso l’arte e quello che significa nel nostro tempo.
Per accedere alle università non è necessario disporre di una specifica cultura, ma solo della disponibilità ad apprendere. Si devono, a questo fine, superare possibili ostacoli psicologici; alcuni ritengono di non essere intellettualmente adeguati, altri di non potersi interessare di argomenti mai frequentati negli anni della vita precedente. Quasi mai è una condizione oggettiva, ma imposta dalle abitudini, dalle critiche dei coetanei, talvolta anche da una certa pigrizia mentale. Ma non è mai troppo tardi per liberarsi di questi pregiudizi e iniziare! A tal fine è necessario compiere il primo passo, anche se può sembrare un salto nel buio; è, invece, l’ennesimo ingresso in un “anno possibile”.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulla demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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