L’impegno, la fatica e il disagio spesso segnano la vita di coloro che, ogni giorno, assistono con dedizione un proprio congiunto. 50&Più, in collaborazione con l’Istituto di ricerca Format Research, fa il punto sulla situazione dei caregiver over50 nel nostro Paese
Agnese si guarda allo specchio. Non lo fa da mesi o forse da anni, non ricorda più. È vero, quando la mattina si pettina o si veste si mette davanti ad uno specchio, ma il problema è che quei gesti non sono assecondati dal cervello, troppo impegnato a dirimere i tanti pensieri. Oggi, invece, mentre si raccoglie i capelli nel solito chignon, improvvisamente Agnese “ricambia lo sguardo della donna che le sta di fronte” e si accorge che quel volto quasi non lo riconosce più. Tante rughe solcano la sua fronte e gli angoli della bocca, mentre striature bianche attraversano le ciocche dei capelli un po’ arruffati e di un colorito spento. Spento come lo sguardo nei suoi occhi. Sono passati troppi anni da quando Giorgio ha iniziato ad accusare i sintomi di quella malattia così silente e insidiosa. «Una giornata no può capitare a tutti – le dicevano i medici -. Lavorare tanto può causare stress». Eppure, lei aveva capito che gli sbalzi d’umore di Giorgio non erano normali. Lui passava periodi sempre più lunghi in cui diventava ogni volta più cupo. Non aveva voglia di uscire, di leggere, perdeva interesse per ogni cosa, persino per il cibo, e se ne stava chiuso in camera al buio, con gli occhi chiusi, a piangere sommessamente. Poi, all’improvviso, quell’apatia finiva e pian piano tornava a diventare il Giorgio di sempre: allegro, divertente, attivo… Tanto attivo, troppo attivo. La depressione lasciava il posto ad una vivacità incontrollabile: la notte non dormiva, scriveva, disegnava, spostava mobili e suppellettili; di giorno chiamava al telefono amici e parenti incurante dei loro impegni, oppure usciva e camminava senza sosta per ore e ore. Una volta si era persino lasciato penzolare dal lampadario, perché, diceva, «lui era come Tarzan». “Disturbo bipolare”, diagnosticarono poi i medici. E così la vita di Agnese si è inesorabilmente trasformata. Sono più di vent’anni che lei vive in simbiosi con lui e non lo abbandona mai; si prende una boccata di ossigeno soltanto quando Giorgio viene ricoverato in una clinica privata, dove cercano di stabilizzarlo. Lei, che è una donna d’altri tempi, pronta a sacrificarsi per il bene della famiglia, sa che la malattia mentale non ha minato solo la testa di lui ma sta scavando lentamente anche nella sua. Guarda Giorgio attraverso lo stesso specchio in cui guarda se stessa: lui dorme sprofondato nella poltrona. Sembra un bambino, il suo bambino di settant’anni, che lei curerà, come promesso, “finché morte non li separi”.
Agnese appartiene all’enorme schiera di caregiver che dedicano parte della propria vita alla cura di un famigliare con disabilità anche grave, a quell’esercito di invisibili che conta tra le proprie fila circa 8,5 milioni di persone, il 17,4% della popolazione. La maggior parte dei caregiver sono donne e il 40% di esse rientra nella fascia degli over50.
Il 60% dei caregiver non ha un lavoro o ha dovuto rinunciare a quello che svolgeva, e non potrebbe essere altrimenti, considerando che spesso essi si occupano della persona disabile – che può essere un genitore, un coniuge, un figlio, un fratello o una sorella – a tempo pieno, ovvero 24 ore su 24. E, c’è da sottolinearlo, se ne occupano gratuitamente.
50&Più, ha voluto approfondire la conoscenza di quel 40% di caregiver ultracinquantenni, il loro tipo di impegno e la dedizione verso i propri cari fragili, e per farlo si è avvalsa della collaborazione dell’Istituto di ricerca Format Research. L’indagine è stata svolta su un campione statisticamente rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 50 anni, stratificato per genere (maschio, femmina), classe di età (50-64 anni, 65-74 anni, oltre 75 anni), macroarea geografica (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole).
Lo studio di Format Research ha confermato che una cospicua fascia della popolazione ultracinquantenne (circa il 39,5% degli intervistati) veste i panni del caregiver, seppur con diverse modalità. Infatti, alla domanda: Si prende cura di un familiare fragile o anziano? il 26,5% degli intervistati ha dichiarato che lo fa regolarmente, mentre il 13,0% lo fa ogni tanto; c’è comunque un 37,4% degli over 50 che non si occupa personalmente dell’assistenza del congiunto fragile, mentre il 23,1% non ha familiari che necessitano di attenzioni particolari.
Un impegno che, quando c’è, cambia la routine quotidiana del caregiver, soprattutto se l’assistito vive in un’altra abitazione. E ciò avviene in una buona percentuale di casi. Infatti, alla domanda La persona di cui si prende cura, dove vive? il 58,1%% degli intervistati afferma che il familiare fragile vive in un’altra abitazione, il 38,8% dice che è convivente, mentre il 3,1% sostiene che il congiunto si trova in una casa di cura o di riposo (Figura 1). Il dato interessante rilevato dalla ricerca è che il 40,4% degli assistiti conviventi con il caregiver sono uomini con un’età superiore ai 74 anni, residenti principalmente nel Nord-Est (43,6%), mentre chi necessita di assistenza ma risiede in un’altra abitazione rispetto al caregiver è donna (59,0%), ha un’età compresa tra i 50 e i 64 anni (63,0%) e vive nel Centro Italia (65,7%).
I caregiver, secondo dati Istat, svolgono il loro compito un minimo di 20 ore a settimana, e solitamente hanno diverse mansioni: dall’assistenza del malato con somministrazione di farmaci al rapporto con il medico curante; dalla cura dell’igiene del disabile alla preparazione dei suoi pasti. Un impegno, quindi, su più fronti. E i caregiver over 50 quali attività svolgono in prevalenza?
Alla domanda In che modo si prende cura di un familiare fragile o anziano? il 62,9% ha dichiarato di svolgere delle commissioni per aiutare il congiunto nella vita quotidiana; il 57,9%, si occupa delle problematiche sanitarie; il 52,5% offre un sostegno morale; il 45,7% lo assiste nel rapporto con il medico; il 28,8% si occupa dell’assistenza domiciliare; il 26,0% si occupa dell’igiene personale del congiunto e dei suoi bisogni primari come l’alimentazione, mentre il 14,2% offre un sostegno economico in modo da aiutare fattivamente il proprio caro (Figura 2).
Un impegno spesso giocato su più fronti, dunque, che richiede un grande impegno. E nello svolgere questi compiti, i caregiver ultracinquantenni si fanno aiutare? Alla domanda Riceve un supporto esterno nelle attività di cura al familiare anziano e/o fragile (servizi sociali del comune, asl, servizi privati, ecc.)? il 37,8% degli intervistati afferma di non ricevere alcun supporto e di svolgere i compiti da solo; generalmente questi caregiver sono donne (il 39,4%) e risiedono nell’Italia centrale e Meridionale, rispettivamente per il 43,4% e il 42,5%. C’è invece un 33,2% degli intervistati che si fa aiutare da un altro familiare, mentre il 29,0% riceve un aiuto esterno (Figura 3).
Non sempre, però, gli aiuti ricevuti sono considerati validi: una buona fetta degli intervistati (il 22,7%) li considera negativamente, mentre il 38,3% li giudica in maniera positiva. Nello specifico il 9,6% degli intervistati considera il supporto esterno del tutto insufficiente; il 13,1% insufficiente; il 39% sufficiente ed, infine, il 33,6% adeguato (Figura 4).
Un impegno costante, abbiamo detto, quello del caregiver, che spesso mette alla prova la tenuta della famiglia e la resistenza psico-fisica dello stesso assistente, costretto spesso a barcamenarsi tra cure, lavoro e vita familiare. Alla domanda Riesce a conciliare la sua vita con i bisogni della persona anziana e/o fragile di cui si prende cura? i caregiver over 50 hanno, comunque, dimostrato di avere “una marcia in più” rispetto agli assistenti familiari che appartengono ad altre classi di età. Quasi la metà del campione intervistato (47,1%) ha risposto che riesce a conciliare totalmente la propria vita con i bisogni del familiare a cui fornisce aiuto, mentre il 48,7% ci riesce con alcune difficoltà. Solo il 4,2% non ci riesce (Figura 5). E a conciliare del tutto assistenza e vita sono soprattutto gli uomini (51,7%) con un’età superiore ai 74 anni, che vivono nell’Italia settentrionale. Chi ritiene di avere delle difficoltà sono soprattutto le donne (51,9%), che vivono al Centro e Sud Italia.
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