Quello del pastore non è un mestiere da giovani, né “high tech” e non è neppure il classico lavoro che si sogna di fare da grandi. In Lombardia, invece, è stata recentemente approvata una legge che intende valorizzarlo.
Presto i giovani che vorranno avvicinarsi al mestiere del pastore avranno la possibilità di intraprendere dei tirocini formativi nelle aziende lombarde del settore. Il provvedimento, che in Regione ha già visto l’unanimità in commissione, dovrebbe approdare oggi in Consiglio.
Un mestiere da valorizzare
L’obiettivo è quello di valorizzare il mondo dei pastori, i loro aspetti culturali, dando il via a convegni, ricerche e possibili programmi di formazione. Verranno stanziati 300mila euro.
Fra gli scopi da raggiungere anche quello di valorizzare i prati stabili (sono quelli in pianura) e gli alpeggi (quelli in montagna), sostenendo i comuni che li ospitano e creando un’anagrafe regionale. Ma in cantiere c’è anche l’idea di creare una giornata regionale del “pastoralismo” e della transumanza, che si terrà a settembre in base al rientro dagli alpeggi.
Michele Corti, professore dell’Università di Milano, ha posto l’accento sui dati: “Nell’ultimo censimento degli alpeggi lombardi, su 669 alpeggi, 461 lavoravano il latte”. Un dato, questo, che oggi si è dimezzato, con la grave conseguenza di perdita di produzioni tipiche pregiate. “Nel 2001 – prosegue Corti – erano alpeggiati 37mila bovini, per lo più vacche da latte. Oggi prevalgono i bovini asciutti…”.
Ma qual è la vita di un pastore?
Quali sono le prerogative di questo mestiere? Lo abbiamo chiesto a Franco Galbusera, di professione agricoltore, mentre si apprestava con il suo gregge ad attraversare la città di Lecco, per raggiungere il Grignone. È la vetta più alta del gruppo delle Grigne, a cavallo tra il Lago di Como e la Valsassina.
Franco Galbusera fa questo mestiere da oltre trent’anni. “È duro – racconta – devi stare per mesi lontano dalla tua famiglia, perché ti sposti in maniera itinerante, con la roulotte, alla ricerca di luoghi dove gli ovini possano mangiare”. Eppure se potesse scegliere, rifarebbe la stessa strada. Anche suo figlio Andrea fa lo stesso mestiere. In tasca un diploma di geometra, ma poi ha scelto di ricalcare le orme di famiglia. Insieme, Franco e Andrea, hanno oltre tremila pecore. “Prima i miei nonni vendevano tanta lana, ora invece la lana non la vuole più nessuno. Non produciamo neanche formaggi, ma solo carne. Sono tante spese, ci vuole passione per fare questo lavoro”.
Ogni anno, prima dell’estate e alla fine, il gregge di Franco si sposta per decine e decine di chilometri, per raggiungere gli Alpeggi della Valsassina o, al contrario, i campi della Brianza. Ogni volta le sue pecore attraversano la città di Lecco, per la gioia di grandi e piccini, proprio come è possibile vedere nel contributo video sottostante.
Essere pastori oggi nella video-intervista a Franco Galbusera
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