Da più di tre anni, a Camaiore, comune in provincia di lucca, ha preso il via un progetto inedito: “una nonna per amica”. Una decina di signore, infatti, hanno deciso di offrire la loro esperienza in aiuto di alcune famiglie bisognose, dando loro una mano nella gestione dei figli. L’idea è di Simonetta Stefanini, 62 anni, e tutto parte dal suo impegno pluridecennale nel mondo del volontariato, al fianco del marito Nilo Matturgini. «Eravamo vicino a famiglie in difficoltà, aiutavamo i minori con il doposcuola grazie anche all’oratorio. E così ascoltavamo le loro storie. C’erano mamme in difficoltà economica, donne rimaste sole dopo aver subito violenza da parte dei loro mariti, oppure padri spariti che lasciavano moglie e figli senza un soldo. Ricevevamo tante richieste di aiuto, molti dicevano di aver bisogno di una nonna, io raccoglievo tutte le loro grida, e volevo fare qualcosa di concreto».
Certo, a livello personale Simonetta avrebbe potuto aiutare una, due donne, ma non era questo lo scopo. Voleva fare qualcosa che sarebbe restato nel tempo, dare vita ad un progetto che avrebbe potuto aiutare molte persone. E, come spesso succede, guardare “al di là” di casa nostra ci aiuta a cambiare prospettiva.
«Durante un viaggio in Germania, dove vive mio figlio – racconta Simonetta – ho conosciuto una coppia di Viareggio in dolce attesa. Erano soli lì, ho chiesto come avrebbero fatto una volta nato il bambino, e mi hanno parlato del servizio “Una nonna in affitto”. Alcune donne si erano rese disponibili e, attraverso un’associazione e in cambio di un piccolo contributo, davano una mano alle mamme in difficoltà».
Quell’idea subito entusiasma Simonetta, che inizia a documentarsi su Internet. Scopre così che questo tipo di progetto è nato negli Stati Uniti con la grande recessione economica del 2007. «Molte donne avevano perso il lavoro e si erano organizzate fornendo questo tipo di servizio», spiega. Esperienze analoghe si trovavano anche a Parigi e a Monaco. Ma non in Italia. «Ho pensato che potevamo mettere su un’iniziativa simile, cercare le nonne che avevano del tempo a disposizione, e fornire un servizio gratuito, per andare incontro alle mamme che non potevano permettersi una babysitter».
Simonetta illustra la sua idea ad Elisa Iannazzone, assistente sociale del Comune di Camaiore, che ne è entusiasta. Si mettono subito a lavoro, ed ecco che il progetto prende vita. Simonetta e una sua amica sono le prime nonne a disposizione. Serve un nome per il progetto: «“Nonne in affitto” non ci piaceva, così abbiamo optato per “Una nonna per amica”», racconta.
Da tre anni, ormai, questa iniziativa è a disposizione dei cittadini di Camaiore, ed è un successo.
«In collaborazione con le assistenti sociali abbiamo creato una banca dati, dove c’è una lista di famiglie e una lista di nonne disponibili. Sono una trentina i bambini che usufruiscono del servizio, si sono creati dei legami molto forti e speciali, è bellissimo», racconta orgogliosa Simonetta.
Le nonne volontarie hanno tra i cinquanta e i settant’anni: «I figli ormai sono grandi, ed è un’età che non entra in conflitto con quella della mamma; è importante anche per i bambini stessi, che in questo modo possono avere dei punti di riferimento che non si sovrappongono».
L’esperienza, inoltre, fa la differenza. «Tutte noi siamo state delle madri, per questo possiamo dare dei consigli. Siamo donne mature, se abbiamo scelto di prestarci a questo servizio di volontariato è perché abbiamo delle solide motivazioni. Il nostro è un gesto d’amore. Le famiglie ci prendono molto in considerazione, si fidano di noi, si confidano con noi, ed anche con i bambini il rapporto si consolida settimana dopo settimana. Il legame diventa sempre più profondo. Sappiamo che loro attendono, con ansia, il fatidico giorno in cui devono trascorrere il pomeriggio con la “nonna per amica”».
Quali sono le attività che si fanno di solito insieme?
Non c’è una routine definita a tavolino, veniamo incontro alle esigenze dei ragazzi. Sicuramente diamo una mano importante con i compiti, quindi quando ci vediamo c’è sempre il momento di aiuto allo studio. E poi organizziamo anche delle attività parallele: c’è la merenda, la passeggiata ai giardinetti, in estate andiamo anche al mare. Questi bambini devono diventare grandi, e noi vogliamo aiutarli in questo percorso, per far sì che nessuno rimanga indietro, e che abbiano tutti gli strumenti necessari per vivere in questa società. Purtroppo, a causa dell’emergenza del Coronavirus, le nostre attività in presenza si sono fermate per vari mesi, ma siamo sempre rimasti in contatto con i nostri bambini attraverso telefonate e videochiamate. Era importante per loro sapere che non erano soli, che c’era qualcuno su cui potevano contare. E noi eravamo lì.
Nonne… ma anche nonni al fianco delle famiglie
E sebbene il nome del progetto sia declinato al femminile, molte nonne sono affiancate, in questa attività, dai loro mariti. «Facciamo tutto in coppia – racconta Simonetta sorridendo – e gli uomini assolvono benissimo il loro lavoro da nonni». Lei e Nilo, ad esempio, si prendono cura di un bambino di dieci anni che vive a Camaiore con la sola madre. Una famiglia dal vissuto complicato, e priva di alcuna rete familiare. Nilo e Simonetta lo ospitano in casa nei pomeriggi e nelle sere in cui la madre lavora, lo accompagnano a praticare attività sportive e lo hanno inserito in varie esperienze di socializzazione. Sono diventati un punto di riferimento per questo bambino, colmando un vuoto affettivo ed allontanando lo spettro dell’isolamento e della solitudine.
Genitori e nonni: i coniugi Matturgini
Quando si sono sposati lei aveva 17 anni, lui 23. Nilo e Simonetta, insieme, hanno affrontato un percorso tortuoso e doloroso: «Abbiamo una figlia disabile, Francesca, che oggi è una bellissima donna di 42 anni. All’epoca, però, non è stato facile. La disabilità era vista come un tabù e venivamo sempre isolati – racconta Simonetta -. Ricordo le mamme che, all’uscita di scuola, si organizzavano per le attività pomeridiane, e Francesca non veniva mai invitata. Abbiamo sofferto molto».
Dopo nove anni, però, qualcosa cambia: «È nato Nicola, abbiamo deciso di riprovarci, nonostante fossimo molto spaventati», confida questa mamma. Pian piano, grazie a Nicola, le cose migliorano. «Quando ha iniziato a frequentare la scuola veniva invitato alle feste, e portavamo anche Francesca; così, piano piano, abbiamo iniziato a risentirci parte della società».
C’è un aneddoto che Simonetta racconta su Nicola: «Aveva 6 anni, giocava con i pupazzetti, li sistemava tutti sulle scale e ne lasciava uno in disparte. Un giorno mi disse: «Mamma, io da grande vorrei diventare uno di quei dottori con la vestaglia bianca che curano le persone; mi piacerebbe trovare una medicina per curare tutti i bambini”. E così ha fatto: Nicola oggi ha 33 anni, vive a Monaco ed è un ricercatore specializzato in neuroscienze. Da quattro anni è diventato anche papà».
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