Camminare è un’attività fisica tanto semplice quanto benefica. Per mantenersi in salute sono sufficienti 10mila passi al giorno, purché eseguiti con un’andatura sostenuta. La mente ringrazia. E anche il corpo
Prendiamo una tipica giornata “no”. Non si trova un parcheggio neanche a pagarlo e ci si deve accontentare di un posto a un chilometro di distanza dalla destinazione. Poi, ci si incammina verso la meta, si sbaglia strada e si allunga di un bel po’ il tragitto previsto. Infine, si arriva all’appuntamento e si scopre che bisogna salire al quarto piano e che l’ascensore è rotto. Siamo proprio sicuri di poter dire che è andato tutto storto? Strano a credersi, ma ci sono buone ragioni per considerare tutti quei contrattempi una gran fortuna. Addirittura sarebbe bene che capitassero più spesso. Perché se così fosse, la salute ne guadagnerebbe. Tutta quella serie di (s)fortunati eventi, infatti, costringe a fare quello che oramai da tempo i medici prescrivono come se fosse una medicina: camminare. Un gesto semplice che fa bene non solo al corpo ma anche al cervello.
Da una sperimentazione condotta su un gruppo di 48 persone over 55 con lieve decadimento cognitivo, pubblicata sul Journal of Alzheimer’s Disease, è emerso che le persone che avevano camminato con costanza e a passo sostenuto per un anno avevano punteggi migliori nei test sulle performance cognitive (memoria, capacità di ragionamento, concentrazione ecc…) rispetto a chi aveva seguito un programma di stretching. I ricercatori ipotizzano che l’impatto positivo della camminata dipenda dall’aumento del flusso sanguigno al cervello. La buona notizia è che i “camminatori” mantenevano i benefici ottenuti a lungo termine, anche dopo giorni dall’ultima camminata. Sembra infatti che l’attività motoria induca cambiamenti permanenti.
Insomma, la mens sana si ottiene passo dopo passo. Ma quanti passi servono? Ha senso contarli? È davvero necessario munirsi di app, cinturini per il fitness, smartwatch per monitorare la propria attività fisica? Abbiamo rivolto questa e altre domande alla professoressa Daniela Lucini, responsabile del Servizio Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport ed Esercizio fisico dell’Università di Milano.
Professoressa, ci tolga subito una curiosità: si è parlato tanto dell’obiettivo dei 10mila passi al giorno. È davvero utile per assicurarci un cervello in forma e gli altri benefici sulla salute?
Bisogna fare una premessa. Noi specialisti dividiamo l’attività fisica in due tipologie. La prima consiste semplicemente nella cosiddetta “riduzione della sedentarietà”. In questa categoria rientrano, per intenderci, tutte quelle attività considerate “meglio di niente”, come fare le scale invece di prendere l’ascensore, andare a spasso con il cane, ma nulla di impegnativo. La seconda comprende, invece, gli esercizi strutturati, attività di una certa durata, intensità e frequenza. La camminata può essere di entrambi i tipi. Ma per portare a casa benefici significativi va eseguita come un esercizio strutturato. Detto questo, i 10mila passi al giorno vanno bene solo se vengono effettuati a passo svelto. Dopo mezz’ora di attività bisogna sentirsi accaldati, il battito cardiaco deve accelerare fino a un livello tale in cui il fiato ci permette ancora di parlare ma non di cantare. Quindi, oltre alla quantità dei passi conta la qualità.
È chiaro: i 10mila passi accumulati facendo shopping e passando da un negozio all’altro valgono solo come riduzione della sedentarietà. Che è qualcosa, ma non basta…
Esattamente. Le linee guida consigliano di svolgere attività fisica di tipo endurance-aerobico di intensità moderata, ossia del tipo che abbiamo descritto prima, per 150-300 minuti alla settimana. Si è visto che in particolare le attività di endurance o cardio, come la camminata, la corsa, il nuoto ecc. riducono il rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche, e allontanano il declino cognitivo.
Come mai, però, la camminata è l’attività fisica più “sponsorizzata”?
È semplice, perché è quella che è più facile a farsi. Nel consigliare uno sport o un’attività fisica bisogna tener conto, oltre che dei benefici specifici, anche della fattibilità. E, soprattutto in caso di persone di una certa età, la camminata ha molti vantaggi. Non è pericolosa, può essere svolta in compagnia favorendo così la socializzazione, che ha ripercussioni positive sul benessere mentale e sull’umore, si può fare all’aperto in spazi verdi che hanno proprietà rilassanti ed è economica perché, al di là dell’investimento iniziale per un buon paio di scarpe, non richiede altre spese. Insomma, la camminata è la combinazione ideale di tanti elementi positivi e per questo viene tanto caldeggiata.
Torniamo ai vantaggi per il cervello… È vero che camminando, il cervello resta al passo?
Numerosi studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico migliora le performance lavorative e scolastiche e, in generale, le capacità cognitive. Come mai ciò accada non è stato chiarito del tutto, ci sono tanti “perché” conosciuti e molti altri da scoprire. Indubbiamente l’attività fisica induce dei cambiamenti nel cervello che migliorano a lungo termine la capacità di gestire lo stress ed evitare la depressione, due fattori di rischio per il decadimento cognitivo. Altri benefici si osservano nell’immediato. Quando sto camminando o nuotando il cervello lavora meglio.
Che consigli darebbe alle persone che vogliono iniziare a camminare?
Prima di tutto di consultare un medico esperto dell’esercizio fisico, qualcuno che faccia una visita medica più approfondita rispetto a quella che serve per il certificato medico della palestra, e che individui l’attività più indicata per la persona definendo gli obiettivi da raggiungere. E, poi, consiglio di cominciare e basta. Iniziando semplicemente a fare quel che si riesce, per poi gradualmente progredire verso attività più strutturate.
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