La demenza è una malattia complessa, che progressivamente coinvolge tutto l’organismo, partendo da sintomi che riguardano la sfera intellettiva. Inizia con una riduzione della memoria, delle capacità di apprendimento, dell’attenzione e del giudizio. Ne abbiamo parlato con il Professor Marco Trabucchi nel suo ultimo webinar.
Le origini della demenza
Con il passare degli anni, la demenza provoca un deterioramento di diversi aspetti del pensiero, dei sentimenti e del comportamento, fino alla perdita dell’autonomia, all’allettamento e alla morte. La storia naturale può avere una durata molto varia, da pochi anni fino a quindici. Il termine “demenza” raggruppa diverse sindromi, la principale delle quali è la malattia di Alzheimer, che rappresenta circa il 60% del totale. Le altre forme sono diverse, dalla demenza multinfartuale a quella a corpi di Lewy. Spesso, però, si usa il termine malattia di Alzheimer in senso ampio, per indicare tutte le diverse forme. Un tempo si utilizzava anche il termine di “arteriosclerosi cerebrale” che aveva una connotazione negativa e che oggi è fortunatamente scomparso.
La demenza non è un destino predefinito
Contrariamente a quanto alcuni pensano, la demenza è una malattia, con caratteristiche biologiche e cliniche ben delineate. Non si tratta, quindi, di una conseguenza del passare degli anni. Infatti, tra gli ultrasessantacinquenni non più del 10% soffre di demenza. Purtroppo, però, fino a qualche anno fa si usava il termine “demenza senile”, creando così una forte confusione, che induceva a pensare che la demenza fosse un inesorabile destino della persona che invecchia. Per molto tempo attorno al termine demenza si è creato una sorta di alone negativo. La parola Alzheimer era pronunciata con difficoltà e timore (come un tempo non si aveva il coraggio di utilizzare il termine “cancro”, spesso sostituito da perifrasi “una brutta malattia”).
La diagnosi
Oggi, la situazione si sta leggermente modificando, anche se la demenza continua a essere circondata da connotazioni negative. Ciò, talvolta, provoca conseguenze nelle fasi inziali, quando compaiono i primi sintomi. Il malato cerca di nascondere anche a sé stesso il proprio disagio, per non preoccupare i famigliari. Anche questi ultimi talvolta fanno passare troppo tempo prima di ricorrere al medico di famiglia. Quest’ultimo quale sarà in grado di tranquillizzare malato e famigliari, se pensa si tratti di una situazione passeggera, o di indirizzare verso uno specialista nel caso ritenga necessario un approfondimento del significato patologico dei sintomi e quindi l’opportunità di arrivare a una diagnosi.
Prima di ipotizzare una diagnosi, infatti, è necessario escludere alcune condizioni che possono provocare dei sintomi confondibili con la demenza stessa. Ad esempio, la depressione può talvolta presentarsi con sintomi simili a quelli della demenza. Un’altra condizione non infrequente è l’uso di alcuni farmaci, tra i quali in particolare i tranquillanti. Inoltre, talvolta, anche alcune malattie del cuore e del cervello non permettono un adeguato rifornimento di ossigeno al cervello, che può provocare sintomi confondibili con quelli della demenza.
In cerca di una cura
In tutto il mondo si stanno studiando, da parte di molte centinaia di laboratori e di reparti clinici, le possibilità di trovare una cura per la malattia di Alzheimer. Negli ultimi anni, ci si è avvicinati in modo importante a varie ipotesi di cura. Su questa base si può ipotizzare che nei prossimi anni si possa arrivare ed un farmaco (o più farmaci), in grado di prevenire la comparsa di demenza e di rallentarne l’evoluzione. La relativa lentezza dei progressi è attribuibile all’estrema complessità delle manifestazioni che a livello dei neuroni del cervello portano alla comparsa dei sintomi.
È importante rendersi conto di questo fatto, anche per evitare confronti con altre situazioni, come ad esempio quella del Covid-19. La scoperta di un vaccino, in questo caso, ha richiesto pochi mesi. Ma il nostro cervello è una macchina estremamente complessa. Quando si altera per i più diversi motivi, le aree e i meccanismi colpiti sono molti e per ciascuno di essi si devono trovare indicazione terapeutiche specifiche.
Dodici fattori di prevenzione
In attesa di una possibilità concreta di cura che possa modificare radicalmente lo scenario, oggi abbiamo a disposizione la possibilità di prevenire la malattia di Alzheimer. Per farlo possiamo agire su ben 12 fattori di rischio che sono stati identificati come responsabili nell’insieme del 42% del rischio stesso. Ciò significa che agendo su di loro si può ridurre in modo molto rilevante la possibilità di comparsa della malattia. Schematicamente, essi sono: la scarsa educazione; l’ipertensione; il diabete; l’obesità; la depressione; la sordità; il fumo di sigaretta; l’inattività fisica; l’isolamento sociale; l’abuso di alcool; l’inquinamento atmosferico; eventuali traumi cerebrali. Come si può capire da questo elenco, una reale prevenzione richiede l’adozione di comportamenti salutari non sempre facili. Rappresenta, in ogni modo, un’indicazione generale del fatto che il “vivere bene” porta vantaggi molto ampi per la salute in generale, fino al fatto di prevenire i danni al cervello che possono causare demenza.
Il decorso della malattia
Le varie fasi della malattia richiedono interventi di cura complessi, che devono esser realizzati con determinazione, preparazione, pazienza, generosità, sempre riferendosi ai centri di cura specialistici (i cosiddetti CDCD) e al medico di famiglia. In questa direzione, si deve considerare il grande impegno dei caregiver, che spesso rappresentano il punto d’appoggio irrinunciabile per il malato. Senza di loro, spesso la vita stessa non sarebbe possibile! Per questo motivo la medicina contemporanea considera l’attenzione alla cura dei caregiver allo stesso livello della cura rivolta al paziente. Qualche tempo fa, l’attività assistenziale è stata definita come quella che impegna “una giornata di 36 ore”. Infatti, la persona affetta da demenza richiede, oltre a specifici interventi di cura, anche una sorveglianza continua, che non da mai pace a chi assiste.
La persona affetta da demenza è fragilissima sul piano della salute somatica e psicologica; per questo solo un’assistenza qualificata e amorevole le permette una vita lunga. Il malato ha spesso “ricordi sbiaditi” della sua vita, però è in grado di percepire il livello di attenzione e di amore con il quale viene trattato. É un messaggio di forte responsabilità per chi lo assiste formalmente o informalmente.
È possibile rivedere la registrazione del webinar “Un viaggio tra ricordi sbiaditi: conoscere l’Alzheimer” collegandosi al seguente link.
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