Due mesi fa, quando infuriava il peggio della pandemia, ho invitato le sei autrici dei romanzi rosa per over sessanta riuniti nella collana “Terzo Tempo” (Giunti editore) a scrivere ciascuna un racconto. Tema unificante: “L’amore ai tempi del coronavirus, fra persone sopra i sessanta”. Titolo: Incontri ravvicinati del terzo tempo. Sottotitolo: Storie d’amore e quarantena.
È diventato un eBook di successo. Il racconto di apertura era mio, A Casa, ragazzina! E mi sono un sacco divertita a scriverlo. La consegna era questa: regalare un sorriso, un po’ di leggerezza. Una raccolta di novelle come un mazzo di fiori. Per decorare le nostre vite, al momento così dure.
Io soltanto questo so fare, raccontare storie, farle raccontare, stimolarle, editarle. E sentivo il bisogno di fare qualcosa. Di alleggerire l’atmosfera.
Non c’era prezzo in copertina, sull’eBook. Era gratuito, il libro. E faceva ridere. Mi ricordo che mi ha fatta stare meglio. In molti ci hanno ringraziate, alcuni, al contrario, hanno polemizzato: ma come? Sta morendo un sacco di gente, muoiono soprattutto i più fragili, gli anziani, i malati. Muoiono soli perché il mostro da contagio impedisce una carezza, un abbraccio, stringere la mano a chi sta andando via. Perfino accomiatarsi con un funerale, con una celebrazione consolare i parenti, è proibito. Che cosa c’è di più triste? Niente, non c’è niente di più triste. Abbiamo vissuto immersi nella tristezza e nella paura e nel dolore.
Abbiamo dovuto cambiare abitudini, abbiamo perso tutte le occasioni di svago, non abbiamo più avuto accesso a quella potente arma di distrazione di massa che è guardare una partita di calcio, all’improvviso non era più possibile andare a teatro, organizzare una gita, programmare una vacanza… Abbiamo conosciuto l’angoscia, che è peggiore della paura, perché la paura ha un oggetto, l’angoscia no, l’angoscia è cieca. Eppure, più mi sentivo stretta nella morsa dell’incertezza, più mi sentivo in dovere di sorridere, e di far sorridere.
Ogni sera il telegiornale ci rovesciava addosso il conto dei defunti, dei contagiati. Ad un certo punto, con un certo imbarazzo, hanno dovuto ammettere che, per carenza di postazioni di terapia intensiva, non sarebbe stata possibile per tutti la ventilazione assistita, i più anziani sarebbero stati sacrificati per salvare i più giovani. Noi, quelli di “60 e più”, abbiamo annuito, ciascuno a casa sua, abbiamo accettato dentro di noi la dura legge della selezione. Ci siamo detti l’un l’altro “è giusto che sia così”, e intanto sentivamo un brivido di freddo.
Un picco di prefigurazione dell’inevitabile, il tipo di fantasia che non ci fa bene. Perciò, subito dopo, abbiamo sentito il bisogno di sorridere.
Hanno incominciato a fiorire le battute sulla rottamazione. Chi prometteva di farsi trovare travestita da ragazza, chi si apprestava a respingere il virus a schiaffoni, chi considerava tutta quanta la vicenda una sorta di prova generale della propria dipartita e si dedicava a decantarne i pregi. Abbiamo riso. Al telefono, chattando, scrivendoci. Riuscire a ridere è importante, fondamentale, soprattutto nelle situazioni estreme. Cogliere il lato comico della vita, da sempre aiuta a sopportarla. È come rivendicare la propria quota di immortalità, quell’illusione di essere padroni, se non del proprio destino, della propria reazione di fronte ai suoi colpi più duri.
Di fronte ad ogni crisi ci sono due possibilità: subire o capire. La crisi che abbiamo attraversato, di cui ancora dobbiamo vivere tutte le ricadute economiche e non solo, è la più severa nella storia delle nostre vite, anche le più lunghe.
Io credo che riuscire a ridere, proprio quando si attraversa un periodo di buio, sia il risultato di una grande saggezza e di un invidiabile equilibrio psichico. Voi come l’avete vissuto l’assalto del Coronavirus con il suo seguito di paura e clausura? Come sempre sono felice di ricevere le vostre lettere. Le aspetto, per andare avanti a riflettere insieme su quello che abbiamo vissuto. Ogni crisi è una occasione per capire di più. E diventare più forti. Non perdiamola.
© Riproduzione riservata