Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, spiega cosa occorre per potenziare e garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, quali interventi è opportuno attuare anche nell’ambito della formazione
Un sistema di sicurezza tarato sulla specificità delle aziende. È questa la richiesta che Confcommercio ha messo sul tavolo del Ministero del Lavoro, lo scorso mese di gennaio, riguardo la sicurezza sul lavoro. A spiegarne le motivazioni e l’approccio e ad evidenziare la necessità di un intervento è Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio, con delega al lavoro e alla bilateralità. «È evidente che un’officina meccanica – anche con pochi dipendenti – ha una rischiosità di un certo tipo a differenza di un ufficio che di rischi ne ha altri. Invece, oggi, il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro – ad accezione di alcune semplificazioni – pone tutte le tipologie di impresa in condizioni di doversi adeguare allo stesso modello di prevenzione e sicurezza. Mettere tutti sullo stesso piano, secondo noi, è sbagliato». Per Prampolini – che in Confcommercio ricopre anche la carica di presidente della Commissione lavoro – non si può legiferare sull’onda emotiva. «Il testo unico è stato realizzato sulla scia di un momento particolarmente delicato, tutti volevamo il massimo delle tutela ma probabilmente questo atteggiamento ha avuto l’effetto contrario», spiega. Il riferimento della vicepresidente di Confcommercio è alla tragedia di sedici anni fa. Era il 2007 quando, nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, un’esplosione uccise sette operai impegnati all’interno dell’acciaieria ThyssenKrupp di Torino: le vittime avevano un’età compresa tra i 26 e i 54 anni. La storia scosse l’opinione pubblica e la vicenda finì in un’aula di tribunale con un processo lungo cinque anni.
«Al Ministero abbiamo chiesto un sistema di sicurezza tarato sulla specificità delle aziende, sull’onda emotiva si tende a fare le cose in fretta», precisa Prampolini.
Nel dettaglio, la presidente della Commissione lavoro aggiunge: «Questo, da un lato è sovrabbondante per alcune tipologie di lavoro, dall’altro è – probabilmente – insufficiente. Sicuramente, però, questo disincentiva i datori di lavoro perché, non ritenendo la norma confacente alla loro attività, tendono a dimenticarla, oppure a delegare a terzi la realizzazione del manuale. Invece, dovrebbe essere qualcosa di calibrato sulle attività, soprattutto nel settore dei servizi, tanti hanno un rischio bassissimo». E ancora: «Le aziende già adottano un documento di valutazione dei rischi e un certo tipo di formazione. Una serie di cose che mette tutti sullo stesso piano e questo – secondo noi – è sbagliato». Per la vicepresidente anche la formazione, considerato il ‘momento più importante’ del processo di sicurezza, deve essere realizzata sulla base di specificità perché “nel corso degli anni si è caricata di rigidità”.
Come si pone, dunque, l’Italia rispetto agli altri Paesi europei, nell’ambito della sicurezza sul lavoro? Prampolini lo spiega: «Non credo che l’Italia – su questo tema – sia il fanalino di coda rispetto agli altri Paesi europei. Probabilmente considerato che il nostro Paese ha un livello di sindacalizzazione più alto degli altri Paesi è anche più avanti, in questo senso. Credo, piuttosto, che l’apparato burocratico tende a prendersi spazi che non dovrebbe prendere e che dovrebbe invece lasciare alla coscienza delle persone, fornendo le giuste motivazioni». Per la vicepresidente di Confcommercio, la soluzione sarebbe individuare una metodologia utile a evidenziare come la sicurezza sul lavoro sia anche più conveniente: «Far lavorare i propri addetti in ambienti sicuri e tranquilli da ogni punto di vista va anche a beneficio della produttività», afferma.
La Commissione lavoro di Confcommercio è attualmente impegnata sul rinnovo dei contratti e sulla bilateralità. «Siamo consapevoli che il potere di spesa delle famiglie sia ridotto ma dobbiamo trovare un equilibrio per fare in modo che i rinnovi contrattuali mettano da un lato più risorse nelle tasche dei lavoratori, dall’altro consentano alle aziende di sostenere costi aggiuntivi», dice Prampolini. E sulla bilateralità: «Un’eccellenza sana che si è data delle regole di governance molto rigide per evitare che diventi un posto in cui si spendono i soldi delle imprese e dei lavoratori – conclude -, invece deve diventare un posto in cui si fanno delle cose per le imprese e per i lavoratori».
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