Può un robot aiutarci a sconfiggere l’epidemia di Covid-19? La risposta è sì. La storia che stiamo per raccontare ci aiuta a capire quanto la tecnologia sia sempre più utile nella situazione odierna.
Dopo questa epidemia – si dice – tutto sarà diverso. Molte cose cambieranno. Di sicuro cambierà il nostro modo di guardate le tecnologie. Non solo abbiamo affrettato il passo per usarle in contesti diversi, uno fra tutto lo smart working, ma abbiamo finito con lo sperimentare nuovi approcci e nuove soluzioni.
SANBOT ELF, DAL MUSEO ALLA CORSIA DI UN OSPEDALE
Doveva accompagnare i visitatori per le sale espositive del Mudec, il Museo delle Culture di Milano.
Sanbot Elf – questo il suo nome – è alto poco più di un bambino di 7 anni. Un visore incornicia i suoi due grandi occhi, simpatici e affettuosi, mentre un cravattino gli dà un certo tono. Un monitor, posizionato nell’area “cuore”, gli permette di interagire con gli esseri umani.
Dal momento che è in grado di riconoscere le emozioni umane, era stato programmato per scherzare con i visitatori all’interno del percorso Robot. The human project, mostra organizzata per raccontare gli sviluppi raggiunti dalla robotica e dalla bionica contemporanea. L’esposizione doveva partire il 4 marzo scorso, ma l’emergenza sanitaria ne ha rimandato l’apertura. Gli organizzatori della mostra, allora, non si sono arresi e hanno deciso di intraprendere la strada della sperimentazione. E dell’utilità.
Così Sanbot è partito in missione a supporto di medici e infermieri nella lotta contro Covid-19 all’ospedale di Circolo e Fondazione Macchi della ASST Sette Laghi di Varese.
IL “RITORNO A CASA” DI SANBOT
Sanbot Elf ha lasciato così, temporaneamente, il Museo per tornare alla casa madre ed essere riprogrammato per una nuova missione. Sì, perché questo piccolo robot ha una caratteristica: è in grado di registrare molti dati e informazioni e far interagire due (o più) esseri umani a distanza, sfruttando la telepresenza.
Ma Sanbot non è da solo in questa delicata missione di supporto. Insieme a lui, nella stessa struttura ospedaliera, operano altri cinque robot. Tutti e sei aiutano il personale sanitario nell’assistere dodici pazienti affetti da Covid-19 presso l’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi della ASST Sette Laghi di Varese. Praticamente, un robot ogni due pazienti.
Tutti sono progettati per portare l’interazione tra uomo e macchina a un livello nuovo e multi-sensoriale.
ROBOT IN PRIMA LINEA: IN AIUTO DEI MEDICI E DEI PAZIENTI
Questa squadra di robot lavora così in prima linea. Fa il lavoro “sporco”, sostituendosi al personale medico nella ronda di controllo dei pazienti. In questo modo il personale è meno esposto al contagio e, allo stesso tempo, i pazienti vengono accuratamente seguiti.
Posizionati nelle camere, i robot effettuano il monitoraggio a distanza mediante la telecamera di cui sono dotati e il monitor che si trova accanto ad ogni paziente. La telepresenza permette così di ridurre il consumo di dispositivi di protezione, di ottimizzare il tempo di medici e infermieri, di massimizzare le attività di monitoraggio e assistenza. Quindi, niente rischi, zero consumo di dispositivi di protezione, risparmio di tempo, compreso quello per vestirsi e svestirsi.
ROBOT DAL CUORE UMANO CONTRO IL COVID-19
Ovviamente questi robot non eliminano il contatto umano con il paziente, ma riducono gli accessi. Dotati di un’umanità riflessa, attraverso di loro medici e infermieri possono parlare al paziente mediante la voce del robot. Quest’ultimo, se non è in ventilazione assistita, può rispondere attraverso messaggi vocali.
Antonio Mazzoni è il responsabile scientifico del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nonché co-curatore della mostra. Così ha commentato l’uso di Sanbot Elf: «È interessante il fatto che non si tratta di un robot particolarmente potente o preparato per le situazioni estreme. Si tratta di un robot che è fatto per l’interazione con le persone. Alla mostra abbiamo cercato di focalizzarci non tanto sull’evoluzione dei robot umanoidi come oggetti, ma sullo sviluppo della collaborazione tra esseri umani e robot, e questo ne è un esempio perfetto».
Abbiamo trovato nuovi alleati per far funzionare meglio la nostra sanità? Forse sì.
La carta di identità di Sanbot Elf
Collegato alla piattaforma Cloud, grazie all’intelligenza artificiale Vivaldi di Omitech, Sanbot (nella foto accanto) parla e interagisce con gli umani. Dotato di tre telecamere, un touch screen HD, un proiettore, occhi digitali lampeggianti e numerosi sensori, si serve di un software di riconoscimento facciale per rendersi utile in molti modi: negli aeroporti, offre informazioni ai viaggiatori e tiene d’occhio i malintenzionati; nelle case dei malati, invia informazioni al medico curante; nelle scuole, aiuta i ragazzi a imparare in modo divertente. Per giunta è un ottimo ballerino, e più volte ha dimostrato di sapersela cavare molto bene in programmi televisivi al fianco di presentatori e commentatori.
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