Una riduzione del 23% della mortalità sembra correlata al consumo regolare di una modica quantità di frutta oleosa: lo sostiene uno studio che, pur non fornendo una dimostrazione definitiva, porta dati a sostegno di questa ipotesi.
di Maria Rita Esposito
Arachidi, mandorle e noci, ed è subito Natale. Sarebbe però buona abitudine, a detta degli studiosi, espandere il consumo di questi ed altri semi oleosi, a tutto l’anno. Sembra, infatti, che questi non siano solo dei gustosi fine pasto, ma abbiano delle potenti qualità, capaci di allungare la durata della vita. A questa conclusione sono giunti gli esperti di alcuni centri di ricerca americani e cinesi, che hanno pubblicato il loro studio sul Jama International Medicine, una rivista molto rinomata del settore.
La ricerca ha coinvolto più di 200mila adulti di entrambi i Paesi, seguiti per un periodo che va da un minimo di 5 a un massimo di 12 anni. Si tratta, quindi, di uno studio longitudinale, che monitora lo stesso gruppo di persone nel corso del tempo. I ricercatori hanno osservato che il consumo abituale di frutta oleosa e di arachidi si associava ad una significativa riduzione della mortalità complessiva (17-21%) e di quella per cause cardiovascolari (23-28%).
Anche altri importanti studi realizzati dal Maastricht University Medical Centre e dai ricercatori della Harvard School of Public Health dimostrano che il consumo quotidiano e regolare di una modesta quantità di noci, arachidi, mandorle e altra frutta oleosa sarebbe in grado di ridurre fino al 23% il rischio di morte precoce per varie cause. Si registra inoltre un abbattimento della mortalità legata a cause specifiche: neurodegenerative, respiratorie, cardiovascolari o conseguenti al diabete e a tumori. Il merito sarebbe tutto dei grassi polinsaturi, delle vitamine, degli antiossidanti e dei composti bioattivi presenti nella frutta a guscio, sostanze in grado di ridurre il rischio di ammalarsi.
Studi meno recenti avevano già riscontrato un’associazione tra l’aumento del consumo di noci, arachidi, mandorle e simili e un minor rischio di malattie cardiache, diabete di tipo 2, cancro del colon, calcoli biliari e diverticolite. Questi effetti erano stati messi in relazione a una riduzione dei livelli di colesterolo, stress ossidativo, infiammazione, adiposità e sviluppo di insulino-resistenza.
Altre ricerche avevano anche collegato l’aumento nel consumo di questi alimenti a una mortalità totale più bassa in popolazioni specifiche, ma nessuno aveva esaminato in dettaglio la correlazione fra i vari livelli di consumo e gli effetti sulla mortalità totale in una popolazione di grandi dimensioni. La nuova ricerca ha invece sfruttato i dati raccolti in due tra i più ampi e importanti studi osservazionali longitudinali: il Nurses’ Health Study (76.464 donne) e lo Health Professionals’ Follow-up Study (42.498 uomini).
Usando sofisticati metodi di analisi statistica, i ricercatori hanno sottratto dai risultati l’effetto di altri fattori che potevano influire in modo positivo sulla mortalità, così da stimare il beneficio netto apportato dalla dieta a base di noci e simili. «Da tutte queste analisi risulta che quanto più i soggetti mangiavano noci, arachidi, ecc., tanto minore era la probabilità di un loro decesso nel periodo di monitoraggio nei 30 anni», ha spiegato Ying Bao, primo autore dell’articolo scientifico. In particolare, è emerso che chi aveva consumato 30 grammi di noccioline una volta alla settimana registrava una riduzione della mortalità dell’11%, che saliva al 13% per un consumo da due a quattro volte la settimana, al 15% per cinque o sei volte, fino al 23% nel caso di un’assunzione quotidiana. La riduzione della mortalità è apparsa simile per arachidi, noci, nocciole, mandorle, noci del Brasile, anacardi, noci macadamia, noci pecan, pistacchi e pinoli. Tuttavia, dai risultati fino a qui esposti non si possono trarre conclusioni certe: «Non è possibile affermare con sicurezza – ha concluso William Blot, Direttore Associato della Ricerca della Prevenzione e del Controllo del Cancro basata sulla Popolazione al Vanderbilt-Ingram Cancer Center e co-autore di alcuni studi a riguardo – se le arachidi da sole siano responsabili della riduzione della mortalità osservata». Occorreranno ulteriori ricerche che ne attestino l’effettiva efficacia, ma le premesse fanno ben sperare.
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