Dedico questo articolo alle persone con Alzheimer che vivono un’esperienza particolare, in un ambiente che permette condizioni di vita rispettose della loro dignità e libertà. Di fatto, con questo modello di organizzazione dell’assistenza si costruisce un “mondo possibile” per chi deve affrontare le difficili giornate della malattia.
A Monza è in atto una sperimentazione che ha portato alla costruzione di un villaggio dove possono vivere le persone con demenza nelle fasi lievi e medie e dotate di autonomia motoria. Il villaggio, “Il Paese Ritrovato”, è realmente un ‘mondo possibile’ per persone che altrimenti dovrebbero rimanere a casa, dove è difficile ricevere un’assistenza adeguata, o in una Rsa, insieme con donne e uomini la cui salute somatica e cognitiva è maggiormente compromessa.
Premetto che qualsiasi intervento che voglia raggiungere risultati in questi ambiti deve essere studiato con attenzione, sottoponendosi a continue verifiche dell’efficacia e del rispetto delle persone coinvolte. Purtroppo, attorno al problema delle demenze si muovono, invece, interessi commerciali e di altro genere, il cui scopo non è sempre quello di garantire il benessere. È quindi necessario distinguere con attenzione quello che è progettato per costruire mondi possibili e quello che invece ha come scopo primario il vantaggio economico.
Il villaggio di Monza è costituito da un insieme di appartamenti localizzati in edifici indipendenti, che danno sulle strade del villaggio, dove si trovano alcuni negozi, luoghi per la vita comune, giardini e orti, la chiesa. L’impegno degli operatori è rendere il villaggio il più possibile simile a un luogo vitale e ‘normale’, dove le persone possono muoversi liberamente, incontrarsi, in un’atmosfera protetta e serena. Gli operatori condividono con i residenti le ore della giornata, in un continuo impegno di relazione, e non vestono abiti da lavoro.
È quindi davvero un mondo possibile per chi è ammalato di Alzheimer?
Per dare una risposta si deve partire dalla valutazione della reale condizione di fatica di vivere nella quale si trovano le persone colpite da una demenza. Nelle fasi iniziali della malattia la vita in famiglia è difficile sul piano organizzativo e psicologico, con la possibilità che il disagio si tramuti in tensione e agitazione da parte della persona ammalata e stress fisico e mentale per chi convive e gestisce le loro giornate. Nelle fasi più avanzate la persona con demenza non sempre riceve un adeguato livello di assistenza, sia sul piano strettamente clinico (chi è molto anziano spesso è colpito da diverse malattie contemporaneamente) sia per quanto riguarda le modalità di vita, che garantisca un supporto senza interruzione a chi non è più in grado di affrontare le attività quotidiane di base e tantomeno quelle strumentali. Inoltre, l’ammalato può essere colpito da disturbi comportamentali (ansia, insonnia, allucinazioni, disturbi alimentari, ecc.), che rendono particolarmente faticoso e doloroso il rapporto con il caregiver. In questi casi spesso la persona viene ospitata presso una residenza per anziani, luogo dove riceve un’adeguata assistenza. Queste sono le modalità più frequenti di gestione dell’ammalato con disturbi cognitivi, attraverso le quali le comunità si impegnano per rendere meno difficile la vita degli ammalati, combattendo le solitudini, gli abbandoni, le crisi famigliari. In questa prospettiva gioca un ruolo significativo il villaggio di Monza, dove si studiano soluzioni abitative il più serene possibili per gli ammalati, creando condizioni che si avvicinano alla normalità anche per i famigliari. È un luogo dove la libertà dell’abitante, insieme con la generosità, l’intelligenza e la lievità degli operatori, creano un’atmosfera vivibile dove sembra che tutto avvenga in maniera naturale (invece è ben chiaro che i risultati raggiunti sono frutto di studi approfonditi, di alternative sperimentate, di analisi condotte con determinazione).
Le soluzioni abitative per le persone con demenza sono al centro dell’interesse e degli studi in tutto il mondo. La logica di garantire il massimo rispetto della dignità e della libertà degli ammalati impone analisi complesse. Infatti, ogni modello di villaggio è adatto ad una certa tipologia di ammalati e deve essere inserito in una continuità assistenziale che prevede l’eventuale spostamento del residente in altra struttura, quando l’evoluzione della malattia impone risposte che non possono più essere date.
Recentemente l’esperienza de “Il Paese Ritrovato” è stata ripresa in un docufilm di grande intensità, La memoria delle emozioni, magistralmente diretto da Marco Falorni, che è stato trasmesso dalla Rai e si può visionare su diverse piattaforme.
Marco Trabucchi è specialista in psichiatria. Già Professione ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università di Roma “Tor Vergata”, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia e direttore del Centro di ricerca sulla demenza. Ricopre anche il ruolo di presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e della Fondazione Leonardo.
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