A Roma c’è un luogo, gestito da un gruppo di over 50, che permette di fare un vero viaggio nella storia dei trasporti. Si passa dentro treni, scompartimenti, tra modellini e ricostruzioni. Con un orto “didattico” a disposizione delle scolaresche che visitano il Museo.
L’ingresso è a due passi dalla Piramide, dove il trenino collega Roma con Ostia, il suo quartiere sul mare. È qui che ha luogo un prezioso quanto raro esperimento in cui avviene la saldatura tra futuro e passato. Si tratta di un museo – il Polo Museale dei Trasporti Astral – dove gli over 50 si sono assunti un incarico di responsabilità: la trasmissione della memoria.
«Il nostro compito come over 50, che abbiamo la memoria di com’erano questi treni – ci dice Caterina Isabella, presidente del Comitato in difesa del Polo Museale dei Trasporti -, è quello di trasmettere questa memoria ai più giovani». E come ci spiega lei, la storia di questa posto è una storia quasi ventennale che, complice la pandemia, ha rischiato di scomparire. «Questo polo – ricorda – è nato nel 2004, in occasione della Notte Bianca. All’interno ci sono tutte vetture che sono state recuperate nei depositi di Atac. Si tratta di mezzi che erano in stato di abbandono, destinati all’oblio. Nel 2004 furono restaurati e trasportati nottetempo in questa sede che si è trasformata in una piazza non solo per il territorio ma per l’intera città. Un luogo di incontro gratuito per tutti i cittadini. Solo che – aggiunge – con la pandemia, il posto è stato ingiustificatamente chiuso e così è nato un Comitato di venti associazioni, che qui realizzavano laboratori con le scuole, che ne chiedeva la riapertura». Un comitato composto integralmente da volontari over 50 che, negli anni, hanno portato avanti – con i bambini delle scuole – corsi di pittura, modellismo e orto urbano.
E qui, l’altra particolarità. Anche lo stesso orto bio, che si trova all’interno del polo, è gestito da persone in là con gli anni. A farci strada tra piantine di spezie è infatti Antonio Mergiotti, presidente del Centro anziani Ostiense, che ci mostra con orgoglio tutto ciò che ha piantato. «Questo è un orto che potrebbe definirsi didattico perché qui, ogni anno, vengono tanti bambini delle scuole romane che arrivano per visitare il polo museale e rimangono affascinati dall’orto nel quale li faccio anche seminare, raccogliere e piantumare». Un lavoro di squadra, dunque, che è potuto ripartire «grazie alla sensibilità della nuova azienda che gestisce questo posto – Astral Spa – che ha deciso per la riapertura», aggiunge Caterina. Il 14 ottobre scorso, infatti, il polo ha riaperto i battenti e al suo interno si è riversata buona parte della città.
«Alcuni di noi – continua la presidente del Comitato – questi mezzi se li ricordano bene. La nostra idea è quella di far ridiventare questo posto un luogo comunitario perché la storia del trasporto è la storia della città che racconta anche come talune tratte siano state dismesse per effetto del cambiamento: laddove i cittadini avevano ormai auto o si spostavano col bus, il trasporto su ferro è stato abbandonato per fare spazio al trasporto gommato».
È così che, grazie a lei, ci immergiamo in un autentico viaggio nel tempo – lo stesso che le scolaresche fanno con i loro insegnanti. «Oltre al laboratorio di orto urbano che viene fatto dagli anziani che parlano con le generazioni, noi proponiamo anche un laboratorio di modellismo perché in pochi sanno che, negli anni Cinquanta e fino ai Settanta, il modellismo era una pratica familiare, un modo per i genitori di giocare coi loro figli. E che entusiasmo quando i bambini vedono il nostro plastico!». Si tratta di una grossa riproduzione che occupa addirittura un’intera stanza, costruita negli anni Cinquanta dall’ingegner Urbinati che, all’epoca, era direttore di Atac, l’azienda pubblica del trasporto romano.
Non una ricostruzione a caso – apprendiamo da Caterina – ma la rappresentazione della Stazione di Osilo, in Sardegna, dove, accanto al tracciato della strada ferrata, c’era addirittura una centrale idroelettrica: una novità assoluta in questo plastico donato da Urbinati ad Atac. Ma non è tutto. «L’altra curiosità è che ogni singolo elemento è costruito con materiale riciclato, a partire dai tetti realizzati col cartone dei biscotti, eccetto binari e trenini che, invece, erano prodotti dalla ditta Rivarossi». Ecco perché Caterina e gli altri volontari lo curano con grande attenzione: è un pezzo unico. In più – come è evidente – racconta di temi ancora adesso estremamente attuali come fonti rinnovabili, energia e riuso.
Ma il bello arriva anche mentre attraversiamo locomotive e scompartimenti. «Questa – spiega Caterina davanti a una vettura davvero affascinante – è chiamata La Prima Donna. Si trattava di un treno molto amato da tutti i romani perché bellissimo: fungeva da collegamento con Cinecittà. Fu al centro di una pellicola storica come Bellissima di Luchino Visconti, con protagonista Anna Magnani. Era molto frequentato, ma sapete qual è la curiosità? I romani lo prendevano sì per andare a Cinecittà, ma mica per fare gli attori: Cinecittà era diventata la fabbrica di Roma dove erano richiesti molti mestieri: parrucchieri, sartine, idraulici, falegnami. Quindi era il treno che portava al lavoro moltissimi romani”.
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