Un anno fa, precisamente il 29 aprile 2021, il governo italiano ha approvato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per poi trasmetterlo al Parlamento e alla Commissione europea. Oltre 200 investimenti e più di 60 riforme per costruire – lo dice lo stesso titolo del documento – l’“Italia domani”. Anche per l’invecchiamento attivo. Cosa è successo in questi primi 12 mesi?
Si è chiusa la fase di presentazione dei progetti degli enti locali dedicati alle persone fragili e in particolare agli anziani non autosufficienti, da attivare nell’ambito della Missione 5 “Inclusione e coesione”. Le proposte di intervento sono finanziate attraverso uno specifico bando del Ministero del Lavoro (Avviso pubblico n. 1/2022), sulla base dei requisiti fissati dal Piano operativo pubblicato a dicembre scorso.
L’Avviso finanzierà con 307,5 milioni di euro 125 interventi per la riconversione delle RSA in gruppi di appartamenti tecnologici per almeno 12.500 anziani. Previsti anche 250 interventi per rafforzare i servizi sociali a domicilio per altri 2.000 senior, nonché misure per la formazione dei professionisti chiamati ad assisterli; a disposizione 66 milioni di euro. Un inizio che potremmo definire “timido” visto che, complessivamente, questi interventi coinvolgeranno meno di 15mila persone, a fronte di una platea di anziani non autosufficienti che lo stesso PNRR stima in oltre 2,5 milioni, che raddoppieranno nel 2030. Per il momento, siamo comunque ancora in una fase progettuale.
A questa linea di investimento si affianca quella dedicata all’autonomia delle persone con disabilità, a cui sono destinati complessivamente 500 milioni di euro per 850 progetti da attivare. Entro dicembre dovranno essere realizzati almeno 500 interventi di ristrutturazione degli spazi domestici e/o di promozione di strumenti e competenze digitali. Per marzo 2026 si punta ad arrivare a 5.000 persone con disabilità coinvolte. Anche per questo investimento la partenza sarà in ogni caso in sordina: secondo i numeri del PNRR, i disabili sono oltre 3 milioni, la metà over 75.
Fra gli step intermedi già raggiunti figura l’approvazione della Legge quadro sulle disabilità (Legge n. 227/2021), in vigore dallo scorso 31 dicembre. La Legge impegna il governo a riorganizzare le norme sulle disabilità, dando piena attuazione alla Convenzione delle Nazioni Unite e alla Strategia 2021-2030 della Commissione europea in tema di diritti delle persone con disabilità. Fra gli obiettivi della legge, semplificare e digitalizzare l’accertamento della condizione di disabilità; riqualificare i servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità; istituire un Garante nazionale delle disabilità e potenziare l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per passare dalle dichiarazioni di principio ad azioni concrete, occorrerà aspettare ancora perché il Ministro per le Disabilità, cui è affidata l’iniziativa legislativa, ha tempo fino ad agosto 2023 per proporre i necessari decreti attuativi.
Ancora da avviare, inoltre, la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi per cui la Missione 1, “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”, stanzia 300 milioni di euro.
Un secondo intervento normativo per gli over previsto dal PNRR è la legge delega di riforma del sistema di interventi a favore degli anziani non autosufficienti. Alcuni contenuti della riforma sono stati anticipati dalla Legge di Bilancio 2022, come l’individuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali (LEPS) e la realizzazione dei Punti Unici di Accesso (PUA), che avranno sede presso le Case della Comunità. Uno sportello unico nel quale gli anziani, i loro caregiver e familiari potranno incontrare una équipe di operatori specializzati, in grado di offrire risposte a tutti i bisogni della persona non autosufficiente sulla base di un Progetto di Assistenza Individuale Integrata (PAI). Gli enti locali potranno poi erogare contributi economici per retribuire il lavoro di cura svolto da caregiver o badanti regolarmente assunti oppure per servizi di assistenza sociale non residenziale. Per finanziare questi interventi, la Legge di Bilancio incrementa progressivamente il Fondo per le non autosufficienze, da 100 milioni di euro nel 2022 a 300 milioni nel 2025. Per l’attuazione delle misure, tutto è rinviato a uno o più decreti del governo da adottare entro giugno 2023. La stessa data di scadenza per presentare la proposta di legge delega prevista dal PNRR sulla quale, però, il governo dovrebbe già essere al lavoro. Già a fine gennaio scorso, infatti, la Commissione tecnica “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza”, istituita a maggio 2021 dal Ministero del Lavoro, ha trasmesso al governo una proposta di riforma per gli over 65 fragili, i cui cardini sono: invecchiamento attivo ed esigibilità dei LEPS; domiciliarità delle cure e riorganizzazione delle RSA; coabitazione solidale e nuove forme di abitare; tutela normativa per i caregiver. Ma, nel momento in cui scriviamo questo articolo, ancora non ci sono proposte ufficiali da parte del governo.
Le misure a sostegno della non autosufficienza sono strettamente connesse agli interventi per la riorganizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e, in particolare, agli investimenti per una sanità più vicina, più capillare e più tecnologica, previsti dalla Missione 6, “Salute” e dal cosiddetto “Piano Nazionale Complementare”, al PNRR stesso.
Fra questi, 2 miliardi di euro per costruire le 1.350 Case della Comunità che ospiteranno i PUA e che dovranno essere operative entro giugno 2026. Strutture socio-sanitarie che saranno il primo punto di contatto del cittadino con la sanità pubblica, grazie alla presenza di team multidisciplinari di professionisti della salute: medici e pediatri di base, medici specializzati, infermieri, assistenti sociali. L’assistenza medica di base sarà garantita H24, 7 giorni su 7.
Accanto alle Case della Comunità, la nuova sanità disegnata dal PNRR assegna all’abitazione personale del paziente il ruolo di “primo luogo di cura e telemedicina”. Questo, introducendo l’assistenza domiciliare integrata (ADI) supportata dalle nuove tecnologie (telemedicina, domotica, telesoccorso). L’obiettivo è arrivare ad almeno 800mila pazienti assistiti a casa entro il 2026 e a prendere in cura il 10% della popolazione over 65 con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti, con un finanziamento complessivo di 4 miliardi di euro.
La terza linea di investimento riguarda il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture, che saranno 400 Ospedali di Comunità entro il 2026. A metà strada fra la casa e gli ospedali tradizionali, l’Ospedale di Comunità sarà destinato a ricoveri brevi per pazienti che presentano patologie non gravi. Oltre 4 miliardi di euro sono poi destinati all’ammodernamento tecnologico degli ospedali esistenti, mentre è di 1,5 miliardi la dote per rendere gli ospedali antisismici.
A che punto siamo con questa profonda riorganizzazione?
Dopo una prima ricognizione dei progetti, con l’intesa della Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome del 12 gennaio e il successivo decreto del Ministero della Salute del 20 gennaio sono state ripartite le prime risorse stanziate, pari complessivamente a oltre 8 miliardi di euro, di cui quasi 6,7 miliardi a valere sul PNRR e 1,450 sul Piano Complementare. Regioni e Province autonome dovranno siglare entro il prossimo 30 giugno un apposito “Contratto Istituzionale di Sviluppo” con il Ministero della Salute, sulla base di piani operativi regionali, pena la revoca delle risorse assegnate. È in fase di realizzazione anche la piattaforma nazionale di telemedicina che dovrà gestire i servizi tecnologici, mentre entro giugno si attendono le linee guida sul potenziamento digitale dell’assistenza domiciliare. Secondo i nuovi standard sull’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale pensati dal Ministero della Salute, le Case della Comunità dovrebbero avere una sede principale (hub) ogni 40-50mila abitanti, e sedi secondarie (spoke) in particolare nelle aree interne e rurali per garantire la prossimità delle cure. Ogni Casa delle Comunità hub dovrebbe avere a disposizione dai 7 agli 11 infermieri e almeno 1 assistente sociale, oltre all’équipe obbligatoria di medici per le cure primarie. Ci dovrebbe essere, inoltre, un Ospedale di Comunità ogni 150-160mila abitanti. Ognuno dotato di 20 posti letto ogni 50-100mila abitanti, 9 infermieri, 6 operatori sociosanitari, almeno 1-2 unità di altro personale sanitario e un medico per almeno 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7. La Legge di Bilancio 2022 ha già stanziato i fondi per assumere il nuovo personale sanitario necessario: da circa 91 milioni nel 2022 fino a un miliardo di euro a decorrere dal 2026.
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