L’Italia è chiamata ad abbracciare la più grande transizione digitale della sua storia. Con obiettivi importanti fissati per il 2026, per incrementare l’inclusione sociale e la telemedicina
«La tecnologia può essere una grande alleata per il miglioramento della qualità della vita delle persone senior, a patto che la dimensione dell’umano diventi la stella polare in grado di guidare il cambiamento. Bisogna scongiurare che l’evoluzione tecnologica ponga in secondo piano quell’umanesimo democratico che anche la trasformazione tecnologica deve assolutamente considerare».
A parlare è Assuntela Messina, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale: tra i protagonisti al CNEL dell’incontro intorno al libro Ipotesi per il futuro degli anziani. Tecnologie per l’autonomia, la salute e le connessioni sociali (Il Mulino), a cura di Carlo Sangalli, Presidente nazionale di 50&Più e Marco Trabucchi, Presidente di Fondazione Leonardo.
«La pandemia – ha sottolineato il Sottosegretario Messina – ha accelerato i processi ed è stata sicuramente terreno fertile per la diffusione delle tecnologie, ma ha anche inculcato in tutti noi una sorta di responsabilità maggiore, un uso sapiente, critico della tecnologia. Questo perché un utilizzo della tecnologia non critico, non attento, produce grossi rischi».
Senatrice Messina, il 27% delle risorse totali del PNRR sono dedicate alla transizione digitale. Quali sono gli obiettivi e le strategie messi in atto dal Governo tramite “Italia digitale 2026”, il programma di innovazione che promette di “rivoluzionare” il nostro Paese?
Il nostro Paese deve raggiungere, entro il 2026, degli obiettivi molto importanti. Innanzitutto, deve mettere tutta la popolazione nella condizione di avere delle competenze digitali. Ecco perché il Governo sta lavorando, attraverso il Piano “Italia 5G” (un piano di investimenti pubblici con un finanziamento di 2,02 miliardi di euro, ndr) e “Italia a 1 Giga” (prevede la realizzazione di infrastrutture in banda ultra larga, ndr), per consentire l’accesso e il possesso di strumentazioni tecnologiche nonché sull’acquisizione di giuste competenze digitali.
La società può essere veramente più inclusiva grazie alla tecnologia?
È importantissimo parlare di inclusione sociale perché poi è uno degli assi portanti del PNRR. Inclusione sociale significa non lasciare indietro nessuno e creare le stesse opportunità di sviluppo della persona. Il tema, però, è fare in modo che tutti abbiano accesso alla tecnologia, per cui penso che il diritto all’accesso sia un tema sul quale è necessario intervenire.
Il Servizio Civile Digitale prevede l’impiego di mille giovani volontari impegnati in oltre cento progetti, le cui finalità sono la facilitazione e l’educazione digitale.
Il Servizio Civile Digitale è una grande opportunità per il nostro Paese, perché consente di avvicinare tutte le generazioni a questo grande momento di trasformazione in cui anche le competenze digitali hanno bisogno di misure e di strumenti particolari. Alcuni giovani facilitatori consentiranno alle Regioni, agli Enti Locali, di avere a disposizione delle nuove competenze e soprattutto di entrare in relazione con le generazioni più mature per avvicinarle a questo processo di cambiamento. Il divario digitale è uno dei temi sui quali il Governo sta lavorando e, come risposta, guarda al Fondo di “Repubblica Digitale” (l’iniziativa strategica nazionale che ha l’obiettivo di combattere il divario digitale culturale presente nella popolazione italiana, ndr) proprio per indirizzare delle misure specifiche alla formazione delle competenze.
Quali altre azioni volte a ridurre il digital divide e migliorare la vita dei senior saranno messe in campo dal Governo?
Si sta lavorando molto sul fascicolo sanitario e sulla telemedicina. Grandi investimenti sosterranno la trasformazione della sanità in una fase molto particolare e in un periodo in cui anche la struttura demografica e sociale del nostro Paese è attraversata da grandi cambiamenti. Nell’ottica di una riforma del sistema sanitario che va verso un modello di cura incentrato sulla comunità e ancor più sul territorio, si terranno al centro i bisogni specifici della persona, e la tecnologia e il digitale possono sicuramente andare incontro a queste rinnovate esigenze e alle necessarie risposte. Si tratta anche di passare da un sistema reattivo a un sistema proattivo: la raccolta e l’analisi dei dati – anche grazie all’intelligenza artificiale – diventeranno ancora più importanti per un efficace servizio di cura e di assistenza, soprattutto per potenziare le nostre capacità tecniche di prevenzione e diagnosi, anche precoce, delle varie patologie.
Tecnologia e sanità. Quali le linee guida per il futuro?
La telemedicina è uno strumento straordinario perché vede la casa come primo luogo di cura. E la casa è sempre più svincolata dalla necessità di dover raggiungere per forza un luogo fisico. La telemedicina e la sanità digitale avranno un valore fondamentale. La televisita, il teleconsulto, il telemonitoraggio, durante il periodo di lockdown, hanno avuto una loro definitiva importanza. Non possiamo però non notare come ancora esista una bassa integrazione tra le piattaforme esistenti, un’alta frammentazione di servizi e una certa disomogeneità di offerta tra i sistemi regionali. L’attuazione del PNRR deve guardare a questo tessuto di differenze, promuovendo e finanziando lo sviluppo e la diffusione di nuovi progetti e soluzioni di telemedicina. Va incentivata l’adozione di soluzioni di telemedicina durante tutto il percorso di cura, con una particolare attenzione alla popolazione anziana.
Quale coinvolgimento è previsto per le organizzazioni che si occupano di persone anziane per stimolare, sviluppare e testare nuove tecnologie?
È necessario il coinvolgimento anche del mondo dell’associazionismo perché evidentemente tutti – e quindi anche gran parte della società civile – possano essere compresi ed impegnati all’interno di questo cambiamento, che è un cambiamento importante e che riguarda tutte le dimensioni sociali.
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