È il movimento di disobbedienza civile nonviolenta. Nato in Italia nel 2021, ha fatto parlare di sé per le azioni controverse messe in campo. L’intervista per capire le ragioni della loro campagna
Giovani e determinati a cambiare le sorti del Pianeta contrastando la crisi climatica. Sono gli attivisti di Ultima Generazione, a dividere l’opinione pubblica con campagne di sensibilizzazione forti e polarizzanti. Li abbiamo incontrati, ecco la loro storia.
Come nasce Ultima Generazione e quante persone ne fanno parte?
Ultima Generazione nasce a fine 2021 come campagna all’interno di Extinction Rebellion (il movimento nonviolento internazionale contro la devastazione ecologica, ndr) per poi rendersi indipendente. In questo momento, in tutta Italia ne fanno parte attivamente più di un centinaio di persone.
Perché il nome “Ultima Generazione”?
Perché, davanti alla velocità con cui la crisi climatica ed ecologica estende i suoi effetti, siamo l’ultima generazione in grado di fare qualcosa a riguardo prima che sia veramente troppo tardi.
Avete lanciato la campagna “Non paghiamo il fossile”. Quali obiettivi vuole raggiungere?
La campagna è il tentativo di aprire una discussione fondamentale per il futuro del nostro Paese, ovvero la maniera in cui utilizziamo le nostre risorse finanziarie all’interno del quadro socioeconomico ed eco-climatico. Il punto centrale è quello dei sussidi che il nostro Paese ogni anno dà alle imprese del fossile: difficile da quantificare per la poca trasparenza. Si stimano circa 40 miliardi di euro, di cui 13 in sussidi diretti. All’interno del quadro degli obiettivi che ci siamo dati come comunità internazionale, sono cifre folli. Quello che chiediamo è un tavolo per discutere seriamente di come iniziare a ridestinare quei soldi: dalla riqualificazione energetica alle fonti rinnovabili. L’obiettivo generale è quello di mettere in sicurezza la popolazione davanti alle enormi difficoltà dei prossimi anni.
Dal blocco del Grande Raccordo Anulare allo sciopero della fame. Come vengono decise le azioni da intraprendere?
Per le nostre azioni prendiamo spunto dal catalogo della disobbedienza civile nonviolenta. Sappiamo di dare fastidio, sappiamo di essere polarizzanti e questo è il risultato che vogliamo ottenere.
In Parlamento è stato presentato un disegno di legge per disincentivare le azioni di protesta ai danni del patrimonio italiano. Questo cambierà le vostre azioni?
Non ci fanno paura le multe, ci fa molta più paura un pianeta che supera il grado e mezzo di aumento medio della temperatura in superficie. Che poi supera i due gradi e a fine secolo arriva a tre gradi, diventando un deserto infernale in cui potranno sopravvivere pochissimi esseri umani. Ci fa paura pensare a come sarà questa estate; a come sarà la prossima e quella successiva ancora.
Sul vostro sito è possibile fare donazioni e sostenervi: ricevete supporto anche da esterni al movimento?
Assolutamente sì. Riceviamo supporto da molte persone che riconoscono il valore delle nostre azioni e che magari ci donano ogni mese l’equivalente di un’ora di lavoro. Veniamo chiamati nelle scuole, nelle università, dai gruppi scout, a parlare con le comunità e con i giovani, per provare ad avviare un dibattito su quello che ci aspetta e sul coraggio di cui abbiamo bisogno per affrontarlo.
Quale pensiate possa essere il futuro del movimento?
Continueremo a portare le nostre istanze nelle strade, nei musei, sulle piste dei jet privati, insieme a tutti gli altri movimenti in marcia insieme a noi. Stiamo cercando di crescere e di radicarci nello scenario politico italiano per diventare un megafono nei confronti di disagi e disastri che la crisi climatica causa a tutto il paese.
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