Il 24 febbraio del 2022 la Russia dava inizio all’invasione dell’Ucraina: un’operazione militare che secondo i piani iniziali di Putin avrebbe dovuto concludersi nel giro di pochi giorni con un cambio al vertice a Kiev, e che invece ha incontrato una tenace resistenza e si è trasformata in una guerra su vasta scala tutt’ora in corso.
In questi due anni la guerra in Ucraina ha causato la morte di 10.500 civili, 587 dei quali bambini e ragazzi. I dati delle vittime fra i soldati sono meno precisi, ma si parla di almeno 15 mila ucraini secondo l’organizzazione indipendente Book of memory che raccoglie le storie delle vittime di guerra, e oltre 30 mila secondo il Military Media Center. I morti fra i soldati russi sarebbero almeno 45 mila, secondo quanto riporta la Bbc, e 60 mila secondo il Ministero della Difesa del Regno Unito.
Vite in sospeso, il Rapporto Unhcr
In occasione di questo secondo anniversario del conflitto, l’Agenzia Onu per i rifugiati ha pubblicato il Rapporto “Vite in sospeso, intenzioni e prospettive dei rifugiati, delle persone rientrate e degli sfollati interni in Ucraina”, e attraverso 9.900 interviste mette in luce la situazione di chi ha lasciato il Paese e di chi è rimasto pur spostandosi da un oblast (provincia, ndr) all’altro per mettersi in salvo.
I cittadini ucraini, soprattutto donne e bambini, che ancora oggi si trovano all’estero sono 6 milioni e mezzo, mentre gli sfollati interni sono 3,7 milioni. La maggior parte di loro, rispettivamente il 65% e il 72%, spera ancora di poter fare ritorno a casa, ma le risposte dicono che la speranza si è affievolita rispetto a un anno fa, quando chi sperava in un ritorno alla normalità era il 77% e l’84%.
La crisi dei rifugiati ucraini è caratterizzata dalla separazione familiare, dato che gli uomini adulti non possono lasciare il Paese. A partire quindi sono state soprattutto le donne, con bambini e anziani al seguito. Circa la metà di chi ha trovato riparo all’estero ha fatto ritorno in Ucraina per brevi periodi, per visitare i familiari e per controllare le proprietà; quasi tutti concordano nell’affermare che la priorità è quella di riparare le proprie case.
I danni alle infrastrutture
La Kyiv School of Economics ha stimato che le infrastrutture del Paese abbiano subito danni per oltre 135 miliardi di dollari già alla fine del 2022: per il 38% si tratta di abitazioni, per il 26% di reti di trasporto, per il 16% di impianti di generazione e distribuzione dell’energia e impianti industriali e commerciali, per il 6% di produzioni agricole. Fallito il tentativo russo di invasione su larga scala, le maggiori devastazioni si sono concentrate negli oblast di Donetsk, Kharkiv, Kherson, Zaporizhzhya, Luhans’k e Kiev. Il costo della ricostruzione al 2023 era stimato dalla Banca Mondiale in oltre 410 milioni di dollari su un orizzonte temporale di dieci anni, una somma pari a 2,6 volte il Pil dell’Ucraina prima della guerra.
La situazione sul terreno
Attualmente il controllo delle forze russe si è spinto nei territori dell’Est ucraino lungo un fronte di circa mille chilometri. La scorsa estate le forze di Kiev hanno tentato con una controffensiva nell’area di Zaporizhzhya, allo scopo di tagliare in due i territori occupati dalla Russia e isolare la Crimea dalla zona orientale del Donbass. In realtà non sono stati raggiunti i risultati sperati e si sta consolidando una situazione di stallo, con l’eccezione del Mar Nero dove nel settembre scorso le forze ucraine hanno distrutto il quartier generale della Flotta russa.
Gli aiuti internazionali all’Ucraina
In questi due anni di guerra Stati Uniti ed Europa hanno fornito all’Ucraina una media di 110 miliardi di euro l’anno tra sostegno allo sforzo bellico e protezione della popolazione in fuga. Gli Usa sono il primo donatore singolo, mentre in Ue i Paesi che hanno erogato più fondi sono stati Germania, Polonia e Francia, tra finanziamenti diretti, aiuti umanitari e militari. In particolare, tra il 2022 e il 2024 l’Ue ha mobilitato 6,1 miliardi di euro a sostegno delle forze armate, per la fornitura di armamenti ma anche di dispositivi di protezione, kit di pronto soccorso, carburante.
La Russia, fra sanzioni e militarizzazione dell’economia
Dall’inizio della guerra, il Consiglio Europeo ha imposto alla Russia 13 pacchetti di sanzioni, compreso l’ultimo, arrivato proprio in occasione di questo secondo anniversario, che colpiscono i settori finanziario, commerciale ed energetico. Eppure, secondo il World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, il Pil russo nel 2023 è comunque cresciuto del 3% e dovrebbe avere un ulteriore rialzo del 2,6%: se la Federazione Russa ha subito un crollo delle esportazioni verso l’Europa, si è orientata verso i mercati del cosiddetto “Sud globale”, oltre a incrementare gli scambi con la Cina, che hanno raggiunto un valore di 240 miliardi di dollari. Mosca è anche riuscita ad aggirare i divieti alle esportazioni facendo transitare i suoi prodotti da Paesi come l’Armenia, il Kirghizistan e il Kazakhstan.
L’impatto del caso Navalny
La morte in carcere di Alexei Navalny ha contribuito a suscitare indignazione internazionale nei confronti di Putin e ne ha ulteriormente minato l’immagine. La moglie dell’oppositore politico lo ha definito personalmente responsabile del decesso del marito, come pure il presidente Usa Biden.
Secondo l’International Peace Research Institute di Oslo, il primo effetto potrebbe essere proprio l’approvazione di nuove sanzioni nei confronti della Russia, parte delle quali dirette a persone coinvolte nel decesso sospetto di Navalny, oltre che al sostegno all’Ucraina.
(Foto aprtura: Drop of Light/Shutterstock.com)
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