I tempi di attesa e il costo elevato delle visite scoraggiano i senior a sottoporsi ad accertamenti. Gli over 50 sono spesso costretti a spostarsi in un’altra città o addirittura in un’altra regione. I dati su questo fenomeno e le storie di chi lo ha vissuto con tenacia e coraggio
Se il problema esisteva già prima del 2020, oggi non ha fatto altro che aggravarsi. La pandemia ha lasciato strascichi importanti nel settore della sanità portando, in alcuni casi, anche al raddoppiamento dei già lunghi tempi di attesa per visite, esami diagnostici ed accertamenti. Secondo quanto indagato da 50&Più e Format Research, infatti, sono molti gli over 50 che rinunciano a visite mediche o esami specialistici a causa di tempi di attesa eccessivi (il 57,1% ha dichiarato che accade “spesso” o “talvolta”) e il costo della visita (32,8%). Inoltre, alla domanda “Le è mai capitato di dover rinunciare ad una visita medica o a un esame diagnostico?” gli altri motivi più frequenti sono legati alla difficoltà di trovare il posto dove effettuare l’accertamento (27,7%), alla mancanza di tempo (18,2%), all’eccessiva distanza del luogo in cui effettuare la visita dal proprio domicilio (14,8%) e all’impossibilità di trovare qualcuno per poter essere accompagnati (9,3%). Difficoltà riscontrate soprattutto nel Sud e nelle Isole per quanto riguarda i tempi di attesa, l’elevato costo delle visite e il problema di trovare il luogo o la struttura dove effettuare l’accertamento.
Così, il 44,2% dei cittadini over 50 si è dovuto spostare in un’altra città per effettuare una visita o un esame, il 25,5% in un’altra provincia e il 12,3% ha dovuto cambiare regione. Inoltre, i tempi di attesa sono anche una forte discriminante su cui si basa la scelta del luogo in cui effettuare visite mediche specialistiche o esami diagnostici. L’88,6%, infatti, ha dichiarato che le tempistiche influiscono “molto” o “abbastanza” sulla scelta del luogo in cui curarsi, così come lo fanno la qualità della prestazione (nell’87,2% dei casi), la gratuità della prestazione (78,5%), la conoscenza pregressa del centro medico (76,5%), la vicinanza al domicilio (68,4%) e gli orari di apertura della struttura (60%). I primi due parametri (i tempi di attesa e la qualità della prestazione), però, sono una priorità soprattutto tra gli over 50 che hanno uno stato di salute cattivo o molto cattivo e per coloro che vivono al Sud e nelle Isole. Abbiamo deciso di ascoltare le voci di chi, purtroppo, ha dovuto cambiare città o ha vagliato l’ipotesi di pagare prestazioni molto costose per poter usufruire di un’adeguata assistenza. Ecco le storie di Mario, Giulio e Carla.
L’esperienza di Mario
Mario vive a Lecce e quando la figlia quarantaduenne ha scoperto di avere un tumore al seno, lui e la famiglia hanno deciso di recarsi a Milano. “Quando mia figlia ha scoperto di avere un nodulo al seno abbiamo deciso di recarci al San Paolo di Milano. Lo abbiamo scelto perché già nel 1992 a mia moglie era stata diagnosticata una patologia autoimmune e, dopo esserci rivolti senza successo al Policlinico di Bari, a Milano avevamo raggiunto ottimi risultati per la cura. Nel caso di mia figlia i medici hanno effettuato degli accertamenti, scoprendo che si trattava di un tumore maligno e consigliandole di recarsi all’Humanitas per effettuare il ciclo di radioterapia. Per questo ci siamo traferiti con lei a Milano per un mese. Abbiamo optato per questa soluzione perché le visite preliminari nella nostra città richiedevano un’attesa anche di 4 o 5 mesi e non potevamo aspettare tanto”.
La storia di Giulio
“A gennaio 2022, mia madre settantenne ha scoperto di avere un carcinoma al seno” racconta Giulio. “La diagnosi, arrivata in tempo per le cure, ha posto tutta la famiglia davanti al problema della lontananza dall’ospedale presso cui curarla: era a Terni, ad oltre 40 km dal luogo in cui ancora oggi vive, una cittadina al confine tra l’Umbria e il Lazio. Per 3 mesi, infatti, quasi una volta a settimana ha affrontato un ciclo di 12 chemio. Si trattava di percorrere oltre 80 km tra andata e ritorno. A questo si aggiungevano anche gli esami di controllo da svolgere regolarmente presso la stessa struttura. Gli ospedali più vicini, infatti, non erano in grado di garantire quel tipo di terapia o non erano sufficientemente attrezzati. La sua vicenda è finita positivamente, per fortuna, ma la distanza è stata vissuta con molta fatica”.
La vicenda di Carla
“A seguito di un arresto cardiaco, a mio padre di 86 anni è stata prescritta una tac coronarica urgente”, racconta Carla, residente con la famiglia in provincia del Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte. “Dopo aver ricevuto l’impegnativa del medico mi sono rivolta al CUP con l’intento di prenotarla tramite il Sistema Sanitario Nazionale. Non era possibile effettuarla prima di ottobre. Così mi sono informata per poterla eseguire privatamente e ci sarebbero stati posti disponibili al costo di 800€. Mio padre ha rifiutato l’idea di spendere tanto per questa visita e ha declinato anche quando io e i miei fratelli ci siamo proposti di pagarla. Fortunatamente, l’addetta del CUP si è rivelata una persona estremamente disponibile e mi ha richiamata non appena si è liberato un posto tramite il sistema pubblico, garantendoci una visita in tempi brevi. Se non fosse stato così, oggi staremmo ancora aspettando una tac che, secondo la prescrizione, avrebbe dovuto essere effettuata in 10 giorni”.
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