A Novembre si parla di salute al maschile grazie a Movember, movimento globale che affronta temi come tumore alla prostata, cancro ai testicoli, depressione, salute mentale. Ogni anno, in questo periodo, molti Paesi promuovono campagne informative. Fondazione Longevitas organizza cinque appuntamenti per gli over 65 (e non solo).
Il suo nome deriva dalla combinazione delle parole inglesi “moustache” (baffi) e “November” (novembre). Questo perché durante il mese di novembre, gli uomini interessati si lasciano crescere i baffi per sensibilizzare l’opinione pubblica e raccogliere fondi per la salute maschile. Si tratta di Movember, movimento globale i cui obiettivi principali sono: favorire la diagnosi precoce del cancro alla prostata; rendere più consapevoli su altre patologie maschili; finanziare la ricerca scientifica per trovare nuove cure e migliorare la prevenzione di queste malattie.
Cinque conferenze per parlare di prevenzione e tumore alla prostata
Per informare su un tema così delicato – troppo spesso percepito come tabù fra gli uomini – Fondazione Longevitas propone nel mese in questione un ciclo di conferenze dedicato alla prevenzione del tumore alla prostata. Una campagna di informazione che si svolge presso centri di aggregazione per anziani a Palermo, Bari, Roma, Milano e Torino. Nelle conferenze a parlare saranno esperti, opinion leader e urologi.
“È il tumore più diffuso tra quelli che colpiscono la popolazione maschile – ha detto Eleonora Selvi, presidente della Fondazione Longevitas nel presentare il progetto di prevenzione – ma oggi si convive sempre di più con questa patologia se la si diagnostica per tempo”. Sul sito della Fondazione è possibile avere tutti gli aggiornamenti e le date.
Un progetto pilota in Lombardia per uno screening periodico
Il tumore alla prostata è una patologia oncologica insidiosa e silente. Colpisce una ghiandola presente nell’uomo che ha le dimensioni di una castagna e la cui funzione principale è produrre una parte del liquido seminale, che viene rilasciato durante l’eiaculazione. La malattia spesso e volentieri porta sintomi considerevoli solo quando è in stadio avanzato. Serve promuovere allora un’attività di prevenzione e ancor prima di sensibilizzazione al controllo periodico che possa coinvolgere gli uomini dai 50 anni in su.
Claudio Talmelli, presidente di Europa Uomo – associazione nata nel 2003 per difendere il diritto degli uomini ad essere informati sul tumore della prostata e sulla sua prevenzione, ad accedere alla diagnosi precoce e a ricevere le cure migliori in centri di cura specializzati -, ha sottolineato come sia in cantiere “un progetto ‘pilota’ in collaborazione con Regione Lombardia che intende convocare periodicamente in ‘screening’ alla prostata la maggior parte possibile degli appartenenti alla fascia di età 50-69 anni” (in regione in totale 1,4 milioni), a partire novembre, ogni 30 giorni. Attualmente non esistono programmi di diagnosi precoce per questo tipo di tumore, nonostante sia il più diffuso nel genere maschile, soprattutto oltre i 55 anni.
In Italia ci sono 574.000 casi di tumore alla prostata. Non si tratta solo di anziani
“Si è sempre parlato di un tumore dell’anziano, ma di fatto non è sempre così vero. Tanto per dare dei numeri – ha spiegato Claudio Talmelli – diciamo che in Italia attualmente ci sono 574.000 malati viventi affetti da tumore alla prostata già diagnosticata che stanno seguendo le varie cure”, ai quali vanno ad aggiungersi “43.000 nuovi casi e 8.000 decessi ogni anno”.
Numeri che affermano un alto tasso di incidenza ma un altrettanto buon tasso di sopravvivenza. “Questo vuol dire che con questa malattia si può guarire, si vive a lungo, tant’è vero che il grado di sopravvivenza di affetti a tumore alla prostata è del 93% sui 5 anni e supera di gran lunga l’80% sui 10 anni”, precisa. Qui subentra uno dei problemi nel contrasto efficace al tumore, con molti malati che non sanno di esserlo e continuano a condurre una vita ordinaria, seppur costellata di disturbi più o meno invalidanti che possono solo aumentare in caso di scoperta tardiva e terapie connesse.
Bisogna concentrarsi sulla popolazione più a rischio
Questa dinamica si può ovviare con un controllo preventivo che, anche qualora dovesse riscontrare la presenza del tumore, possa sfruttare l’alto tasso di sopravvivenza lenendo al contempo tutti i disturbi, tenendo conto di alcune specifiche e concentrandosi sulla fetta di popolazione che rischia maggiormente: “In questi ultimi tempi- ha rilevato il presidente di Europa Uomo – si è capito che non bisogna andare verso tutti i maschi, ma ci sono dei gradi diversi di rischio, per cui la cosa intelligente che è stata fatta anche in questo screening di Regione Lombardia è quello di filtrare le persone che hanno più rischio e metterle sotto la lente di ingrandimento”.
Gli uomini: meno interessati alla loro salute rispetto alle donne
Da un punto di vista culturale, in Italia, tra la popolazione maschile c’è ritrosia nel parlare di questi problemi, e nel conviverci più o meno serenamente. L’ostacolo è psicologico e culturale. In primo luogo per una nota minor puntigliosità nell’interesse alla salute degli uomini e una maggior reticenza al controllo ‘spontaneo’ rispetto alle donne, a cui si aggiunge un discorso di virilità e di autostima, data l’area intaccata, che spesso comporta la sottovalutazione dei sintomi.
Ecco perché “questa malattia, se scoperta in anticipo, chiaramente dà luogo a trattamenti meno invasivi, meno interventi chirurgici che per quanto ormai ora siano all’avanguardia, con i robot e con una precisione millimetrica, restano comunque interventi chirurgici”. Tuttavia, “la mancanza di uno screening sulla popolazione fa sì che molte volte la si scopra un po’ troppo avanti e questo ovviamente dà luogo a dover intervenire in maniera più massiva”.
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