Un vaccino, attualmente ancora in fase di sperimentazione, potrebbe cambiare drasticamente l’approccio alla cura del tumore al seno.
Al momento si tratta ancora di una sperimentazione, ma sembra promettere bene. Il vaccino contro la neoplasia del seno ha superato la prima fase di test sulle persone, dimostrandosi molto sicuro nel generare una forte risposta immunitaria antitumorale. Lo studio, condotto dalla School of Medicine dell’Università di Washington e pubblicato su Jama Oncology, suggerisce come il vaccino possa essere utilizzato per trattare diverse forme tumorali del seno.
La prima fase di sperimentazione
In questa prima fase il trial serviva a valutare la sicurezza del farmaco. Nello specifico, i ricercatori hanno analizzato se fosse in grado di agire sulla proteina chiamata recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano Her2 e generare una risposta immunitaria a questa proteina. Proprio questa nel 30% dei tumori al seno risulta sovra-prodotta fino a cento volte la quantità normale. Da qui il nome dei tumori definiti “Her2-positivi”, che tendono a essere più aggressivi e hanno maggiori probabilità di recidivare.
Tuttavia, la sovrapproduzione di Her2 innesca anche una reazione immunitaria che può avere un risvolto benefico. Le pazienti che sviluppano un tipo di immunità chiamata citotossica hanno infatti meno possibilità che la malattia si ripresenti dopo il trattamento, e mostrano una sopravvivenza più lunga.
Il ruolo del vaccino
Ed è qui che entra in campo il vaccino. Per stimolare questa reazione immunitaria, i ricercatori hanno progettato un vaccino a Dna che contiene le istruzioni per una parte della Her2. Una volta iniettato viene assorbito dalle cellule che iniziano a produrre la proteina codificata nelle istruzioni. Successivamente la presentano al sistema immunitario per generare la risposta citotossica.
Uno studio lungo dieci anni
La prima fase di test ha coinvolto un campione di 66 donne con tumore al seno metastatico, che avevano completato un ciclo di terapia standard e avevano raggiunto una remissione completa.
Divise in tre gruppi, le pazienti hanno ricevuto tre iniezioni. A quelle del primo gruppo è stato somministrato un basso dosaggio del vaccino, a quelle del secondo una dose intermedia e al terzo una elevata. Le partecipanti sono state monitorate fino ai 10 anni successivi per osservare che il vaccino non innescasse una risposta autoimmune contro altri tessuti sani.
I risultati e le prospettive
I risultati hanno mostrato che il vaccino è molto sicuro, con effetti collaterali minimi, come arrossamento e gonfiore al sito di iniezione e lievi sintomi influenzali. Ma soprattutto ha generato la risposta immunitaria desiderata, con una risposta più forte nelle pazienti che hanno ricevuto la dose media. Dopo dieci anni, l’80% delle pazienti campione è ancora in vita, contro una sopravvivenza media del 50% ai cinque anni per il carcinoma mammario Her2.
I risultati aprono dunque la strada a uno studio clinico di fase 2 che allargherà il campione per testare ancora meglio l’efficacia.
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