Le truffe del cuore fanno ogni anno 400 vittime: quelle disposte a denunciare – s’intende -. Il resto rimane in un angolo di sommerso. Stiamo parlando delle cosiddette truffe sentimentali, quei raggiri che fanno leva sulla solitudine o la fragilità delle persone con lo scopo unico di spillare loro somme ingenti di denaro.
«Dalla pandemia in poi abbiamo riscontrato un aumento del fenomeno», ci dice Alessandro Scarpello, vice questore, vice dirigente del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica del Lazio (nella foto a destra). Ci siamo rivolti a lui per fare chiarezza e per definire in maniera circostanziata un fenomeno che non guarda in faccia al genere o all’estrazione sociale: «Ci è capitato che professionisti cadessero nella trappola delle truffe sentimentali».
Gli chiediamo, perciò, di inquadrare esattamente questa realtà. «Si tratta – ci spiega – di truffe portate avanti da persone che contattano le vittime tramite social network. Quello in cui avvengono più spesso è Facebook, semplicemente perché più frequentato da una fascia d’età che va dai quarant’anni in su». Il che ovviamente non preclude la strada ai truffatori nemmeno attraverso ulteriori piattaforme che infatti vengono usate seguendo un copione ben definito e che si basa sulla capacità del truffatore di «instaurare una relazione con la persona. Nel caso delle truffe romantiche, si tratta di una vera e propria relazione sentimentale».
Quando parliamo di truffe sentimentali intendiamo – ci dice ancora il Vice Questore – che «le vittime si convincono davvero di essersi fidanzate – o comunque di avere un rapporto sentimentale – con chi le contatta o, in alternativa, si genera un rapporto comunque stretto legato a una mancanza». Cosa si intenda, è presto detto: «È il caso di coloro che, fingendosi interessati alla vittima, lasciano intendere di voler stare al fianco della persona contattata arrivando magari persino a chiamarla ‘mamma’ o ‘papà’». Il che ci lascerebbe intuire che questo genere di raggiri colpisca indistintamente uomini e donne, ma non è proprio così: «Le vittime sono soprattutto donne tra 50 e i 60 anni e, solo a Roma, ogni anno se ne contano almeno 30 o 40». Parliamo, come detto, di coloro che riescono a denunciare. Le altre restano nel sommerso.
Le ragioni di un tale silenzio risiedono proprio nelle caratteristiche di questo reato che, come sottolineano dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica del Lazio, ha sia un profilo economico evidente sia il danno psicologico causato alle persone che sono realmente convinte di avere una relazione con qualcuno che, solo in un secondo momento, scopriranno non esistere. «A cadere nella trappola – aggiunge il Vice Questore – sono persone che nella vita magari sono sole, sono rimaste sole o vivono una relazione non soddisfacente. Di fatto si aggrappano a chi li sta truffando idealizzandone la figura».
E non pensate si tratti di pratiche svolte in velocità. Dietro a questi raggiri, c’è un lavoro di fino che può durare anche mesi, a seconda della disponibilità economica della persona e, soprattutto, alla sua maggiore o minore propensione a coinvolgersi economicamente. Sì, perché l’obiettivo finale è solamente quello di estorcere denaro e c’è persino chi – come ricostruisce la Polizia – è stato a un passo dal perdere la casa su cui aveva messo un’ipoteca, proprio a causa di queste truffe sentimentali.
Ma vediamo come si presentano questi truffatori. «Col volto pulito di una persona che può essere un rappresentante delle Forze dell’Ordine, un rappresentante di alcune Istituzioni, un importante dirigente. Spesso racconta di trovarsi in zone complicate per questioni politiche o di guerre e, da qui, si arriva alla fase successiva: quella della necessità di ottenere, per le ragioni più varie, denaro». Tant’è che, se in un primo momento, la persona interessata ai nostri soldi non farà che elogiare le nostre qualità sottolineando l’affinità innata con noi e la fortuna di averci incontrate sul suo cammino tramite internet, nella seconda scatterà la richiesta di bonifici.
Per molti, le richieste hanno assunto la forma di centinaia di migliaia di euro erogati pur di «consentire un presunto ricongiungimento con la ‘persona amata’ adducendo la momentanea indisponibilità di denaro per motivi burocratici, assenza di permessi per poter lasciare il Paese». In realtà, il nostro truffatore noi non lo incontreremo mai: primo perché non ha nessuna intenzione a che ciò avvenga; secondo, perché dietro il suo profilo c’è un autentico arsenale di gente. Si tratta, infatti – come chiarisce il vice questore Scarpello -, di «organizzazioni formate da persone che, h24, si alternano nella comunicazione con la vittima. Dietro queste truffe, non c’è mai un singolo».
E talvolta, per indurre le vittime a sborsare ancora più soldi, vengono raccontati presunti problemi familiari – figli malati, ad esempio – premendo sul tasto della sensibilità della vittima che magari, nel confidarsi col suo interlocutore che mira però a ingannarla, ha confessato un desiderio di maternità talvolta mai concretizzatosi. Ma la domanda a questo punto è: se una squadra di delinquenti si dà il cambio alla tastiera, qualche incongruenza nella scrittura e dunque nel contenuto nella relazione web ci sarà pure? «Questo – secondo Scarpello – dovrebbe infatti essere un campanello di allarme. Se il primo è la richiesta di denaro, il secondo è proprio nella mancanza di coerenza nelle risposte. Sebbene i truffatori seguano un copione ed eventualmente si scambino una reportistica della vittima, ci sono dei passaggi delle conversazioni che possano sfuggire e che dovrebbero metterci in allerta».
Eppure questo spesso non avviene per quanto si sia completamente obnubilati dalla fascinazione verso una persona che sta dando a noi attenzioni. Ma, occhio: sempre bene parlarne almeno con un’amica, con un amico che, da esterno, può metterci in guardia e farci scattare il campanello di allarme che a noi evidentemente non è suonato. Ad ogni modo, i consigli sono questi: «Controllare – come ci dice il Vice Questore – il nominativo della persona che ci si presenta su internet perché, spesso, quel suo nome è già stato usato e finito al centro di commenti negativi da parte di altri utenti che sottolineano come si tratti di una truffa. E diffidare – lo ripete ancora una volta – di chiunque ci faccia questo genere di richieste di denaro».
Tra le operazioni più recenti andate a segno – e che dunque hanno portato all’arresto dei truffatori – c’è quella legata al nome (chiaramente finto) di Larry Brooks: sedicente ufficiale dell’esercito americano, di stanza in Siria, con una foto profilo su Facebook che lo ritrae come un uomo affascinante di mezza età. Dopo aver sedotto molte donne – con questo profilo ‘fake’, appunto -, scattava la richiesta di denaro anche a nome di un presunto figlio. Le donne versavano, insospettite ma versavano, con la speranza che quell’amore lontano un giorno potesse toccare il suolo del nostro Paese. A corroborare la finta favola, identità fittizie che si fingevano avvocati di studi legali incaricati da Brooks di gestire le transazioni finanziarie. Dalle indagini della Polizia sono emersi illeciti per oltre 400mila euro: soldi spillati a persone che, per diverse ragioni e fragilità, sono finite nella rete.
«La difesa migliore – conclude Alessandro Scarpello, vice questore, vice dirigente del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica del Lazio – è conoscenza e prevenzione».
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