Il Digital Economy and Society Index (DESI) monitora le prestazioni digitali complessive dell’Europa e i progressi dei Paesi dell’UE nella competitività digitale. Purtroppo siamo fermi al 18°posto.
In ambito europeo l’Italia non rappresenta uno dei Paesi chiave in fatto di trasformazione digitale. Nel Digital Economy and Society Index della Commissione Europea si ferma al 18° posto con un punteggio di 49,3 su 100. Contro il 52,9 della Germania, il 53,3 della Francia e il 60,8 della Spagna.
I ritardi sono dovuti a una combinazione di più fattori, fra i quali il basso numero di laureati in discipline legate alla tecnologia. Ma c’è anche un gap in fatto di connettività, con il 34% delle famiglie che ancora oggi non hanno accesso alla banda larga.
Eppure, i segnali di miglioramento ci sono, come sottolinea l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale. Bisogna però considerare altri indicatori, finora non adeguatamente monitorati. Si tratta di differenze territoriali, caratteristiche socio-demografiche, diffusione dei pagamenti elettronici, telemedicina e formazione per il lavoro e l’e-government.
I dati dell’Osservatorio
L’Osservatorio, in collaborazione con Ibm Italia, ha cercato di concentrarsi proprio sull’analisi degli aspetti sottorappresentati in altre indagini, per sviluppare un modello rappresentativo del “sistema Italia”. Quello che emerge sono dati incoraggianti sull’e-commerce, aumentato di 2,4 volte dal 2016 al 2022, sull’inclusione digitale con 350 milioni di euro di fondi stanziati per la formazione, sull’utilizzo di Spid, il Sistema pubblico di identità digitale, oggi usato da 35 milioni di cittadini.
Misurare la digitalizzazione
Per misurare la digitalizzazione dei cittadini, sono stati utilizzati tre indicatori: competenze digitali superiori a quelle di base, individui che utilizzano internet almeno una volta alla settimana, persone che interagiscono online con la Pubblica Amministrazione. L’Italia ha mostrato un aumento dei soggetti che dialogano in maniera digitale con la PA. Non è migliorata però negli altri due parametri, restando al 25esimo posto in Ue, con una classifica che vede l’Olanda al primo posto.
Per stimare la digitalizzazione delle imprese, sono stati calcolati la quota delle vendite in e-commerce, il valore della Data Economy e gli esperti in “Information and Communication Technology (ICT)”. In questo caso il nostro Paese ha dimezzato il divario rispetto alla media europea, e l’ha superata nel campo dell’e-commerce.
Infine, per calcolare la digitalizzazione della PA, sono stati considerati i servizi pubblici digitali per i cittadini e quelli per le imprese: in questo segmento l’Italia si ferma al 19° posto in Europa.
Il divario in termini di capitale umano
Il posizionamento italiano risulta peggiore nell’ambito del “capitale umano”, con particolare riferimento alla frequenza di accesso a internet della popolazione in età lavorativa e a quella degli studenti per scopi didattici.
Non tutta la trasformazione digitale in Italia però va a rilento. Sul fronte della cybersecurity si registra invece un posizionamento migliore rispetto alla media europea. Crescono infatti le imprese che adottano misure per la sicurezza e informano i propri dipendenti sul tema.
Inclusione sociale
L’Italia resta sotto la media per inclusione sociale, soprattutto a causa dei divari di utilizzo della rete per fasce d’età e livelli di istruzione. Al contrario registra un buon posizionamento per la partecipazione politica e la capacità dei cittadini di reperire online le informazioni sanitarie.
L’uso della rete è comunque in costante aumento, anche tra i senior. Nel 2023 il 79,5% della popolazione ha utilizzato Internet negli ultimi tre mesi, il 77,8% almeno una volta alla settimana e il 67,5% tutti i giorni. La percentuale di accesso è del 91% fra gli 11 e i 54 anni, del 60,4% fra i 65 e i 74 anni e del 24,7% fra gli over 75. L’incremento maggiore dell’ultimo periodo è proprio tra le fasce più adulte della popolazione (+3,7%).
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