Americana di nascita e inglese di adozione, ha subìto il fascino dei libri sin da bambina, quando già sognava di diventare scrittrice. I personaggi dei suoi romanzi sono persone semplici, eppure, attraverso le loro battaglie quotidiane, riescono ad ottenere piccole ma importanti conquiste
di Raffaello Carabini
Tracy Chevalier è tra le più famose autrici di romanzi storici, grazie soprattutto al conosciutissimo La ragazza con l’orecchino di perla, al cui successo ha contribuito l’omonimo film, firmato dal regista Peter Webber, ma anche a La dama e l’unicorno, I frutti del vento e al nuovo La ricamatrice di Winchester.
«Volevo scrivere un libro su una cattedrale – dice -, e ho scelto quella di Winchester. Sono entrata, è stupenda, con vetrate bellissime, sculture, dipinti, tutte opere di uomini. Poi ho notato che ci sono ancora dei magnifici cuscini, creati a ricamo nel secolo scorso da donne comuni e non da grandi artisti. Così mi è venuta l’idea del personaggio di Violet. Lei piace soprattutto perché è ordinaria, proprio come tutti noi. Preferisco scrivere di persone comuni, che vivono vite modeste che in realtà hanno un grande significato. La sua vita consiste in piccoli atti di ribellione che si sommano fino a diventare una rivoluzione. Penso che il cambiamento in senso positivo nella vita di tutti, anche di ognuno di noi oggi, inizi con azioni minimali, facendo scelte coraggiose nei nostri ambiti ristretti, e poi cresca».
È vero, secondo lei, che gli uomini, nella loro storia, hanno compiuto atti più nobili e più ignobili di qualunque narrazione di uno scrittore?
Questa domanda mi ricorda la frase inglese, “la verità è più strana”. Cioè, le cose che accadono nella vita reale sono spesso più sorprendenti di qualsiasi evento uno scrittore possa immaginare. Mi ritrovo spesso ad ascoltare dei fatti e pensare: “Wow, non puoi inventarlo, nessuno ti crederebbe!”.
Se le fosse possibile cambiare, qual è il periodo storico durante il quale vorrebbe vivere e perché? E quale eviterebbe assolutamente?
Al momento sto studiando la Venezia del XV secolo e mi piacerebbe vivere allora. In particolare, in un dipinto di Vittore Carpaccio. I suoi volti sono così espressivi e la sua rappresentazione della vita veneziana quotidiana così dettagliata e interessante: voglio solo essere lì! Penso che troverei invece difficile vivere nell’Inghilterra vittoriana. Il diciannovesimo secolo, durante il regno di Victoria, non fu affatto facile per le donne. È stato molto repressivo.
Che caratteristiche deve avere un fatto, un oggetto, un’idea, per attirare la sua attenzione e farle dire: “Ecco voglio scrivere proprio di questo”?
Non sono mai stata in grado di prevedere il genere di cose che mi avrebbero affascinato e di cui scrivere. Mi sorprendo a volte! Fossili, trapunte, mele, cuscini della cattedrale: non mi sarei mai aspettata di scrivere di queste cose. Ma penso che la caratteristica simile per tutte loro sia il mistero. Scelgo spesso storie in cui vi sono delle lacune da colmare. Com’è noto, in La ragazza con l’orecchino di perla, c’era una totale non conoscenza della giovane donna raffigurata nel dipinto di Jan Vermeer. Non abbiamo idea di chi fosse. Quando me ne sono resa conto ho pensato: “Fantastico, posso inventare una storia per colmare questa lacuna!”.
Quanto è importante la ricerca storica anche per abiti, gioielli e ambienti fisici, come stanze e arredi, per il successo di una storia?
È assolutamente fondamentale. Quando scrivo un romanzo ambientato in un periodo che i lettori non conoscono, ho bisogno di creare un mondo credibile per loro, in modo che possano immaginarlo da soli. Devono sapere cosa mangiano, indossano, odorano e dove si siedono e vivono i personaggi. Ci sono molte ricerche da fare prima di scrivere. Nei circa tre anni che mi occorrono per la stesura di un libro almeno uno è dedicato alla sola ricerca.
Qual è stato l’avvenimento, la molla che le ha fatto decidere di diventare scrittrice? E quale ha motivato la sua scelta di narrare storie ambientate nel passato?
Ho amato i libri da quando ero bambina e ho letto molto. Volevo diventare una scrittrice fin da allora, oppure una bibliotecaria, perché avrei potuto distribuire libri. Attorno ai vent’anni ho lavorato per un po’ nell’editoria e ho scritto racconti nel tempo libero. Alla fine, però, volevo concentrarmi sulle mie parole piuttosto che su quelle degli altri, e così l’ho lasciata e mi sono concentrata sulla scrittura all’inizio dei miei trent’anni. Il mio primo romanzo, La vergine azzurra (del 1997, apparso in Italia per Neri Pozza nel 2005, Ndr), è stato per metà contemporaneo e per metà storico. Mentre lo buttavo giù ho scoperto che amavo ricercare e scrivere le sezioni storiche, ma non quelle contemporanee, poiché sono troppo vicine alla mia esperienza. Uso l’elemento storico per sfuggire a me stessa e dalla mia vita quotidiana. Da allora ho scritto la narrativa storica in modo da poter continuare a fuggire!
Per iniziare l’attività di scrittore è meglio essere un giovane aperto alla vita oppure una persona più matura, magari che abbia avuto altre esperienze lavorative?
Penso che entrambi abbiano i loro vantaggi e svantaggi. In generale, sarei probabilmente più attratta dagli scrittori più anziani, perché hanno vissuto di più e hanno maggiori prospettive. Se vuoi scrivere, devi farlo costantemente e trovare persone che ti diano un buon feedback critico. La buona scrittura sta davvero nel buon editing. Ogni frase può essere migliorata.
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