Il giro di boa c’è stato. L’11 marzo scorso si è fatto un anno esatto da quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che il Covid-19 si configurava ormai come una pandemia.
In quest’ultimo anno quello che ci siamo sentiti dire più spesso in assoluto è che sono soprattutto le persone anziane a correre i maggiori rischi. Vero, ma ci siamo anche accorti che, di fronte al virus, siamo tutti esposti ad un elevatissimo rischio. Le storie che ogni giorno sentiamo giungere dagli altri Paesi (non solo quelli “vicini”, quelli europei, ma anche quelli più distanti e spesso più poveri) non confortano. In particolare lì dove ci si trova dinanzi a bassi e medi redditi e con sistemi sanitari deboli.
Un virus che non mina solo la salute ma anche la coesione sociale
Ad oggi, secondo l’Oms, oltre due milioni di persone in tutto il mondo sono morte a causa del Covid. Per fortuna sembra che il virus non abbia avuto un impatto devastante, come si era pensato, sui territori dell’Africa subsahariana. Ma la situazione comunque non conforta. In realtà la pandemia non ha fatto altro che mettere in luce tutte le sfumature della disuguaglianza. L’ageismo è uscito alla scoperto, sdoganato dalla situazione. La maschera è saltata, è ormai un indiscusso prodotto istituzionale.
È un problema reso ancora più minaccioso dal fallimento dei sistemi sanitari e dalla reale mancanza di risorse. E chi se non gli anziani sono le persone più a rischio di isolamento quando c’è in corso una crisi sanitaria? Su questo problema ha cercato di accendere i riflettori “HelpAge International”, rete internazionale con sede a Londra che riunisce diverse organizzazioni di aiuto agli anziani e che è attiva contro le discriminazioni in età avanzata.
Proprio di questa situazione, infatti, negli ultimi giorni si è fatto portavoce il direttore generale della stessa “HelpAge”, Justin Derbyshire. Tornato a denunciare le difficoltà degli anziani in molti Paesi, Derbyshire ha sottolineato come nel Regno Unito il governo abbia (giustamente) dato priorità alle persone vulnerabili – tra cui agli anziani – nel programma di vaccinazione. Ma allo stesso tempo non ha potuto fare a meno di pensare a tutte quelle persone anziane che sono “fuori” dai confini del suo Paese.
La povertà rende meno visibili a tutte le latitudini
Nel corso di questa pandemia “HelpAge International” ha cercato di supportare in vario modo gli anziani, anche in quei Paesi con maggiori difficoltà. Consegna di cibo, kit di igiene, aiuto psicosociale sono state alcune modalità per evitare il loro ulteriore isolamento. Necessità spesso enormi. Con il Covid la loro vita si è fatta più complicata.
E da tutte le latitudini vengono molte storie che HelpAge ha raccolto per narrare il “doppio lockodown” vissuto dagli anziani. Come quella di Klavdiya Kazakova. A 79 anni si è dovuta cucire la mascherina con l’aiuto di volontari perché nella farmacia del villaggio non ce ne sono. Sfollata a Zolote, in Ucraina, quando è iniziata la guerra nel 2014, nonostante i problemi di deambulazione vive da sola. Vista l’assenza di collegamenti nei trasporti, i figli sono in contatto con lei solo tramite telefono. Anche la pensione è scarsa e le spese, visto l’incerto futuro, vanno limitate.
Situazione parimenti drammatica per James Philip Conteh, 71 anni, ex impiegato statale di Freetown in Sierra Leone. Anche lui ha affidato la sua testimonianza a “HelpAge”. È un racconto teso, ancora più accorato per la recente epidemia di ebola ed alcuni eventi estremi naturali. Per via delle restrizioni sanitarie la moglie ha dovuto chiudere la sua attività. Oggi vanno avanti con i pochi risparmi che hanno, ma se le cose non si sistemeranno presto diventerà difficile anche solo sopravvivere. I medicinali per curare il diabete glieli inviava fino a qualche tempo fa il figlio dal Regno Unito, ma ora ci sono problemi anche per questo.
Dall’Africa al Myanmar, l’antica Birmania. Qui U Mya Paul, 70 anni, affronta una situazione simile. Da giovane coltivava riso, ma ora che non può più lavorare deve contare sui guadagni della figlia, venditrice ambulante nei villaggi vicini, che purtroppo per le misure anti-Covid ora lavora confezionando sigari per nemmeno un dollaro al giorno. Per lui, come per gli altri, la situazione è drammatica: anche l’oro di famiglia è stato già venduto.
Storie. Storie di anziani di tutto il mondo, una grossa parte dei quali in condizioni estreme. «Non è troppo tardi per affrontare le disuguaglianze messe in evidenza dal Covid-19 – ha dichiarato Justin Derbyshire -. Presto sarò in fila per vaccinarmi ma sarò consapevole che la mia vaccinazione avviene a scapito di milioni di persone che corrono un rischio più alto del mio». Per HelpAge il Covid ha scatenato un lockdown sociale di cui gli anziani sono le prime vittime. Per evitarlo le soluzioni ci sono. Fra queste si può sostenere Covax, il più grande progetto di vaccinazione di massa per un accesso equo, in ogni luogo e per chiunque ne abbia bisogno, a vaccini contro il Covid a prezzi contenuti.
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