Rainalda Torresini.
Professoressa in pensione. Lettrice, regista e attrice di una compagnia amatoriale. Dice di se: “ho sempre amato giocare con i numeri, da regalare, da contare ma non ho mai giocato con il mio passato”. Con l’autobiografia cerca di fare un puzzle dai contorni chiari e definiti. Partecipa al Concorso 50&Più da diversi anni; nel 2015 e 2020 riceve la Menzione speciale della Giuria per la fotografia, nel 2016 vince la Farfalla d’oro per la prosa, nel 2017 riceve la Superfarfalla, nel 2018 la Menzione speciale della giuria per la poesia e la Segnalazione per la prosa e nel 2019 vince la Farfalla d’oro per la poesia. E’ nata e vive a Carbonera (Tv).
Sono stata precoce nei legami affettivi.
Le mie labbra non sono rimaste vergini a lungo.
Le ho appoggiate per la prima volta a dieci anni su quelle di un bambino dagli occhi cerulei che esaltavano il suo nome: Glauco. Un affascinante cucciolo d’uomo con l’accento romanesco, dai riccioli neri e dalla bocca carnosa.
La sabbia e il rollio delle onde accompagnarono il primo suggello d’amore.
Ma non fu un bacio vero.
Nei miei numerosi flirt invernali ed estivi, che hanno punteggiato la preadolescenza, cercavo come un tesoro chi potesse essere il mio partner ideale.
Scrutavo le labbra di chi si dimostrava affettuoso con me, ma non riuscivo a ritrovare il fascino del mio primo amore estivo.
Sognavo l’attimo di un bacio vero come un evento magico, che mi avrebbe reso diversa, grande, come le mie amiche, più vivaci di me e più maliziose. Ma legata all’amore, quello che ti fa battere il cuore, speravo in una suggestione che potesse scuotere più che il corpo il profondo dell’anima.
Non volevo credere alle descrizioni delle più spavalde, che baciavano chiunque, pur di farlo.
Io avrei baciato solo chi mi avesse amato profondamente.
Il principe azzurro arrivò nel grigio inverno quando avevo solo tredici anni.
Mano nella mano ci siamo allontanati dall’abitato.
Il parco era semivuoto e la panchina che doveva accoglierci era coperta di foglie secche.
Lo sapevo che qualcosa di emozionante doveva accadere, lo avevo intuito dal suo sguardo, più dolce del solito. Ma c’era nei suoi occhi un nonsoché di voglioso.
Avvertivo che ci sarebbe stata quel giorno una svolta nella mia vita.
Nella nebbia dei ricordi mi appare un volto dai lineamenti indefiniti.
Intuisco dal profilo la bocca di un ragazzo all’altezza della mia.
Difficile identificarne la forma.
Sono troppo vicina e tengo gli occhi semichiusi, come mi hanno suggerito le mie amiche esperte.
Ah…il profumo di clorofilla mi riempie le narici.
“È stato saggio”, penso.
“Sa che per me è la prima volta”.
Io non gliel’ho rivelato ma lui l’ha intuito dal mio comportamento.
Credevo che il gioco finisse lì appoggiando le sue labbra sulle mie, come un tempo.
Al contrario una cosa viscida, che si insinua senza essere invitata, esce improvvisa dalla sua bocca spalancata come una caverna.
Libero da catene, sbuca il lupo famelico, che mi assale per intrappolarmi il cuore.
Io, dentro di me, sento solo le viscere scuotersi come in una giostra.
“Che schifo”, penso.
“Puah! Io che ho sempre rifiutato di bere dal bicchiere usato dagli altri…”.
Una vocina maliziosa mi sollecita a continuare: “Vedrai, ti piacerà, lo sai!”.
Non riesco a rilassarmi.
Sto con i piedi piantati per terra anche se immagino il mio ragazzo trasformarsi in una lucertola o in una vipera pronta a iniettarmi il veleno.
Mi allontano con forza dalla ventosa che mi trattiene.
La testa appoggiata sulla sua spalla, mi metto a ridere in modo isterico dentro me stessa.
A fatica mi stacco e gli sorrido.
E lui soddisfatto con lo sguardo mieloso ed ebete chiede:
“Ti è piaciuto, vero?”.
“Sì” , rispondo secca.
Non sapevo che quella sarebbe stata la prima bugia del nostro breve rapporto.
A proposito:
Col passare degli anni ho cambiato decisamente opinione sull’argomento.
Baci a-iosa!