Rainalda Torresini.
Professoressa in pensione. Lettrice, regista e attrice di una compagnia amatoriale. Ama la fotografia, la poesia e i gialli. Partecipa al Concorso 50&Più da diversi anni; nel 2015 riceve la Menzione speciale della Giuria per la fotografia, nel 2016 vince la Farfalla d’oro per la prosa, nel 2017 la Superfarfalla e nel 2019 vince la Farfalla d’oro per la poesia. E’ nata e vive a Carbonera (Tv).
Laura era stordita. Come mai rivolgeva la parola a chi aveva odiato per tanto tempo? Non credeva a se stessa: stava creando un clima di distensione dopo quasi un decennio di intolleranza. Era sempre scappata quando lo incontrava e per fortuna l’incontro avveniva in pubblico e a intervalli lunghi quasi un anno.
L’odio che aveva covato sembrava cancellato in un soffio.
Come può accadere tutto questo? Come riesco a guardarlo negli occhi e non perdere la pazienza? Si chiedeva sconcertata. All’inizio non trovava nessuna ragione per il suo comportamento. Non era nemmeno una buona cristiana che porge l’altra guancia dopo aver ricevuto uno schiaffo, anzi glieli avrebbe dati lei gli schiaffi per il risentimento che aveva provato per quella persona che nei suoi versi lei aveva chiamato fantasma o essere inesistente, cancellato con la gomma del non-ricordo. Sono diventata pazza? Si chiedeva guardandosi allo specchio. Aveva agito d’istinto. Gli aveva rivelato la nuova situazione che stava vivendo e lui la sua: un ritorno alla normalità, se così si può dire.
La verità stava nell’evolversi della vita e degli eventi che avevano modificato situazioni familiari di entrambi e affetti purtroppo cancellati per sempre.
Ora, forse, lei si sentiva libera di parlare, ma aveva messo un freno: avrebbero discusso solo di poesia. Era quello l’unico legame possibile, cancellando il rancore da parte sua. Riusciva a guardarlo in modo diverso perché lui sembrava cambiato, ma lei non si fidava.
Laura aveva deciso che non avrebbe indagato sui suoi sentimenti che in passato le avevano fatto tanto male. Non le interessava, anzi non voleva proprio parlarne. Ora conoscere le sue nuove amiche era per lei una situazione normale, accettabile, perché quel legame si era sbriciolato e ridotto a coriandoli di parole. Solo quello era il rapporto che adesso cercavano entrambi.
Quando aveva capito tutto questo, aveva respirato e il suo stomaco non era andato in subbuglio come anni prima.
“Restiamo amici di penna”, aveva detto Paolo alla fine del loro rapporto. Ma lei non aveva accettato. Avrebbe voluto distruggere fino a ridurre in cenere quel legame.
Come avrebbe potuto fare diversamente? La sua vita era stata sconvolta in un giorno e il segno era rimasto, come una cicatrice mai rimarginata. I suoi versi avevano parlato di “ferite purulente, di bossoli esplosivi scoppiati improvvisi che avevano lacerato le carni deboli… “.
Aveva pensato che la vendetta sarebbe stata l’arma vincente; per cui si era rifiutata di parlargli ogni volta che, suo malgrado, lo aveva dovuto incontrare. Certo era riuscita nell’intento, mentre lui, dimentico del suo contegno, continuava a chiederle il motivo del suo silenzio e della sua indifferenza. “ln fondo non ho fatto niente di strano”, diceva, “lo sapevi qual è il mio carattere e che non posso cambiare”.
Ripensava ai versi che lui le aveva dedicato appena conosciuti: petali di rosa profumatissimi. Ma le rose erano coperte di spine, celate tra il verde delle foglie, che l’avevano punta nell’intimo. Bisognava gettare i fiori appassiti nel secco, non riciclarli, aveva pensato Laura, e per questo aveva deciso di troncare ogni rapporto con lui.
E invece, inaspettata, la voce era uscita, nuova, anche dolce e melodiosa, con un suono di “la” per intonarsi bene. Laura riusciva a raccontare di sé, della sua solitudine e del silenzio forzato che la circondava. Parlava con leggerezza, senza commuoversi, senza far trapelare la sua solitudine. Lui, nel frattempo, le parlava del suo ritrovato rapporto familiare, della recuperata serenità.
Il dialogo aveva rivelato tra loro l’amicizia soffocata dal risentimento. Il soggiorno in comune era durato pochi giorni. Il successo di Laura al concorso per i versi strazianti, scritti per una persona scomparsa, aveva commosso Paolo.
“Che ne dici se ci sentiamo ogni tanto? I messaggi non fanno male”, le aveva detto, “e aiutano ad andare avanti”.
Lei aveva accettato, senza riflettere.
Mille dubbi la assalirono, tornando a casa. “Avrò fatto bene a ricreare un rapporto con lui?”, si chiese, “Forse sì: è meglio tentare di sgretolare quel muro di rancore tra noi. Sarò generosa stavolta, ma sarà solo un rapporto di penna e niente di più!”.
Tornata a casa Laura aveva ritrovato la vita di prima, ma la voglia di scrivere era ancora latitante. Sapeva di aver iniziato a comporre versi, proprio stimolata da quel malsano rapporto. Sapeva che i poeti riescono a trovare ispirazione partendo da sentimenti profondi d’amore, di odio, di sofferenza. Lei sentiva la sua vita diventata piatta, senza nessuna scossa che la costringesse a scrivere. Ma questa non tardò ad arrivare… Lesse con sorpresa e con piacere il messaggio di Paolo: le sue parole che esprimevano soddisfazione per l’amicizia ritrovata e la sua proposta accentuarono il guazzabuglio dei suoi timori. Laura voleva comprendere bene a cosa si riferisse quell’uomo: non voleva ricadere nel baratro che l’aveva travolta in passato.
L’invito la attirava molto, ma non voleva far capire e trapelare il suo entusiasmo. Pensava che tornare a comporre versi insieme sarebbe stato interessante per entrambi. Il muro che li aveva separati si sarebbe potuto trasformare in un cancello dove, tra le grate, le parole si sarebbero incrociate con un unico obiettivo: migliorare la reciproca fantasia nella scrittura.
L’idea di Paolo era sorprendente: con cadenza settimanale avrebbero scelto un tema da trattare e composto ognuno un aforisma o una poesia.
Il lunedì era il giorno fissato per la scelta della materia. Fin da subito, erano così grandi l’entusiasmo e l’ispirazione che Laura prendeva carta e penna e iniziava a scrivere di getto: come un fiume in piena, i suoi versi si rincorrevano l’un l’altro e sfociavano in una rapida successione di parole. La sera stessa la sua composizione era già pronta. Aveva ritrovato la voglia e il piacere di scavare nella mente e nella creatività: le metafore erano sempre state la sua passione. Poteva sfogarsi e creare in poco tempo un testo da condividere, con la consapevolezza che entrambi sarebbero stati artefici e giudici del loro prodotto.
Un pensiero però la bloccava inizialmente: “Anche Paolo è così ispirato come me? Non posso, non voglio fare io il primo passo, non ho il coraggio di farmi avanti. Non voglio fargli capire che dipendo ancora una volta da lui, da noi…”, ma il bisogno di creare continuava ad avere il sopravvento. Lei sentiva che un testo breve non le bastava, voleva di più. E così componeva anche di notte. Si svegliava all’improvviso con delle idee e si alzava a scriverle di getto. Le migliori poesie erano proprio nate da un pensiero spontaneo.
Avrebbe provveduto poi a correggere. “Poi si lima e si sfronda, se necessario”, le aveva insegnato il suo maestro, un poeta famoso che l’aveva invogliata a scrivere la prima volta.
Passavano i mesi e il rapporto 2.0 fatto di sms continuava senza sosta. Solo parole scritte e niente comunicazioni a voce: era una regola che lei aveva stabilito. Temeva il dialogo.
“Sai che trascrivo i tuoi aforismi?”, le aveva scritto Paolo.
“Per farne che cosa?” gli aveva chiesto Laura, insospettita. “Non vorrai copiarli, spero. Guarda che io ne ho il copyright!”.
“Ma no, non ti voglio rubare niente. Sai che ho una bella calligrafia, li sto ricopiando su un quaderno. Sarà una sorpresa!”.
Gli argomenti scelti da Paolo riguardavano sentimenti verso le donne. “Sempre lo stesso, non cambia mai!”, pensava Laura mentre cercava di imporgli riflessioni diverse, lontane da lega amorosi. Voleva che lui parlasse di cose concrete come scarpe, foglie, nodi, ragni, mosche, scrigni, noci. Lo obbligò a cercare e ricercare un mazzo di parole diverse da anima e cuore. Laura voleva una poesia che fuggisse da sentimenti triti e ritriti.
Lui arrancava. “Non sono capace di scrivere d’altro argomento se non d’amore!”.
“Devi provarci!”, replicava lei con autorevolezza.
Lo scambio continuava ed entrambi si sorprendevano l’uno dell’altra.
Laura non aveva mai voluto fargli capire quanto quel rapporto fosse diventato la sua ancora di salvezza per continuare a entusiasmarsi della vita. Lui non lo doveva sapere: se ne sarebbe gloriato e lei non avrebbe mai voluto dire ‘grazie’ a quell’uomo, nemmeno sotto tortura.
Non scriveva mai per prima. Aspettava i suoi messaggi di richiesta e solo dopo rispondeva. Il rapporto viaggiava solo in punta di penna o meglio di tastiera!
Il viaggio nella poesia continuò per mesi, come in un unico binario, finché un giorno lui, a sorpresa le chiese un dialogo telefonico, minacciando la fine del loro rapporto epistolare. Lei fu risoluta: “No, non voglio, rovinerebbe la serenità ritrovata”.
Era cosciente di quello che aveva deciso di fare. Le battute e l’ironia di Paolo l’avrebbero disturbata e non avrebbe cancellato con una parola detta con superficialità quelle scritte con impegno.
Lui non le scrisse più e lei tacque.
Il ritrovato filo che li aveva annodati sembrava spezzato per sempre. Laura soffriva, ma non avrebbe ceduto a un ricatto. Nel frattempo continuava a comporre: i versi nascevano spontanei. Con lui era riuscita a superare il blocco che una grave perdita familiare le aveva causato.
Mancava poco all’appuntamento annuale. Si sarebbero ritrovati e lei ancora non sapeva come si sarebbe comportata dopo quel reciproco silenzio.
Da lontano lo vide arrivare sorridente: “Ciao, questo libro è per te.”
Non aveva il coraggio di guardare. Lui si era allontanato per lasciarla libera di leggere.
Il titolo la sorprese: “Voci silenziose: ossimoro di un’amicizia di penna!”.