In una Rsa in provincia di Treviso è nata la “Sala degli abbracci”, una stanza che attraverso una serie di dispositivi consente agli ospiti di incontrare i propri cari in sicurezza
L’Rsa Domenico Sartor di Castelfranco Veneto è stata la prima in Italia a riaprire alle visite dei familiari, attraverso un dispositivo di sicurezza in plastica e vetro a prova di Covid. Questa stanza speciale è stata chiamata “Sala degli abbracci” e ha consentito agli ospiti di recuperare il contatto fisico con i propri cari, pur restando separati e protetti. «Già la scorsa estate avevamo allestito uno spazio esterno per le visite in giardino, ma ovviamente non era consentito il contatto fisico e questo rappresentava un grosso limite – ha spiegato a 50&Più Elisabetta Barbato, direttrice della struttura – perché l’abbraccio è uno strumento efficace contro tante patologie di decadimento, oltre ad alleviare l’ansia e lo stress».
Dopo l’estate avete cominciato a progettare questa stanza speciale: com’è nata l’idea?
L’idea di queste “carezze sigillate” nasce pensando all’incubatrice per i bambini prematuri, una struttura che consente di proteggere il piccolo ma permette le carezze dei genitori dalle aperture laterali, seppure in un ambiente sterile, che hanno un effetto benefico sulle condizioni di salute. Qui abbiamo pensato a una struttura assolutamente sigillata, che non fa passare l’aria e il droplet, ma consente agli ospiti di ricevere quello che gli fa bene, cioè una carezza, un abbraccio. Anche questa è una terapia.
E la risposta degli ospiti?
All’inizio c’è stato un po’ di stupore quando abbiamo proposto questa sala, poi invece gli ospiti hanno ricominciato a sperimentare il contatto con i loro familiari, che ormai vedevano solo a distanza da mesi, e ne hanno tratto beneficio a livello cognitivo e di umore sin da subito. Si sono sentiti più amati e meno soli.
Come sono organizzate le visite?
L’organizzazione è composta da due elementi: l’apparato tecnologico con vetrate, materiali plastici morbidi, manicotti per il contatto, cuffie per sentire e parlare agevolmente, e la procedura messa in atto per consentire di recepire tutte le disposizioni locali e nazionali. Ci sono regole stringenti per l’accesso dei visitatori e per condurre gli ospiti all’interno della sala. C’è una programmazione delle visite e sono disponibili 12 postazioni per altrettanti incontri che si svolgono di mattina e di pomeriggio. Dopo ogni visita viene attivata una sanificazione con prodotti idroalcolici e lampade fotocatalitiche che puliscono l’aria, in pratica sono ripresi sistemi di derivazione aerospaziale per avere un’igienizzazione al 99,9%. In una settimana riusciamo a fare centinaia di visite in assoluta sicurezza perché l’area per gli ospiti è protetta da ogni possibile passaggio di particelle che potrebbero contenere agenti patogeni. Dall’altro lato, i familiari mantengono le giuste distanze fra loro. Insomma non trascuriamo nessun passaggio, altrimenti non avremmo potuto proporre questa soluzione. In sala c’è anche un led wall, cubo sensoriale di tre metri per tre, che sfrutta la realtà aumentata per proiettare scenari che stimolano i sensi e creano benessere durante gli incontri. Viene impiegato anche in altri momenti della giornata, ad esempio per guardare video e foto inviate dai familiari. A Natale la sala è stata usata per la Messa in presenza con il vescovo vicario della città, oltre che per lo scambio di doni con i parenti e per un momento di musica dal vivo offerto dai maestri del Conservatorio. Tutte attività che servono a combattere solitudine e isolamento.
Quali altre iniziative avete in campo?
La sala degli abbracci fa parte di un macroprogetto, “Psicologia dell’abitare: progetti per creare ambienti felici”, che già prima dell’emergenza ci aveva consentito di creare uno spazio interno ad alte caratteristiche rigenerative, oltre ad un giardino sensoriale e a un servizio di pet therapy. L’orientamento è quello della psicologia ambientale, che sfrutta un approccio interdisciplinare fra architettura, assistenza, psicologia e natura per mettere in primo piano la componente emotiva e il benessere relazionale dell’ospite.
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