C’è chi la considera la guida turistica per eccellenza e non può partire per un nuovo viaggio senza averla acquistata. La casa editrice Lonely Planet compie 46 anni e deve le sue origini ai coniugi Wheeler
Quante persone vorrebbero poter tramutare la propria passione per i viaggi in una professione? Tony e Maureen l’hanno fatto e non hanno intenzione di smettere nemmeno dopo aver raggiunto i 70 anni. È dal loro viaggio di nozze del 1972, infatti, che i Wheeler si occupano di documentare gli itinerari delle loro avventure. In quell’occasione partirono da Londra seguendo la “rotta hippy”: a bordo della loro automobile e con solo qualche spicciolo in tasca attraversarono Turchia, Iran, Afghanistan, India e il sud-est asiatico per arrivare in Australia. Nacque così “Across Asia on the cheap” (Attraverso l’Asia con pochi soldi), la prima guida di ciò che un giorno sarebbe diventata la Lonely Planet.
«Il primo libro che avevamo ideato venne stampato nel seminterrato di un amico e riuscimmo a farne 1500 copie. Disegnai le cartine dei paesi che avevamo visitato e alcune illustrazioni molto semplici, alla fine ne risultarono esattamente novantasei pagine. A quel punto ci mancavano ancora due cose: il titolo del libro e il nome della neonata casa editrice. Il primo venne da sé trattandosi di una guida su come attraversare l’Asia all’insegna del risparmio. Più complicato fu trovare un nome per la nostra impresa editoriale. Passammo in rassegna decine di nomi fino a quando l’illuminazione ci venne una sera in cui io mi misi a canticchiare una canzone che si chiama Space Captain e ne sbagliai le parole. Dissi “lonely planet” (pianeta solitario) al posto di “lovely planet” (bel pianeta). Maureen mi corresse e pensammo entrambi che fosse un bel nome» racconta il signor Wheeler in un’intervista rilasciata al portale di Lonely Planet.
Pochi anni dopo la loro prima avventura, affrontarono un secondo viaggio nel sud-est asiatico grazie al quale pubblicarono il loro secondo libro “South-East Asia on a shoestring” (Sud-est asiatico con quattro soldi). I loro volumi hanno dato origine a una collana di guide per i cosiddetti backpackers, i viaggiatori da “zaino in spalla”, grazie alle numerose informazioni su sistemazioni economiche, passaggi in autostop, biglietti aerei scontati e mezzi di trasporto insoliti. Viaggio dopo viaggio, sono riusciti a raggiungere un milione di dollari di fatturato nel 1984.
Ad oggi Tony, ormai settantaduenne, ammette di sentirsi “un po’ stanchino” di tanto in tanto, ma adotta una soluzione semplice: «Ovunque mi trovi nel mondo, per ricaricarmi mi chiudo in una camera d’albergo e dormo per mezza giornata. Non penso mai di smettere di viaggiare, non ancora almeno.» All’inizio di quest’anno, il fondatore di Lonely Planet ha deciso di pubblicare il libro “Perché Viaggiamo” cercando di dare una sua interpretazione al desiderio di viaggiare. «Viaggiamo per ragioni di ogni sorta. Può trattarsi di una semplice fuga, della voglia di interrompere la routine della settimana lavorativa, di un’occasione per uscire dai nostri problemi, per dimenticare la vita quotidiana. Oppure può trattarsi di molto di più. Potremmo viaggiare alla ricerca del bello. Può essere anche, semplicemente, il bisogno di soddisfare un’urgenza, una necessità. Viaggiare ci fa incontrare l’altro, ci aiuta a capirlo. Nel mondo di oggi, in cui i malintesi tra le persone sono così tanti, mischiarci per conoscerci è imprescindibile. E dopo aver viaggiato dappertutto c’è sempre il piacere semplice del ritorno a casa. Niente rende più cara la propria casa dall’esserne rimasti lontani.»
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