Beppe Grillo ha lanciato di recente, sul suo blog, un’altra provocazione citando una frase che Douglas J. Stewart, accademico dell’Università della California-San Diego, pronunciò nel 1970: «Ci sono semplicemente troppi elettori anziani e il loro numero sta crescendo. Il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi rischi» (tratto da Disfranchise the Old in “The New Republic”).
La questione, dunque, era stata già posta circa mezzo secolo fa e ha trovato supporto – sempre secondo Grillo – nelle tesi dell’economista belga Philippe Van Parijs che si è posto le seguenti domande: «Cosa dovrebbero fare le democrazie quando gli interessi degli anziani sembrano essere in contrasto con gli interessi delle giovani generazioni?»; e ancora: «Se gli interessi delle nuove generazioni si scontrano con quelle dei loro nonni, chi avrebbe più diritto a decidere delle sorti della politica?». La ratio di Van Parijs parte dal presupposto che i cittadini di “una certa età” si preoccupano meno degli scenari sociali, politici ed economici futuri rispetto ai giovani. Fra gli altri argomenti a supporto c’è il caso Brexit, dal quale sono emerse posizioni – nel voto – quasi opposte tra giovani e anziani: i primi favorevoli a rimanere in Europa, i secondi prevalentemente contrari. In effetti, delle 30 aree del Regno Unito con la popolazione più anziana, 27 hanno votato per non restare in Europa.
Nel dibattito pubblico, la proposta di Grillo è stata collegata a quella di Enrico Letta, lanciata solo pochi giorni prima, di estendere il diritto di voto ai sedicenni. D’altronde, in un mondo che invecchia, esperti, studiosi e politici propongono di abbassare l’età del voto. L’Italia non sarebbe il primo Paese a fare tale scelta. In Europa hanno già abbassato i limiti di età al voto l’Austria, la Grecia, Malta e l’Ungheria (dove i sedicenni possono votare se sposati). Nel resto del mondo il voto è esteso a questa fascia d’età in Argentina, Brasile, Nicaragua, Cuba, Ecuador, mentre in Indonesia e Timor Est e in Corea del Nord si vota dai 17 anni in su. Ora, allargare la base elettorale ai giovani è una cosa – ed obbedisce all’obiettivo di dare un peso maggiore a chi sarà coinvolto in futuro dalle scelte attuali – ma non è corretto metterlo in relazione al voto dei più maturi per vari motivi.
In primo luogo perché, come ha sottolineato il costituzionalista Michele Ainis in un’intervista all’Agi, «con la Costituzione attuale, non è assolutamente possibile togliere il voto agli anziani» e, anche proponendo una modifica, bisogna considerare che si interverrebbe nel campo dell’universalità dei diritti. Si aprirebbe il campo ad ipotesi paradossali come quella di rivedere, ad esempio, la responsabilità penale attenuata di cui godono i sedicenni; la loro capacità di intendere e di volere è presunta, deve essere accertata e comunque vale uno “sconto” di pena nel caso commettano un delitto. Paradossalmente si dovrebbe intervenire anche su questo punto: se sono maturi per il voto bisognerebbe trasferire questo profilo anche alla loro responsabilità penale. Un altro esempio? «Con il diritto di voto, all’anziano potremmo togliere anche l’obbligo di pagare le tasse», sostiene Ainis e – a ben guardare – perché gli anziani dovrebbero contribuire a finanziare un sistema di welfare di cui presto non godranno più?
Ma la provocazione lanciata da Grillo pone anche altre questioni di fondo. La società, infatti, non è a compartimenti stagni e bisogna tener conto del fatto che gli anziani sono sempre più una fonte economica di sostentamento all’interno delle famiglie. I senior costituiscono il segmento sociale che esprime una nuova fascia di consumo, quella della “Silver Economy”, cioè di un’economia puntata direttamente su questo target. La Fondazione Ambrosetti, nel 2018, ha evidenziato che gli “anziani” hanno oggi una situazione reddituale e patrimoniale migliore rispetto alla media della popolazione. Tra i 55 e i 64 anni il 40% delle famiglie dispone di una ricchezza netta superiore a 250.000 euro, percentuale che resta superiore al 30% per le famiglie i cui componenti sono over 65. In Italia, il valore aggiunto della Silver Economy, considerando solo i settori per essa più rilevanti, si è stimato che ammonti a oltre 43 miliardi di euro.
E a sottolineare ulteriormente il “peso economico” che i senior hanno nel nostro Paese, è appena stato presentato dal Censis il Rapporto La Silver Economy e le sue conseguenze: in appena 25 anni hanno visto aumentare il loro reddito medio familiare dal 19% al 31% e risultano proprietari dell’abitazione in cui vivono il 76,1% di loro (erano il 64,7% 25 anni fa). Il 62,7% poi dichiara di avere una situazione economica solida, contro il 36,2% del totale della popolazione.
Per la Banca d’investimento americana Merril Lynch, entro il 2020, la capacità di spesa degli over 60 a livello globale tenderà a salire a 15.000 miliardi di dollari, un’ingente massa monetaria destinata a prendere tre direzioni: la spesa sanitaria legata all’età, le nuove tipologie di assicurazioni e gestioni patrimoniali e il Silver mercato (prodotti antinvecchiamento, housing sociale, gestione del tempo libero).
Secondo un altro studio, Impact of Ageing Populationson Silver Economy, Health and Long-Term Care Workforce (Schulze/Radvansky), la Silver Economy avrà un impatto su mercato del lavoro stimato fra i 2,6 e i 4,4 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa fino al 2025. L’invecchiamento, quindi, da rischio sta progressivamente diventando una risorsa perché crea nuove professioni specialistiche. Tutto ciò va riconsiderato prima di escludere gli anziani dalla partecipazione alla vita politica; specie quando danno un simile apporto sociale ed economico allo sviluppo dei loro Paesi.
Sul tema ha indagato anche l’Istituto Demoscopico Noto in un sondaggio per QN – Quotidiano Nazionale: è emerso che togliere il voto agli anziani non porterebbe a grandi cambiamenti sul piano elettorale, perché, con la differenziazione del voto tra gli over 65 e il resto della popolazione, le preferenze non varierebbero, se non di poco. Oggi non c’è più quella classificazione politica in base all’età che aveva caratterizzato la Prima Repubblica. Quanto all’opinione della popolazione all’interno del sondaggio: l’88% degli italiani si è dichiarato contrario alla proposta del fondatore dei Cinque Stelle; il 58% degli intervistati ha bocciato la proposta dell’abbassamento a 16 anni della soglia per votare; infine, più di un cittadino su 2 (55%) «sarebbe favorevole a istituire una sorta di assemblea elettiva consultiva, formata da soli giovani che possa essere un riferimento del Parlamento e della politica per la promozione di leggi su temi riguardanti il lavoro, l’ambiente, la formazione, l’istruzione, la tecnologia».
Un ulteriore sondaggio di Nando Pagnoncelli (Ipsos) ha esplorato l’opinione degli italiani sia sul voto ai sedicenni che sulla proposta di Grillo. In quest’ultimo caso, l’81% si è dichiarato contrario a togliere il voto agli anziani, anche se il 64% di italiani si trova in disaccordo sulla proposta di estendere il diritto di voto ai 16enni.
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